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Molte grandi biblioteche tedesche sono in fermento: gli scaffali potrebbero nascondere dei libri ottocenteschi contaminati con l’arsenico

di Giuliana Lomazzi

Chi ha visto il film Il nome della rosa, o letto il libro scritto da Umberto Eco, ricorderà certamente che tutto il mistero delle morti sospette nell’abbazia ruotava intorno a un manoscritto avvelenato. Ora, novelli Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk sono alla caccia di non uno, ma di parecchi libri contaminati con l’arsenico, nascosti negli scaffali delle biblioteche e più o meno alla portata di chiunque (anche se non letali come il manoscritto avvelenato dall’anziano monaco Jorge). Segno distintivo: un bellissimo color verde smeraldo.

Il verde di Schweinfurt (o di Parigi)

Tutto ebbe origine nell’Ottocento, quando in Inghilterra cominciarono a diffondersi libri più economici, rilegati con tela piuttosto che con il cuoio e quindi alla portata di un crescente pubblico di lettori borghesi. Fin qui niente di che, se non fosse che dal 1814 a Schweinfurt, in Germania, era cominciata la produzione di un bellissimo verde a base di acetato arsenito di rame, un composto tossico utilizzato per la derattizzazione delle fogne di Parigi (da cui il nome). L’Inghilterra vittoriana, ma non solo, se ne innamorò follemente. Così il velenoso pigmento tinse abiti, che causavano irritazioni e lesioni a chi li indossava, tappezzerie a fiorami, che rilasciavano polveri tossiche su cibi e pavimenti, e libri. Con il tempo, questa tinta smeraldina passò di moda e il composto tossico – che era perfettamente legale – venne abbandonato. Ma i libri sono rimasti.

In quarantena

A inizio marzo, riporta il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, la biblioteca universitaria di Düsseldorf ha chiuso le porte fino al 22 marzo proprio per cercare i libri sospetti – individuati in base al colore verde delle copertine o delle pagine – e metterli in quarantena: vanno esaminati circa 15.000 volumi. Sulla stessa scia le biblioteche di altri atenei tedeschi, come Siegen e Bielefeld. Ma dato che non tutti i volumi di quel colore sono contaminati, alcune università, come quelle di Colonia e di Bonn, stanno cercando di mettere a punto dei test rapidi per rilevare l’eventuale presenza del composto tossico. In seguito, verranno stabilite delle procedure di sicurezza per la consultazione dei libri incriminati: il pericolo non è elevato ma nemmeno da sottovalutare.

Cosa può succedere

Il rischio di intossicazione è più alto in caso di manipolazione ripetuta, come avviene per i bibliotecari o gli studiosi. L’inalazione o l’ingestione di particelle può causare stordimento, diarrea o crampi allo stomaco. Ma, avvertono i bibliotecari tedeschi, il composto può anche entrare nell’organismo: basta umettarsi il dito con la saliva per girare pagina o sfregarsi gli occhi durante la lettura. Nei casi più gravi, l’intossicazione può causare insufficienza cardiaca, problemi polmonari e neurologici. Ma per morire di libri verdi bisogna proprio mangiarne uno. Tuttavia gli esperti consigliano di posare i libri su una superficie dura, di indossare i guanti e di mettersi sotto una cappa aspirante. Ma ancora prima, è fondamentale censire i libri verde veleno.

Il Poison Book Project

Di questo si occupa da qualche anno il Poison Book Project, un’iniziativa di ricerca interdisciplinare coordinata dal Winterthur Museum, Garden & Library e dalla University of Delaware. Tuttora in corso e in costante aggiornamento, il progetto vuole identificare pigmenti potenzialmente tossici nella rilegatura dei libri e stabilire le modalità per una corretta gestione dei volumi contaminati. Attualmente, il database del progetto elenca 253 volumi contaminati con l’arsenico (sites.udel.edu/poisonbookproject/arsenical-books-database/). Tutto è cominciato nel 2019 quando Melissa Tedone, responsabile del laboratorio di conservazione del materiale della biblioteca al Winterthur Museum, Garden & Library, si ritrovò a restaurare un libro del 1857, Rustic Adornment, e si accorse che c’era qualcosa di strano nel pigmento. Sottoposto a indagine accurata, questo rivelò di contenere arsenico. Da qui è partita la caccia ad altri libri (uno fu trovato perfino in vendita in una vicina libreria) e l’avviso ad altre istituzioni del rischio. Tedone avverte che qualunque biblioteca possieda libri editi a metà ‘800 con rilegature in tela può avere un paio di volumi contaminati – considerando che pure le etichette di carta o le decorazioni possono contenere il pigmento. Insieme al suo team, Tedone ha identificato anche un altro composto tossico dei libri inglesi nell’ultima metà del XIX secolo: il giallo cromo (cromato di piombo). I libri che lo contengono hanno varie sfumature di colore: giallo in varie gradazioni, da brillante a scuro, ma anche verde oliva, arancione o marrone. A prescindere dal colore, circa la metà dei volumi ottocenteschi rilegati in tela finora analizzati dal team contiene piombo – ma quelli gialli in particolare. Non è però il caso di avvelenarsi il gusto della lettura, al momento sui libri moderni non è stato segnalato nulla di simile!

Sorgente: Libri avvelenati con l’arsenico, scatta l’allarme nelle biblioteche: “Attenzione a quelli con la copertina o le pagine verdi” – Il Fatto Quotidiano

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