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La spesa per il Superbonus nel 2023 è stata 76 miliardi anziché i 39 previsti. Così il deficit-pil si è attestato al 7,2% invece che al 5,3% stimato. Com’è stato possibile un abbaglio di questa portata?

Nel 2023 il rapporto deficit-pil è sceso di quasi un punto e mezzo percentuale attestandosi al 7,2%. Un dato positivo, a leggerlo in ottica tendenziale, ma negativo se confrontato con le stime della Nadef di fine settembre: 5,3%. A pesare, nella visione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è stata «l’emorragia dell’irresponsabile stagione del Superbonus» che ha generato una voragine da 39 miliardi di euro nelle casse dello Stato.

 

La corsa al bonus registrata nell’ultimo trimestre dell’anno scorso – quando migliaia di famiglie si sono affrettate ad accaparrarsi gli ultimi scampoli di bonus al 90% prima dell’entrata in vigore delle nuove e meno convenienti condizioni (70% nel 2024, 65% nel 2025) – ha fatto impennare la spesa per Superbonus dai 37 miliardi preventivati in Nadef (nel Def erano appena 14 miliardi) ai 76 miliardi effettivi. Sommando questa cifra ai 17 miliardi spesi nel 2021 e ai 54 miliardi del 2022 il totale si porta a 143 miliardi.

 

L’effetto registrato oggi sul deficit, peraltro, si trasferirà domani sul debito, considerando che il periodo di ammortamento è spalmato in cinque anni: in pratica, un’ipoteca sull’azione del governo Meloni, ammesso che duri per l’intera legislatura. E senza soldi, come rammenta il detto popolare, non si canta messa. A complicare il quadro è la limitata crescita del denominatore: dopo il rimbalzo tecnico post-Covid, nel 2023 il pil è salito appena dello 0,9%; poco sopra lo 0,8% stimato dalla Nadef e poco sotto l’1% atteso dal Def.

 

 

L’incognita crediti incagliati

A influire su quel 7,2% di deficit-pil potrebbero essere stati anche altri crediti fiscali, che però il governo non ha specificato limitandosi a puntare il dito contro il Superbonus. Che la misura abbia avuto effetti sui conti pubblici è fuor di dubbio. Che questi effetti siano di natura radioattiva, per riprendere un’espressione cara al ministro, è ancora da capire appieno. Due numeri, tra tutti, possono aiutare a mettere meglio a fuoco la questione. Il primo arriva da Enea: al 31 gennaio 2024 – dice l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile – il totale degli investimenti ammessi a detrazione aveva un valore teorico di 107 miliardi di euro. Il secondo, aggiornato al 14 novembre 2023, arriva invece dall’Agenzia delle Entrate: dal 15 ottobre 2020 a quella data, riferisce l’ente guidato da Ernesto Maria Ruffini, i crediti da Superbonus effettivamente compensati ammontavano a 18,3 miliardi. Nulla di certo invece sul fronte crediti incagliati, dove anche l’Agenzia delle Entrate ha alzato bandiera bianca: prendendo a riferimento le stime di Ance e degli uffici parlamentari, la cifra dovrebbe attestarsi fra 30 e 50 miliardi.

 

 

Il decreto cessioni e la riclassificazione dei crediti

A complicare il quadro degli incagli è intervenuto, nel febbraio 2023, il decreto Cessioni con cui il governo ha ridotto l’entità del bonus dal 110 al 90% e ha stoppato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura. Con il decreto, inoltre, il governo ha classificato i crediti da Superbonus maturati nel 2023 come «pagabili» (da contabilizzare dunque per intero nel bilancio in cui si matura il diritto all’utilizzo) e quelli 2024 come «non pagabili», senza impatti sulla spesa immediata ma con effetto di riduzione sulle entrate future. Una previsione, quest’ultima, grazie alla quale il Mef puntava a circoscrivere l’impatto della misura al 2023 – forte anche dei benefici derivanti dalla «tregua armata» sul Patto di Stabilità – conservando così un minimo margine di manovra sugli anni a venire. Con l’effetto collaterale tuttavia di far sballare il pallottoliere della Ragioneria dello Stato e far lievitare il deficit ben oltre le stime.

 

 

Eurostat e procedura d’infrazione Ue: una «combo micidiale»

E non è finita qui, perché la classificazione potrebbe subire una revisione entro il prossimo trimestre, quando Eurostat chiederà conto all’Istat del supplemento di verifica suggerito a fine settembre alla luce «dell’evoluzione dei crediti d’imposta incagliati e degli interventi che il governo potrebbe intraprendere per risolvere il problema». La probabile richiesta di riclassificazione arriverebbe peraltro proprio nelle settimane (rigorosamente dopo le europee, per non inimicarsi Giorgia Meloni, prezioso alleato in vista della rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue) in cui l’Italia sarà raggiunta dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo data per certa a Bruxelles e ribadita pochi giorni fa dal commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni. Una «combo» micidiale che potrebbe costringere il governo a varare una manovra correttiva in piena estate.

 

 

Di fronte a questo pasticcio i mercati non hanno reagito. Lo spread Btp-Bund è ai minimi da gennaio 2022. Per ora prevale la convinzione che l’imminente taglio dei tassi Bce tornerà a dare respiro ai debiti sovrani. E soprattutto c’è la fiducia nell’ancoraggio del debito italiano all’ingente risparmio delle famiglie (5.216 miliardi), come certificato dal successo del Btp Valore.

 

 

Al Mef una nuova «lite delle comari»

Resta però un quesito di fondo: com’è stato possibile uno scarto di due punti nelle previsioni? Di chi è la responsabilità? Nel tentativo di rispondere a questa topica tra le mura del Tesoro volano gli stracci. Da un lato il ministro Giorgetti, dall’altro il Ragioniere dello Stato Biagio Mazzotta, accusato di non aver posto argini al disastro. Un braccio di ferro che rievoca un’altra celebre crisi condominiale di via XX Settembre: la «lite delle comari» dell’82 tra il ministro del Tesoro Nino Andreatta (Dc) e quello delle Finanze Rino Formica (Psi). In questo gioco allo scaricabarile tra dipartimenti a repentaglio c’è però molto più che una poltrona: ci sono i conti pubblici. E tra poco sarà di nuovo tempo di Def. (riproduzione riservata)

Sorgente: Superbonus, un errore da 39 miliardi – MilanoFinanza News

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