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L’antifascista in catene e i nazi a celebrarsi in piazza nell’Ungheria di Orban

La storia del ‘Giorno dell’onore’ che ogni anno raduna a Budapest il peggio del neonazismo europeo contro cui aveva manifestato Ilaria Salis che ora rischia 11 anni di carcere.

Ilaria Salis, antifascista italiana detenuta in Ungheria da quasi un anno, accusata di aver aggredito alcuni militanti neonazisti lo scorso febbraio a Budapest, in occasione delle manifestazioni per il «Giorno dell’onore». Disonore del sistema carcerario a giudiziario ungherese, della disattenta ambasciata, del governo dei timidi appelli all’Amico Orban.

Da ‘democrazia illiberale’ a regime autoritario senza vergogna

Ecco a noi l’Ungheria sovranista di Orban. Regime che ogni anno ospita a difende anche a colpi di arrestati e processi, il raduno dei movimenti neonazisti e neofascisti, che a Budapest  organizzano cortei e commemorazioni. Svastiche, croci celtiche, fasci littori, striscioni con slogan antisemiti o ispirati alle ideologie naziste. Nessun di quel militanti nasconde la sua appartenenza, e nessuna limitazione alle esaltazioni nazifasciste è chiesta dal governo Orban.

Il Regno d’Ungheria alleato con la Germania nazista

Il ‘Giorno dell’onore’ -e già la definizione è offensiva-, non è un anniversario simbolo riferito alla Seconda guerra mondiale, come ricostruisce bene il Post. Tra l’ottobre del 1944 e il febbraio del 1945, attorno a Budapest si concentrano gli scontri tra l’Armata Rossa e le forze tedesche e ungheresi (il regno d’Ungheria alleato dei nazisti per buona parte della guerra). È il cosiddetto ‘assedio di Budapest’: a partire da dicembre la città è accerchiata, e le truppe tedesco-ungheresi rimasero imprigionate senza via d’uscita.

La ritirata e gli scontri finali

Nonostante la chiara sconfitta di fatto, Hitler impedì alle truppe tedesche di dichiarare la resa. A inizio febbraio il comandante tedesco decide il tentativo di ritirata: la notte dell’11 febbraio quasi 30mila soldati tedeschi e ungheresi iniziano ad abbandonare Budapest, subito attaccati dall’esercito sovietico. Moltissimi i caduti nel tentativo fallito di uscire dall’accerchiamento, tragedia strumentalizzata dagli orfani dell’alleanza ungherese con la Germania nazista, forzando la storia col ‘Giorno dell’onore’.

Idea del ‘Fuhrer’ István Győrkös

Secondo i resoconti giornalistici dell’epoca, la manifestazione fu organizzata per la prima volta nel 1997 da István Győrkös, un militante ungherese di estrema destra che si definiva ‘Vezető’, un termine ungherese comparabile a ‘Führer’ o ‘Duce’. Nel 1989 Győrkös fondò il movimento paramilitare «Gruppo d’azione nazional-socialista ungherese» (poi diventato Fronte Ungherese Nazionale): ne fu leader fino al 2016, quando uccise con un colpo di pistola un poliziotto che stava perquisendo la sua abitazione. Győrkös è stato poi condannato all’ergastolo.

Raduno neonazista internazionale

La manifestazione del ‘Giorno dell’onore’, spiega con attenzione il Post, cominciò ad affermarsi a partire dai primi anni Duemila, primo governo Orban, e da allora è diventato un ‘evento internazionale’, a cui partecipano regolarmente centinaia di militanti di organizzazioni neonaziste non solo ungheresi. Tra queste, la formazioni «Sangue e onore», gruppo neonazista che prende il nome dal motto della gioventù hitleriana. Fondato nel 1987 nel Regno Unito negli anni, il movimento neonazista si è diffuso in vari paesi, tra cui l’Ungheria. Salvo essere dichiarato illegale in Germania e in Spagna.

In marcia con divise e labari

Nelle manifestazioni per il ‘Giorno dell’onore’, questa sorta di fiera del nazifascismo  europeo, oltre ai cortei nel centro di Budapest, gli assaltatori più arditi si lancia tra le montagne intorno alla città, sul percorso delle truppe tedesche e ungheresi nel febbraio del 1945 nel loro tentativo di fuga. E molti tra i partecipanti possono così esibire divise militari che ricordano quelle dei soldati nazisti, con svastiche e altri simboli di aggressivo rimpianto.

L’antifascismo poco frequentato da Orban

Dal 2017 in poi ci sono stati diversi tentativi per bloccare quelle le manifestazioni politicamente imbarazzanti che però sono sempre falliti a causa della contrarietà della Corte Suprema ungherese. Ci mancano gli arzigogoli giuridici dietro cui nascondere una decisione decisamente discutibile. Solo nel 2022 la Corte ci ripensa e approva la richiesta dalle forze dell’ordine di Budapest, che finalmente scoprono che la presenza di gruppi estremisti «potrebbe essere accompagnata da minacce per l’ordine pubblico».

2023, l’antifascismo di Ilaria Salis diventa crimine

Lo scorso anno invece si riprende, a Budapest tra il 9 e il 12 febbraio. Nazi-fascisti e anche in po’ di antifascisti a protestare. Uno scontro tra i gruppi opposti, tutti accuratamente mascherati, finisce e botte sotto telecamere di sicurezza dei negozi locali. Nulla di grave per fortuna di tutti, con prognosi di pochi giorni per alcuni neonazi. Pochi giorni dopo le autorità ungheresi arrestarono alcuni militanti antifascisti tedeschi, insieme a Ilaria Salis.

La procura a volto scoperto

La procura ungherese racconta di una Ilaria Salis assaltatrice onnipresente che loro individuano anche se a volto coperto. «Più aggressioni causando lesioni corporali aggravate» (5, 6 giorni di prognosi), e chiede la condanna a 11 anni di carcere. Salis si dichiara non colpevole, e chiede di vedere le prove che dimostrino il contrario. L’udienza con le catene alla Guantanamo dei giorno scorsi come rito, e altri 4 mesi perché la Corte ‘si aggiorni’.  Difesa impossibile, scarcerazione negata, ambasciata troppo occupata in altro.

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