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Roma è nata e si è sviluppata grazie alla fusione e alla integrazione di gruppi umani differenti, asilo e rifugio per reietti, città promiscua, che cresce accogliendo gli stranieri e i vinti. Il libro di Fabio Vander ricostruisce questa storia millenaria

Il destino di Enea era segnato: il figlio della dea Afrodite (Venere) e del mortale Anchise, dopo aver partecipato alla guerra di Troia, fugge con il figlio Ascanio e il padre Anchise che porta con se le cose sacre. Enea che, dopo peregrinazioni, approda nelle coste laziali e darà origine alla stirpe che fonderà Roma, è protagonista del poema l’Eneide di Virgilio,
La storia è nota fin dagli studi scolastici, ma il mito-storia sulla fondazione di Roma è molto complesso e ricco di varianti, come Fabio Vander presenta nella approfondita riflessione filosofica del libro Mundus, Roma o della fondazione, per le edizioni Mimesis, con la prefazione di Miguel Gotor, interamente dedicata a questo tema, con metodo filosofico analizzando tuttavia con piena competenza le fonti letterarie tradizionali e la ricerca archeologica. (E presentato pochi giorni fa a Roma).
Oggetto di studi eruditi e filosofici, oltre che storici, il mito dell’origine di Roma si avvale anche delle ricerche di decenni di scavi sul Palatino con ipotesi che avvalorerebbero quanto è stato tramandato dalle fonti letterarie antiche relativamente all’atto fondativo. Di tutto questo patrimonio di racconti, di intrecci della storia con il mito, l’autore offre una esposizione esaustiva. Il saggio, tuttavia, è costruito essenzialmente sul fenomeno del mito di fondazione e sui contenuti politici e sociali che hanno interessato da sempre il pensiero europeo, come quello dello storico Johann Gustav Droysen sostenitore della tesi che “i due fondatori sono preceduti da una lunga serie di mediazioni”.
La storia ha bisogno del mito che anticipa il pensiero della storia, per la necessità di credere in qualcosa che sia una certezza sulle origini, con una morale in cui riconoscersi; i miti dunque si riferiscono a storie vere e alla realtà originaria, forse dimenticata, non frutto della fantasia di una comunità ingenua, ma prodotto creato con un senso da qualcuno in un determinato momento. Come tale il mito entrerà a far parte del popolo romano come una eredità di cui avrà cura e in cui si identificherà.
Nella fondazione di Roma si individuano elementi comuni a diverse tradizioni, come la discendenza da genitori di alti natali, condizioni del concepimento complesse con l’intervento di un dio nella paternità, l’abbandono, l’elemento dell’acqua, il concetto di fondatore eponimo che da leggi alla nuova città.
Romolo e Remo discendono dalla stirpe di Enea che, giunto nel Lazio, sposa la principessa Lavinia, figlia del re Latino. Il figlio Ascanio fonda una nuova città, Alba Longa dove regneranno i suoi discendenti per numerose generazioni, tali da colmare il divario cronologico dal periodo successivo alla distruzione di Troia (XII sec.a.C.) fino alla data della fondazione di Roma (VIII sec. a.C.). Il re Numitore vede il trono usurpato dal fratello Amulio e la figlia Rea Silvia costretta a diventare Vestale, senza quindi la possibilità di una discendenza Il dio Marte, però, invaghitosi della fanciulla, la possiede con violenza e dall’accoppiamento nascono i due gemelli che sopravvivono alla morte prevista, raccolti da un pastore nelle acque del Tevere e allattati da una lupa. La tentazione di raccontare le diverse redazioni di questo mito-storia deve lasciare il posto alla esposizione che l’autore ne fa senza trascurare dettagli e versioni, ma entrando nel cuore di Roma, città unica al mondo perché così era segnato dal destino, fin dai primi passi che avvicinavano alla sua fondazione.
