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Migranti, il governo cede alla Lega: “Cancelliamo la protezione speciale”. Piantedosi: “Nessun allarme, lo stato di emergenza è uno strumento tecnico” .
Emendamento parlamentare al decreto Cutro per abrogare la protezione speciale. Sorprendenti affermazioni del ministro dell’Interno. Adesso per il governo, nonostante le previsioni di centinaia di migliaia di sbarchi a fine anno, gli arrivi quadruplicati non sono un’emergenza.
Alessandra Ziniti
“In Italia non esiste un allarme o un’emergenza immigrazione”. Affermazione netta che, pronunciata dal ministro dell’Interno di un governo di centrodestra che da mesi paventa l’invasione di centinaia di migliaia di migranti, l’insostenibilità del sistema di accoglienza e si appresta a nominario un commissario per gestire uno stato di emergenza migranti, fa una certa impressione.
Anche perchè, nel frattempo, nonostante gli inviti alla prudenza del Quirinale dopo il decreto Cutro, la maggioranza sembra pronta a sposare la linea della Lega e ad andare fino in fondo sulla protezione speciale, abrogandola del tutto. Così ha spiegato il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni e in questa direzione va il subemendamento presentato dalla maggioranza in commissione Affari costizionali del Senato oggi pomeriggio e che approderà martedì alla discussione dell’aula del Senato.
Il governo cede alla Lega
“Nell’ambito della conversione al Senato del decreto Cutro la maggioranza di centrodestra sta depositando un emendamento per l’eliminazione della protezione speciale”, conferma il sottosegretario al ministero dell’Interno Emanuele Prisco. “Il cosiddetto permesso temporaneo per gli irregolari è cresciuto a dismisura, creando in Italia una sostanziale anomalia che ha finito per favorire l’immigrazione illegale. Cancelliamo quella protezioneper uniformarci al resto d’Europa come ha anticipato alle Camere il presidente Meloni. La necessità è di stabilire delle regole certe. Perché da un lato vogliamo tutelare chi scappa realmente dalle guerre e creare una immigrazione regolare per rispondere alle esigenze delle imprese, e in questa direzione va il decreto flussi, e fermare le partenze in cooperazione europea con i Paesi mediterranei ma intendiamo dire basta all’immigrazione irregolare e alle scorciatoie per stare irregolarmente in Italia. Accanto a questo stiamo semplificando e velocizzando i meccanismi di espulsione”.
Questa mattina a L’Aquila Matteo Piantedosi rispondendo alla domanda di un giornalista dopo il comitato provinciale ordine e sicurezza, ha sottolineato che la dichiarazione di stato di emergenza non è altro che uno strumento tecnico per adottare provvedimenti veloci ed efficaci a sostegno delle regioni, Sicilia e Calabria soprattutto, che devono affrontare l’aumento consistente del numero degli sbarchi. Ma i numeri, i 32,769 arrivi dall’inizio dell’anno ( quadruplicati rispetto all’anno scorso) e i 117.000 migranti in accoglienza, per il governo non costituiscono motivo di allarme.
Non sono parole dette certamente a caso quelle di Piantedosi che articola meglio il suo pensiero in risposta alle critiche sulla dichiarazione dello stato di emergenza espresse nei giorni scorsi dalla Cei. Spiega Piantedosi: “Condivido quello che dice la Cei che non esiste un allarme ma esiste uno stato di emergenza tecnicamente inteso che ha suggerito al governo di dotarsi di procedure semplificate per poter essere all’altezza della sfida di questa complessità: cioè fasi di concentrazione acuta degli sbarchi su luoghi ben definiti, che sono soprattutto i luoghi di sbarco di Sicilia e Calabria e quindi di procedere a tutti gli adempimenti conseguenti con modalità più celeri”.
(ansa)
“Ho profondo rispetto per quello che dice la Cei e sono d’accordo se il discorso emergenza viene visto in maniera atecnica, cioè non esiste in Italia un allarme o un’emergenza immigrazione – ha aggiunto Piantedosi – È ovvio che esiste un tema più acuto di gestione nei luoghi di sbarco ma lo Stato di emergenza che ha adotto il governo altro non è che una formula tecnica, è il modello a cui si è fatto ricorso anche per i profughi provenienti dall’Ucraina e credo che nessuno volesse dire che esistesse un’emergenza degli arrivi dall’Ucraina. È semplicemente una formula tecnica per far in modo che si possa allargare la platea dei soggetti istituzionali che se ne possono occupare e sia procedure accelerate, semplificate”.
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