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di Dante Barontini

Da giorni, ormai, si moltiplicano gli allarmi su un prossimo “attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia”, la più grande d’Europa.

E’ dall’inizio della guerra che questa possibilità viene agitata come possibile o prossima, ma in queste ore sembra in azione un vero e proprio “piano disinformativo” che sembra portare a un attacco vero e proprio. Ma portato dall’esercito ucraino.

Orizzontarsi tra le notizie, in tempo di guerra, è cento volte più difficile che in tempi di pace. Perciò facciamo ricorso sia alla logica (non alla “dietrologia”) sia a informative ed analisi provenienti da altre fonti.

Soprattutto statunitensi. Non sembri paradossale, perché ormai anche molti media “ufficiali”, persino tra quelli smandrappatissimi del nostro paese, cominciano ad ammettere che gli Stati Uniti vorrebbero farla finita con questo conflitto entro la fine dell’anno.

Problemi di costi, di difficoltà di approvvigionamento dell’esercito ucraino (che “consuma” o “distrae” quantità mostruose di armamento e munizioni), stanchezza degli alleati europei che stanno pagando un prezzo anche in termini di recessione economica. Ma soprattutto problemi di campagna elettorale per Biden, visto che a novembre 2024 ci saranno le elezioni presidenziali e questa guerra non è affatto popolare negli States.

Per sostanziare quello che appare più di un sospetto ieri abbiamo pubblicato un preoccupato resoconto di James Rickards, che di mestiere fa l’avvocato di affari e ha intrattenuto anche rapporti con i servizi Usa (non proprio “un compagno di strada” né un “putiniano”, insomma), che sfruttando le sue conoscenze nell’amministrazione è arrivato a questa conclusione:

C’è la possibilità che un’Ucraina sempre più disperata possa tentare di mettere in scena un attacco ‘falsa bandiera’ contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia (ZNPP), nella regione di Kherson, dando la colpa alla Russia.

Sia il presidente ucraino Zelenskyy che il capo dei servizi segreti ucraini hanno recentemente messo in guardia su un possibile attacco russo alla centrale.

In altre parole, potrebbero porre le condizioni per un attacco false flag.

Vedete, vi avevamo avvertito che sarebbe successo!’“.

Chi segue i notiziari internazionali, o anche solo Contropiano, sa che è già accaduto quantomeno per il gasdotto North Stream e per la diga di Nova Kahovka, oltre che per episodi meno rilevanti.

Nel caso della centrale gli “allarmi” appaiono chiaramente costruiti a tavolino secondo una grossolana ma precisa strategia “comunicativa” da ammannire all’informazione occidentale di bocca buona. I protagonisti principlai di questo plot sono naturalmente lo stesso Zelenskij e comandante in capo delle forze armate ucraine, Zaluzhny.

Ma anche altre “fonti” entrano in gioco a ritmo continuo, per “convalidare” l’idea che l’attacco russo stia per partire. Per esempio stamattina il “sindaco di Energodar Dmytro Orlov, la città dove si trova la centrale” ha dichiarato a tutto il mondo che “Circa 100 dipendenti russi della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno lasciato l’impianto”. A conferma si riferisce “il timore degli 007 di Kiev che il Cremlino possa sferrare un attacco terroristico dalle conseguenze catastrofiche”.

Ripetiamo che in una guerra tutto può accadere e “il più pulito c’ha la rogna”. Ma dobbiamo far notar alcune cose: il “sindaco di Energodar” di cui si parla ha abbandonato la città all’inizio della guerra (16 mesi fa…), quando l’esercito russo ha conquistato l’impianto. Non è insomma una “fonte imparziale”, ma sicuramente non è presente sul terreno (anche se certamente avrà contatti con qualcuno dei suoi ex concittadini).

La centrale, pur funzionando al minimo (come testimoniano i tecnici e persino il responsabile dell’Aiea, Rafael Grossi), è mantenuto in efficienza da personale russo per il buon motivo che fornisce l’energia praticamente a tutto il Donbass autonomizzatosi nove anni fa e ora accorpato alla Federazione Russa.

Farla esplodere non sarebbe insomma utile per Mosca – così come di certo erano state per i russi un danno sia l’interruzione del North Stream e la diga di Nova Kakhovka – anche perché i venti che porterebbero poi in giro scorie nucleari non sono abituati a rispettare i confini e tantomeno le linee del fronte tra gli eserciti.

Persino gli Stati Uniti non vedono alcuna prova che vi sia “una minaccia di minare la centrale nucleare di Zaporozhye da parte delle forze della Federazione Russa, come sostiene Kiev“. Lo ha annunciato lunedì scorso in un briefing il coordinatore per le comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby.

Insomma, anche a Washington dicono che dal laro russo, almeno sulla centrale, tutto è tranquillo. E allora? Perché il governo di Kiev insiste nel ripetere questa storia? L’attacco false flag sembra una buona spiegazione…

Vale naturalmente anche l’obiezione logica opposta: e perché mai allora dovrebbero essere l’esercito ucraino a farla saltare, se i rischi del fallout nucleare ci sarebbero anche per loro?

Su questo diversi analisti Usa, oltre il già ricordato Rickards, sono molto precisi: “Tenendo presente che sono già passate 4 settimane, suppongo che non ci sia molto tempo rimasto. Il punto è dire che la NATO è completamente bloccata.

Abituata alla loro dottrina di “Battaglia Aerea-Terrestre” che privilegia il potere aereo e gli attacchi profondi sul retro, non hanno idea di come combattere questo tipo di guerra. Ecco perché è inevitabile che l’Ucraina si rinchiuda presto e riprenda gli aspetti più politici e psicologici della guerra ibrida”.

Questa guerra “impantanata”, con i russi trincerati e l’esercito ucraino che non “sfonda”, dopo un mese di “controffensiva”, deve in qualche modo essere portata a conclusione. Nei prossimi giorni la Nato si riunirà a Vilnius, in Lituania. Approverà certamente altri invii di armi e sostegni vari a Kiev.

Ma o l’esercito ucraino raggiunge risultati “visibili” entro l’estate (in autunno il terreno diventa una trappola per i mezzi corazzati…) oppure bisognerà cominciare ad accettare l’idea del “congelamento” della situazione (ognuno resta con il territorio che controlla, come per la guerra di Corea).

Questo il “piano B” di Usa, Francia e Germania. Ma non corrisponde alla follia integralista di Kiev e degli ex paesi del Patto di Varsavia (la Polonia e i baltici), che vorrebbero invece un coinvolgimento diretto della Nato. Anche a costo di un conflitto nucleare.

L’attacco “falsa bandiera” alla centrale di Zaporizhzhia sarebbe insomma l’occasione giusta – secondo questi folli – per smuovere una situazione bloccata e convincere gli “alleati riluttanti” a varcare l’ultima linea rossa: l’intervento diretto.

E chi sopravviverà avrà ragione…

Sorgente: L’attacco ucraino alla centrale nucleare come ultima carta per cercare l’escalation – Contropiano


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