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Se il 3 maggio del 2021 non fosse rimasta uccisa in un incidente nella fabbrica tessile di Montemurlo (Prato) in cui lavorava, oggi Luana D’Orazio avrebbe compiuto 25 anni, “l’età più bella della vita”, quella a cui “non vedeva l’ora di arrivare. Diceva che li avrebbe festeggiati più dei 18”. A parlare, intervistata da Tamara Ferrari di TgCom 24, Emma Marazzo, mamma della giovane operaia morta stritolata da un orditoio i cui sistemi di sicurezza erano stati manomessi per incrementare la produttività e quindi il profitto. “Ho fatto fare una torta, ma è una ricorrenza triste. So che in questi giorni in tanti la ricordano grazie a una iniziativa sui social network organizzata dal suo fidanzato. Ma non voglio che Luana diventi il simbolo delle morti sul lavoro, preferisco che venga ricordata come l’emblema della sicurezza”.
La donna ha quindi deciso di intraprendere una battaglia “per fare in modo che quello che le è accaduto non succeda a nessun altro. Rivolgo un appello alle istituzioni: bisogna introdurre il reato di omicidio sul lavoro. E fare in modo che le vittime abbiano giustizia. Bisogna riformare la legge sulla sicurezza nel lavoro. Raccoglierò le firme per presentare una legge in Parlamento. Non è possibile che, per la morte di mia figlia, alla ditta sia stata fatta una multa di sole 10.300 euro. Il nostro non è l’unico caso, siamo di fronte a un sistema che non funziona”.
Effettivamente il giudice che ha condannato a due anni di reclusione Luana Coppini e a un anno e sei mesi Daniele Faggi, rispettivamente titolare e amministratore della fabbrica di Montemurlo, hanno riscontrato “diverse manomissioni” al macchinario che ha schiacciato e ucciso Luana D’Orazio, modifiche che “sono state poste in attuazione di una medesima strategia imprenditoriale volta alla massimizzazione della produttività a discapito della sicurezza delle fasi delle lavorazioni”.
Nelle 17 pagine di motivazione della sentenza il gup richiama le considerazioni del consulente della Procura, che nella sua relazione aveva quantificato nella misura dell’8% i vantaggi produttivi derivanti “dall’intervenuta accertata manomissione dei macchinari che consentiva al lavoratore di accedere alle parti in movimento della macchina, senza l’impedimento della protezione, e dunque in maniere più celere seppur estremamente pericolosa”. Che quell’orditoio avrebbe comportato rischi per Luana era stato chiaro anche una ventina di giorni prima, quando una staffa l’aveva già sfiorata.
È stata proprio la rimozione di quei sistemi di sicurezza a determinare la morte di Luana D’Orazio. Fu, ricorda la mamma, “un incidente terribile. Quel giorno era il mio compleanno. Lei aveva trascorso il weekend dal suo fidanzato, Alberto. La mattina ha telefonato a casa: ‘Mamma, prepara un tiramisù, più tardi festeggiamo’. Intorno all’ora di pranzo ho messo l’acqua sul fuoco. È suonato il citofono. Sono andata ad aprire e ho visto due carabinieri. Mi hanno chiesto se ero la mamma di Luana. Ho pensato a un incidente stradale. Ma erano le 13.40, ho detto loro: ‘Mia figlia sta lavorando’. Mi hanno risposto: ‘Dobbiamo comunicarle la notizia’. Ho capito, ho urlato, è accorso mio marito”.
Il messaggio della mamma: “Dobbiamo fare in modo che quello che le è accaduto non succeda a nessun altro. Rivolgo un appello alle istituzioni: bisogna introdurre il reato di omicidio sul lavoro. E fare in modo che le vittime abbiano giustizia”.
Per non dimenticare.
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Sorgente: Facebook

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