Il mito-storia ha un impulso nell’età di Augusto quando Roma è ormai il centro politico del mediterraneo e il princeps, nel porre mano alla riorganizzazione della struttura amministrativa, sociale, religiosa, ne fa uso per nobilitare i propri natali divini per discendenza da Venere e Marte, legittimando così la propria posizione, per ottenere il consenso e assegnare ragioni culturali al suo dominio sul mondo. Le principali fonti letterarie antiche che trattano della fondazione sono infatti quelle che risalgono alla prima età imperiale, come l’Eneide di Virgilio, gli Annali ( o Ab urbe condita) di Tito Livio e le Antichità romane di Dionigi di Alicarnasso.
I miti della fondazione entrano nell’iconografia. Numerose sono le rappresentazioni del mito e delle figure che ne fanno parte nei monumenti di epoca imperiale e anche successivi, con scene di battaglia tra le popolazioni del Lazio, il salvataggio dei gemelli nella cesta sul Tevere, occultato per anni, o con le divinità protettrici che si trovano su monumenti ufficiali, come l’Ara Pacis Augustae o privati, come il fregio dipinto di una tomba dall’Esquilino nel Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.
E’ stato giustamente affermato il primato del mito sulla storia poiché non è destinato ad essere superato in una fase successiva. Romolo e Remo rimandano a una preistoria di cui non avremo mai la prova ma di cui il mito garantisce verità storica.
Roma fu fondata con un solco circolare tracciato da Romolo con l’aratro a partire da un centro detto Mundus, come scrive lo storico Plutarco nella Vita di Romolo; nel Mundus ognuno dei compagni getta un pugno della propria terra di origine. Roma nasceva come centro del mondo. Secondo un’altra tradizione la città aveva pianta quadrangolare divisa in quattro parti dalle due vie principali, ma questa versione apre altre ipotesi e comunque non muta la sostanza della fondazione. Romolo avrebbe dunque compiuto i riti necessari per “ufficializzare” la fondazione della città, tracciando con un aratro i suoi confini sacri, poi fortificati con l’elevazione di un muro difensivo, e organizzando la comunità di pastori in un gruppo civico. Il centro di Roma nasceva come centro del mondo. Nel solco Romolo lascia libere le porte, Roma nasce come città aperta, inclusiva e se ne spiegano le ragioni nelle origini fondative e di accrescimento della popolazione. Roma è nata e si è sviluppata grazie alla fusione e alla integrazione di gruppi umani differenti, asilo e rifugio per reietti, città promiscua, che cresce accogliendo gli stranieri e i vinti, concedendo la libertà agli schiavi, dove mescolare il sangue non è un tabù, ma una virtù: così appare Roma ai suoi albori attraverso i luoghi della memoria e i miti di fondazione. Così i Romani costruirono la propria “identità” civile e politica con una costituzione “aperta”, che si esprime nella capacità di accogliere e integrare lo straniero. Si poteva nascere Romani, ma, cosa ben più importante, lo si poteva diventare. Dionigi di Alicarnasso (I sec d. C.) al riguardo ricorda Roma come “la più accogliente e la più umana delle città”.
Romolo procura patria, famiglie donne alleanze, ingloba popolazioni preesistenti, da un coacervo eterogeneo riesce a trarre un insieme unitario, secondo un sistema politico.
Il saggio di Fabio Vander si conclude con le riflessioni del filosofo Michel Serres che si interroga sulle origini della vita collettiva a partire dall’opera di Tito Livio, gli Annali o Ab Urbe condita, dalla fondazione di Roma: “Roma non smette mai di essere fondata”, la fondazione non è solo un atto originario, è la “normalità” di Roma.

Fabio Vander, autori di vari libri, ha studiato Filosofia e Scienze politiche e lavora presso il Senato della Repubblica.

Rita Paris,archeologa e già direttrice del Parco dell’Appia antica è presidente dell’Associazione Bianchi Bandinelli 

 

Sorgente: La nascita meticcia di Roma | Left

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