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Funzionari del ministero dell’Interno avrebbero sostenuto che ci fosse il rischio di terroristi a bordo, ma negli atti inoltrati al Senato si attesta il contrario

KONTROLAB VIA GETTY IMAGES

Non era stato dato alcun allarme sulla possibile presenza di terroristi e criminali a bordo della nave Diciotti. E nessuno, tra i funzionari del ministero dell’Interno, aveva dichiarato ai magistrati che tra i 177 migranti salvati dall’imbarcazione della Guardia costiera italiana avrebbero potuto esserci degli infiltrati. Non c’è alcuna corrispondenza tra quanto fatto trapelare oggi, 29 gennaio, da ambienti del Viminale e gli atti del tribunale dei Ministri di Catania che chiede di procedere contro Matteo Salvini sul caso Diciotti.

Dichiarazioni inedite, diffuse all’improvviso, contro atti dei magistrati dunque. Ma cosa è successo? Nel pomeriggio è stata diffusa un’indiscrezione da fonti del Viminale in cui veniva fatta trapelare una tesi mai esposta finora. Si sosteneva il rischio che a bordo della nave – rimasta ancorata per giorni a fine agosto nel porto di Catania – ci fossero dei criminali. L’asserzione, però, non ha nessun riscontro negli atti dei giudici. Tra le pagine 42 e 43 della richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, inoltrata dal Tribunale dei ministri di Catania al Senato, si legge testualmente:

Nell’adempimento di un dovere il fatto lesivo è “imposto” perché valutato come “necessario” per l’interesse generale. Tuttavia, nel caso di specie, va osservato come lo sbarco di 177 cittadini stranieri non regolari non potesse costituire un problema cogente di “ordine pubblico” per diverse ragioni, ed in particolare a) in concomitanza con il “caso Diciotti”, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento; b) nessuno dei soggetti ascoltati da questo tribunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di “persone pericolose” per la sicurezza e per l’ordine pubblico nazionale.

La decisione di Salvini non era – stando ai documenti dei magistrati – dunque motivata da ragioni di ordine pubblico. E le dichiarazioni rese note oggi da ambienti del ministero non hanno alcuni riscontro negli atti che ora sono al vaglio del Senato.

Dal canto suo il ministro dell’Interno – nella registrazione DiMartedì su La7 – continua a sostenere questa tesi. Riprende le indiscrezioni trapelate poche ore prima e, pur non facendo un riferimento preciso alla Diciotti dice: “Il Senato e gli italiani devono decidere se sto facendo qualcosa che è nell’interesse del popolo italiano o no. Ci sono segnalazioni precise che sui barconi si infiltrano spacciatori, delinquenti, terroristi. In Tunisia ci sono almeno 3mila combattenti islamici. Ad ogni barcone che arriva in Italia illegalmente dirò di no. Se per qualche magistrato è sequestro di persona per me è difendere i confini del mio Paese”.

A quanto pare, però, il rischio di soggetti pericolosi a bordo della nave della Guardia Costiera Diciotti non esisteva. O almeno, in quei concitati giorni di agosto, nessuno ne aveva fatto menzione con i magistrati competenti.

Sorgente: La velina del Viminale sul caso Diciotti smentita dagli atti del Tribunale dei ministri | L’Huffington Post

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