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Alla Democrazia serve uno scudo. Il piano di von der Leyen

La Difesa comune passa anche dalla rete, “lo scopo degli attacchi hacker è dividere le nostre società dall’interno”
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Il Parlamento Europeo è sinonimo di democrazia, pilastro dell’Unione europea e dei suoi Stati membri. Un principio su cui è intervenuta la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen al Summit per la Democrazia di Copenaghen che ha raggiunto stamattina.

“Se sarò rieletta presidente – esordisce – la Commissione proporrà lo Scudo europeo per la democrazia come uno degli obiettivi prioritari della prossima Commissione. Dovrebbe essere un progetto europeo ambizioso che si concentri sulle maggiori minacce derivanti dall’interferenza e dalla manipolazione straniera”.

Scudo, una parola che fa riecheggiare inevitabilmente le minacce geopolitiche alle porte dell’Europa e in Medio Oriente. Ma le minacce non sono arrivano solo dalle armi da fuoco, anche quelle digitali incombono sulla sicurezza dell’Ue e dell’Occidente. L’attacco a Microsoft di inizio anno ne è una prova, anche se secondo recenti indiscrezioni il presidente russo starebbe preparando un attacco hacker di massa per i prossimi mesi, senza preoccuparsi delle vittime civili.

Come funziona lo scudo per la democrazia di von der Leyen

“La prima caratteristica di questo scudo riguarda il rilevamento. Perché – spiega la presidente uscente – niente è così potente come svelare la manipolazione dell’informazione. Questo richiede innanzitutto la libertà dei media. Inoltre, dobbiamo sviluppare l’esperienza pubblica per individuare la manipolazione dell’informazione. Ciò significa da un lato una migliore informazione e condivisione di intelligence sulle minacce da parte delle varie agenzie che si occupano di questo problema a livello nazionale”.

Passi verso una Difesa comune, seppure in ambito digitale, che von der Leyen rinforza qualche istante dopo nel suo intervento al Summit per la Democrazia di Copenaghen:

“Lo scudo significa anche creare nuove capacità comuni a livello europeo. Ci sono buoni esempi a livello nazionale, come l’Agenzia di difesa psicologica svedese o la Viginum francese. Credo che ora l’Europa abbia bisogno di una propria struttura dedicata per contrastare le interferenze straniere. Metterà in comune le competenze necessarie e si collegherà e coordinerà con le agenzie nazionali esistenti”.

C’è poi tutto il filone che riguarda il trattamento dei dati, argomento su cui l’ondata Ai ha aumentato esponenzialmente l’attenzione dei cittadini europei. Sul punto von der Leyen afferma: “Abbiamo già fatto progressi con il Digital Services Act. Pertanto, una volta rilevate informazioni o propaganda maligne, dobbiamo garantire che vengano rapidamente rimosse e bloccate. Questo è il ruolo delle piattaforme online, che ora hanno una serie di responsabilità. Dobbiamo essere vigili e intransigenti nel garantirne la corretta applicazione. Non è solo una responsabilità morale, ma è diritto dell’Ue. Ora, a mano a mano che le cose evolvono, dobbiamo valutare se ciò è sufficiente.

L’intelligenza artificiale ora consente la creazione di deepfake incredibilmente realistici, che possono avere un ruolo molto destabilizzante nelle campagne elettorali. E lo abbiamo già visto in Europa”. L’Ue, giova ricordare, è stata la prima istituzione a porre dei margini, più o meno importanti, per l’intelligenza artificiale con l’adozione dell’Ai Act, di cui la presidente ricalca alcuni elementi:

“Questo è il motivo per cui la nostra legge sull’intelligenza artificiale prevede alcuni requisiti di trasparenza integrati. E accolgo con grande favore il fatto che il Parlamento politico abbia firmato un codice di condotta volontario prima di queste elezioni, in particolare sull’uso etico degli strumenti della campagna sull’intelligenza artificiale. Ma – avverte – guardando al futuro, dobbiamo considerare come rafforzare il nostro approccio ai contenuti dell’Ia e in particolare ai deepfake”.

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