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19 April 2024
0 6 minuti 11 mesi
La destra occupa la Rai. Annunziata se ne va, opposizioni divise
TELEMELONI. Al Tg1 arriva Chiocci, il Tg2 a Fi, la Lega prende il giornale radio. Pd e sinistra: clima da epurazioni. Il consigliere dei 5s si astiene. Cda spaccato: votano contro la dem Bria, Laganà e la presidente Marinella Soldi. La conduttrice di Mezz’Ora in più: non condivido le modalità di intervento del governo sulla Rai

Giorgia Meloni si prende il Tg1 con Gian Marco Chiocci (ex Tempo e Adnkronos), a Forza Italia vanno il Tg2 con Antonio Preziosi e Raisport con Jacopo Volpi, alla Lega il Giornale radio con il redivivo ex Udc Francesco Pionati e la conferma dell’inossidabile Alessandro Casarin alla Tgr. A Fdi resta Rainews con Paolo Petrecca, e arrivano Angelo Mellone al daytime e Paolo Corsini agli approfondimenti, mentre Nicola Rao assume la guida della megadirezione alla Comunicazione. Il Tg3 resta a Mario Orfeo, formalmente in quota Pd ma da tempo battitore libero, mentre l’ex Tg1 Giuseppe Carboni, molti vicino a Conte, guiderà Raiparlamento.

LA RAI DOPO IL CDA DI IERI è ufficialmente tele-Meloni. Non una lottizzazione come tante del passato, ma una presa del potere guidata dal neo ad Roberto Sergio, sempre in quota Fdi. Alla destre bastavano tre voti per confermare le scelte dell’amministratore delegato in cda, e così è stato: sono arrivati i voti di Igor De Blasio (Lega) e Simona Agnes (Fi), oltre a quello dello stesso Sergio.

La novità semmai è che hanno votato contro, oltre a Francesca Bria (Pd),  anche il rappresentante dei dipendenti Riccardo Laganà ela presidente Marinella Soldi, mentre Alessandro Di Majo (M5S) si è astenuto, come era successo per la nomina dei nuovi vertici dell’azienda, a conferma di una non belligeranza di Conte sui nuovi assetti. Il M5S incassa anche la presidenza di Raicom per Claudia Mazzola, la guida di Radio2 per Simona Sala, la nomina di Adriano De Maio a Cinema e serie tv e, nelle prossime settimane, la promozione di Roberto Gueli come condirettore della Tgr.

NEL GIORNO DELLA GRANDE abbuffata di nomine, bollate dal sindacato Usigrai come «inaccettabili, senza prospettiva e inspiegabili con ragioni di natura industriale» (dure critiche anche dalla Fnsi), arriva a ciel sereno la scelta di Lucia Annunziata di abbandonare la Rai, nonostante il suo “Mezz’ora in più” fosse stato confermato per l’anno prossimo.

«Dimissioni irrevocabili», scrive Annunziata in una lettera ai vertici Rai. La motivazione ha un sapore politico: « Vi arrivo perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti, né sui metodi». «In particolare – scrive- non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai. Riconoscere questa distanza è’ da parte mia un atto di serietà nei confronti dell’azienda che vi apprestate a governare. Non ci sono le condizioni per una collaborazione. E non intendo avviarmi sulla strada di una permanente conflittualità interna sul lavoro».

LA MOSSA, POCHI GIORNI dopo il clamoroso addio di Fabio Fazio, altro volto di punta di Raitre, è molto forte. Anche perché Annunziata non avrebbe alcun contratto alternativo con altre reti tv, come invece è stato per Fazio con Discovery. Mentre l’ipotesi di una sua candidatura alle europee con il Pd viene considerata in ambienti dem «solo una suggestione che era già circolata nel 2019, ma priva di una consistenza».

DAL PD, SINISTRA E VERDI, la critica alla maggioranza è durissima. Elly Schlein parla di «un governo che procede a spallate per occupare la Rai, in una logica di pura spartizione tra i partiti di maggioranza». E aggiunge: «Con Meloni una Rai ancora più maschile». Francesco Verducci, membro della Vigilanza, parla di «un clima pesante di epurazione». «L’arrivo della destra al governo ha prodotto lo smantellamento di Raitre. Dopo gli addii di Fazio e Annunziata la Rai è un prodotto culturale ancora più debole e politicamente più allineato», dice il capogruppo dem in Vigilanza Stefano Graziano. Mentre Sandro Ruotolo, della segreteria dem, attacca il M5S: «L’astensione di Di Majo in cda è un brutto segnale che ha indebolito le opposizioni nel giorno dell’occupazione del servizio pubblico da parte del governo di destra».

«Abbiamo voluto evitare uno scontro a priori pregiudizievole per l’azienda», la debole replica del M5S. Conte se la prende con Renzi: «La riforma del 2015 voluta da lui predispone una Rai piegata ai voleri del governo di turno». «Si apre un’altra pagina buia, per questa destra l’importante è occupare», attacca Nicola Fratoianni. Sui nuovi direttori arriva la benedizione del ministro della cultura Sangiuliano (Fdi), ex direttore del Tg2: «Nomine di alto profilo, bravi giornalisti con cui ho avuto il piacere di lavorare».

Sorgente: ilmanifesto.ithttp://ilmanifesto.it

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