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L’Egitto, in difficoltà, mette in guardia Netanyahu. L’assoluto disinteresse (per non dire il disprezzo), manifestato dagli israeliani sulla necessità di temperare i loro attacchi a Gaza, sta mettendo in crisi gli americani e i loro alleati arabi nella regione. È già molto più di una preoccupazione, è un vero e proprio allarme rosso.

Oiero Orteca

Se esplode l’Egitto sotto casa dell’Europa

«L’offensiva di Rafah – titola in proposito il Wall Street Journal – mette l’Egitto in una situazione pericolosa». Il quotidiano finanziario Usa, tra gli ‘effetti collaterali’ potenzialmente più devastanti, dell’assalto al Sud di Gaza, vede una possibile rottura dei fragili equilibri esistenti tra lo Stato ebraico e il Paese dei faraoni. Un vecchio (anzi, biblico) nemico, con cui si è tornati a convivere, dopo una serie di guerre sanguinose, grazie ai buoni uffici degli Stati Uniti. E alla restituzione della penisola del Sinai.

Dal maltempo alla tempesta

«Un’economia vacillante e l’angoscia per le morti dei palestinesi – scrive ancora il WSJ – hanno messo sotto pressione il Presidente El-Sisi». Insomma, pare di capire che i vertici del governo egiziano, spinti anche da un malumore popolare sempre più diffuso, abbiano deciso di tracciare delle loro ‘linee rosse’ (speriamo meno incerte di quelle americane con le armi contro la Russia e per Israele). Se Israele le dovesse superare, allora potrebbe anche finire male. Molto male.

Allarmi dall’intelligence Usa

L’avvertimento che il Wall Street Journal ‘veicola’ e che attribuisce ad alti funzionari del Cairo, più probabilmente arriva da ambienti dell’Intelligence americana e pare che abbia scatenato il panico alla Casa Bianca. Dunque, sostiene il WSJ, «da quando Israele ha iniziato a schierare truppe lungo il confine meridionale di Gaza, l’esercito egiziano ha impartito istruzioni ai suoi soldati, di rispondere al fuoco se colpiti dal fuoco». E ora la parte più pesante dell’avvertimento, che suona come un vero e proprio ultimatum: «L’Egitto ha avvertito Israele che non esiterà a rispondere militarmente se la sua sicurezza sarà minacciata». E non è una partita di poker diplomatica.

Il rischio che la pre-potenza di Israele straripi

Qualche giorno fa, in un primo scambio di colpi tra i due eserciti, al valico di Rafah, sono morti due militari egiziani, suscitando un’ondata di indignazione in tutto il Paese. Stiamo parlando di un gigante arabo di quasi 100 milioni di abitanti, con forze armate generosamente equipaggiate da Washington, che fu l’unico a mettere Israele con le spalle al muro in una guerra, nel 1973, durante il fulmineo attacco dello Yom Kippur. Forse anche per questo, Netanyahu farebbe bene a mettere da parte, almeno per una volta, la sua proverbiale spocchia.

L’Egitto è un boccone troppo grosso, specie per l’Israele arruffone e disarticolato di questi ultimi anni. E i motivi di attrito tra Tel Aviv e il Cairo, vista l’incapacità della Casa Bianca di ‘mediare, sono senz’altro destinati ad aumentare.

Assedio di Gaza passando dall’Egitto

Le forze israeliane hanno capito che il controllo dei valichi di Rafah e di Kerem Shalom, può essere facilmente aggirato da Hamas. Per cui, gli strateghi dell’IDF hanno deciso che l’unico piano veramente efficace per blindare Gaza è quello di sigillare tutto il confine sud, da Kerem fino al mare. Stiamo parlando del cosiddetto «Corridoio Filadelfia», una striscia di 14 chilometri che mette, pericolosamente, i soldati israeliani ed egiziani faccia contro faccia. Ma i rapporti diplomatici tra i due riottosi vicini sono andati progressivamente peggiorando, perché dopo il 7 ottobre, si sono moltiplicate le accuse di ‘pulizia etnica’, nei confronti di Netanyahu e dei suoi ministri di estrema destra.

Follia ‘Sinai prigione’

È stata ricorrente, per un certo periodo di tempo, la voce di pressanti richieste israeliane (sempre smentite) di ‘ricollocare’ i palestinesi di Gaza nel Sinai. Gli egiziani avrebbero risposto che si trattava di una «proposta indecente». Comunque sia, il problema dal lato egiziano è anche di politica interna. Come abbiamo scritto in altre occasioni, il Paese è la patria dei Fratelli Musulmani e ha un’anima fondamentalista islamica ben radicata nella società. El-Sisi, arrivato al potere con un colpo di Stato ‘benedetto’ dagli americani, deve stare bene attento ai volubili umori della sua popolazione.

In Egitto, come in altri Paesi della regione, le Primavere arabe, oltre che rivoluzioni libertarie, sono state anche rivolte per il pane. Ed El-Sisi teme la saldatura tra le manifestazioni di piazza per la Palestina e le rivendicazioni per il costo della vita.

Egitto in grave crisi inerna

La guerra di Gaza e la crisi di Suez, col parziale blocco del Mar Rosso, stanno pesando negativamente sull’economia del Cairo. D’altro canto, l’atteggiamento israeliano irrita la popolazione, che accusa El-Sisi di subire passivamente. Ma ora il vento sembra cambiato. Intanto, si parla di «congelare al minimo livello i rapporti diplomatici». Allo stesso tempo, si è deciso di sostenere l’azione accusatoria del Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia. In terzo luogo, il governo egiziano afferma che Israele sta violando il Trattato di pace del 1979.

Quel documento impegna i contraenti a schierare un numero limitato di truppe, vicino al confine condiviso. Il Trattato vieta espressamente a Israele di schierare carri armati, artiglieria e armi antiaeree in una stretta fascia di territorio, lungo il confine con l’Egitto. Cioè, proprio tutto il contrario di quello che sta facendo attualmente Netanyahu.

 

Sorgente: Nato-America tutte su Kiev e le tensioni Egitto-Israele ci esplodono sotto casa –


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