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I conservatori divisi si ricompattano per non fare cadere il governoLa premier sentirà i leader dei vari partiti. Lunedì la nuova proposta

di Luigi Ippolito

«Il popolo britannico vuole andare avanti con la Brexit. È il momento di unirsi e lasciare la Ue». Così la premier britannica, Theresa May, in una breve dichiarazione tenuta davanti al numero 10 di Downing Street a Londra, sede del primo ministro del Regno Unito, dopo avere ottenuto la fiducia alla Camera dei Comuni. È stata una scena quasi surreale. Quello stesso Parlamento che 24 ore prima aveva inflitto al governo una umiliazione storica, respingendo l’accordo sulla Brexit, ieri sera prorompeva in grida di giubilo in favore dello stesso esecutivo e della sua leader, May. E così la mozione di sfiducia presentata dai laburisti non è passata, come ci si aspettava: 306 deputati hanno votato per mandare a casa il governo, ma 325 hanno espresso il loro sostegno. Un buon risultato. L’unico effetto immediato della mozione laburista è stato proprio quello di ricompattare i conservatori, mortalmente divisi sulla Brexit. Perché martedì era stato proprio il dissenso di una larga fetta di essi a infliggere al governo una sconfitta storica.

Ma ieri la posta in gioco era diversa. Perché molto più della Brexit, il fantasma che agita i conservatori è la giacchetta di Jeremy Corbyn che si affaccia da Downing Street. Lo spauracchio di un governo laburista è considerato alla stregua di una calamità nazionale e il partito conservatore, pur diviso ideologicamente su tutto, è fondamentalmente una macchina orientata alla preservazione del potere. Quindi meglio turarsi il naso e continuare a sorreggere Theresa May.

Lo stesso ragionamento lo hanno fatto gli unionisti nordirlandesi, dai cui voti dipende la maggioranza: pur contrari all’accordo sulla Brexit, che considerano una svendita dell’Irlanda del Nord, si sono rimessi in riga quando si è trattato di votare la fiducia.

Non è finita qui, però. Perché i laburisti hanno intenzione di continuare con la loro strategia e si propongono di chiedere di nuovo la sfiducia nelle prossime settimane: che è anche un modo per evitare di dover prendere una posizione chiara sulla Brexit.

Quanto alla questione dell’uscita dall’Europa, siamo di nuovo in alto mare. Subito dopo aver scampato l’agguato, Theresa May ha fatto un’apertura importante: ha detto che incontrerà personalmente i leader degli altri gruppi parlamentari per individuare una posizione sulla Brexit che sia accettabile da tutti i deputati. Tornare sui propri passi è impossibile, ha detto, perché bisogna assicurarsi che sarà rispettato il referendum del 2016: dunque la Brexit va avanti, ma il governo proverà a concertarla con Westminster. E lunedì Theresa May si ripresenterà davanti ai deputai con una nuova proposta.

Jeremy Corbyn ha messo tuttavia una condizione per partecipare ai colloqui: che il governo si impegni formalmente a escludere un no deal, ossia una uscita dalla Ue senza accordi, che sarebbe catastrofica per l’economia. Uno scenario che il governo non ha mai scartato ufficialmente.

Quale Brexit potrebbe dunque prendere forma a Westminster? C’è una maggioranza trasversale che è determinata a impedire un no deal, così come è probabile che ci sia una maggioranza a favore di una uscita morbida dalla Ue, la cosiddetta opzione norvegese, che prevede la permanenza nel mercato unico. Ma questa è una soluzione che spaccherebbe i conservatori: e bisognerà vedere se Theresa May sarà disposta a anteporre l’interesse del Paese a quello del partito.

In ogni caso, i britannici rischiano di fare i conti senza l’oste: perché non è detto che la loro idea di Brexit sarà accettata dall’Unione europea, che considerava l’accordo raggiunto a novembre come conclusivo. A meno che, per evitare un no deal accidentale, non si decida una proroga della data limite del 29 marzo. La Brexit infinita.

Sorgente: May incassa la fiducia per venti voti e cerca in extremis la via della Brexit – Corriere.it

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