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29 April 2024
0 6 minuti 3 settimane

Palestina (Internazionale) Dietro le quinte Israele continua i suoi progetti per il futuro della Striscia. Solo una porzione degli sfollati potrà ritornare al nord. Riesumato il progetto di Ariel Sharon che nel 1971 tagliò l’enclave palestinese in vari segmenti.

Di Michele Giorgio

L’attenzione è concentrata sull’attacco che Benyamin Netanyahu conferma di voler lanciare contro la città di Rafah e sull’emergenza umanitaria a Gaza provocata dall’offensiva militare israeliana in corso da sei mesi. Occorre però dare uno sguardo anche dietro le quinte della guerra dove prendono forma progetti destinati a mascherare o a rendere permanente l’occupazione israeliana di Gaza, per la precisione di metà della Striscia. Dalle notizie che filtrano dal Cairo dove vanno avanti, per ora senza risultati, i negoziati sulla tregua e lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas, pare che gli americani stiano insistendo affinché soldati egiziani vengano impiegati al posto di quelli israeliani nell’ispezione dei palestinesi sfollati che saranno autorizzati – solo 150mila secondo indiscrezioni – a tornare nel nord della Gaza. Ai posti di blocco in realtà ci saranno anche «supervisori» israeliani con il diritto di ultima parola, ma questa soluzione permetterebbe agli Usa di affermare che a controllare i palestinesi saranno i «fratelli egiziani». Hamas, intenzionato a non farsi escludere dal controllo della Striscia, non ha espresso ancora una posizione definitiva sul possibile impiego di militari arabi.

Comunque sia, sono due i progetti principali che Israele porta avanti incurante di qualsiasi critica e condanna. Il primo è il completamento di una «zona cuscinetto che all’interno di Gaza corre lungo le linee di demarcazione tra la Striscia e Israele. Sarà profonda un chilometro e nei mesi passati l’esercito israeliano ha demolito migliaia di abitazioni e edifici nell’area che sarà interdetta ai palestinesi. Gli unici ostacoli che incontra il Comando Sud israeliano nel realizzare il progetto sono di natura burocratica o legati alla conformazione del territorio. Il portale Walla ieri riferiva che a causa di queste difficoltà in alcuni luoghi, la «zona cuscinetto» sarà profonda «solo mezzo chilometro».

Issam Makhoul

Si pensa solo agli aiuti umanitari e non ai piani a lungo termine di Israele. Questo porterà allo sfollamento indefinito dei palestinesi di Gaza Il completamento della «zona cuscinetto» procede di pari passo al consolidamento del controllo militare della metà di Gaza delimitata a sud dal Corridoio Netzer – la strada da est a ovest costruita da Israele poco sopra Deir al Balah e che taglia in due parti la Striscia – e a nord dal valico di Erez. La concretezza di questo progetto, volto prima di tutto ad impedire il rientro degli sfollati palestinesi o di gran parte di essi al nord, è stata indirettamente confermata dal ridispiegamento dell’esercito israeliano annunciato domenica scorsa. La maggior parte delle operazioni militari sono affidate ora a una brigata della 162ª Divisione schierata sul Corridoio Netzer e a battaglioni della riserva dislocati lungo le linee di demarcazione tra Gaza e Israele. Reparti speciali dell’esercito e l’aviazione hanno l’incarico di compiere raid mirati in attesa dell’invasione di Rafah.

Nella metà settentrionale di Gaza, l’esercito israeliano sta sviluppando le infrastrutture di un’occupazione permanente. Lo sfollamento degli abitanti di Gaza sarà «temporaneo» così come lo fu nel 1948 quello della popolazione palestinese nei territori assegnati al neonato Stato di Israele. D’altronde non è nuova l’idea di dividere Gaza in aree accessibili agli israeliani e in altre riservate ai palestinesi. Nel 1971, Ariel Sharon, a quel tempo comandante dell’esercito per la regione meridionale e responsabile di una brutale repressione di una rivolta palestinese preparò un piano che divideva Gaza in cinque segmenti in modo da impedire la contiguità geografica tra i palestinesi del nord, del centro e del sud. Fu conosciuto come «Piano delle cinque dita» che correvano da est a ovest, avvalendosi della colonizzazione in corso. Il «Dito Nord» delineava la parte più settentrionale di Gaza fino alla città israeliana di Ashkelon. Il «Dito di Netzarim» era situato alla periferia meridionale del capoluogo Gaza city. Il terzo dito, l’asse Kissufim, separava l’area centrale di Deir al-Balah dalla città di Khan Yunis. Il kibbutz Sufa rappresentava il quarto dito tra Khan Younis e Rafah. Il quinto era il blocco di Yamit, a sud di Rafah in modo da interrompere la contiguità geografica tra la città e il Sinai. Poi nel 2005, lo stesso Sharon mise fine a questa suddivisione ordinando l’evacuazione di coloni e soldati da Gaza.

Il «Piano delle cinque dita» è resuscitato in parte, assieme all’idea di una nuova colonizzazione di Gaza, e diverse centinaia di migliaia di palestinesi cacciati dal nord non torneranno più alle loro case, peraltro in gran parte distrutte. Nessun leader israeliano l’ha annunciato pubblicamente ma gli sviluppi sul terreno lo indicano chiaramente. «La comunità internazionale pensa solo agli aiuti umanitari e ignora i piani a lungo termine di Israele. Questo porterà allo sfollamento indefinito dei palestinesi», avverte l’analista Issam Makhoul.

Sorgente: Gaza, torna il piano delle 5 dita | il manifesto

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