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Dopo una sentenza emessa lo scorso settembre dalla Corte Suprema, il Governo brasiliano ha cominciato a mandare via migliaia di persone non indigene residenti nei territori protetti di Apyterewa e Trincheira Bacajá, nello Stato settentrionale di Pará, immerso nella foresta Amazzonica. L’obiettivo annunciato dalle amministrazioni è quello di restituire le terre ai popoli originari della regione, a cui appartengono circa 2500 persone suddivise in 51 villaggi. Gli ospiti non desiderati sarebbero invece almeno 10mila, colpevoli, come ha spiegato l’agenzia di intelligence brasiliana ABIN «di minacciare l’integrità degli indigeni e provocare altri danni, come la distruzione delle foreste e la proliferazione di attività illegali come l’allevamento del bestiame e l’estrazione dell’oro». Le famiglie non indigene starebbero inoltre distruggendo la vegetazione autoctona, facendo registrare al territorio di Apyterewa per quatto anni consecutivi il tasso di deforestazione più alto tra tutti i territori indigeni del Brasile.

Un’azione, quella intentata dal Governo, voluta dal potere giudiziario nazionale, che il 21 settembre ha definitivamente respinto il “Limite Temporale”, una tesi secondo cui i popoli indigeni impossibilitati a dimostrare di abitare fisicamente nelle loro terre prima del 5 ottobre 1988 – giorno in cui fu promulgata la Costituzione brasiliana – , avrebbero dovuto perdere il diritto di rivendicarne la proprietà e la protezione ufficiale – e quindi l’esclusività dell’utilizzo delle risorse. Difatti se la Corte avesse approvato la proposta, il riconoscimento dei diritti indigeni sarebbe tornato indietro di decenni: come spiega l’organizzazione per i diritti umani Survival International, «centinaia di migliaia di indigeni avrebbero potuto essere espropriati delle loro terre, e i popoli incontattati avrebbero rischiato lo sterminio». Come, d’altronde, auspicato dalla lobby dell’agrobusiness, accanita sostenitrice della tesi. Secondo Fiona Watson, Direttrice del dipartimento Advocacy di Survival, «il Limite Temporale era uno stratagemma pensato per legalizzare il furto di milioni di ettari di terra indigena» per far spazio a pascoli e allevamenti.

Dall’insediamento del presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, sono state molte le iniziative adottate per proteggere la terra e gli indigeni. Lo scorso marzo, per esempio, le terre indigene appartenenti alle tribù brasiliane Piripkura e Katawixi, dove vivono popoli incontattati – che evitano cioè il contatto con persone esterne – sono state messe in salvo da due ordinanze firmate dalla prima Presidente indigena del Funai (Fondazione nazionale dei popoli indigeni), Joenia Wapichana. Queste garantiranno la protezione delle terre indigene, imponendo restrizioni sul loro uso e accesso almeno fino alla conclusione dei rispettivi processi di delimitazione. Piccole azioni che negli ultimi mesi hanno permesso all’Amazzonia, una vasta regione geografica del sud-America conosciuta soprattutto per via dell’enorme foresta pluviale che ospita (la cosiddetta Foresta Amazzonica, che si estende su una superficie di 6,5 milioni di km²), di tirare un sospiro di sollievo. Dopo anni di sfruttamento forsennato, infatti, la deforestazione (dati risalenti allo scorso aprile) è calata più della metà rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Passando quindi, da poco meno di 1000 chilometri quadrati abbattuti a 321. E, più in generale, l’area rasa al suolo nei primi quattro mesi dell’anno è stata inferiore del 38% rispetto al 2022. In più, il Governo brasiliano ha programmato e avviato un grosso intervento per allontanare gli oltre 20mila cercatori illegali di pietre preziose dal territorio degli indigeni Yanomami, nel nord del Brasile, nella più grande riserva incontaminata del Paese.

Ad oggi, in un clima di crescente sfruttamento e continua ricerca di risorse naturali, quello di cui gli indigeni hanno maggiormente bisogno è ottenere protezione permanente e totale. Durante la sua campagna elettorale, Lula ha più volte promesso di mettere al centro delle sue politiche gli interessi delle tribù native – e quindi dell’ambiente che abitano. Sarà vero? Non possiamo saperlo. Nonostante il Governo sia già ‘scivolato’ su qualche brutta faccenda, azioni come questa fanno ben sperare per il futuro.

[di Gloria Ferrari]

Sorgente: Il Brasile sta sfrattando i coloni illegali dalle terre indigene dell’Amazzonia

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