0 6 minuti 1 anno

Chi è chiamato dai cittadini alla guida della nazione si prende la responsabilità dell’Italia com’è, non come avrebbe voluto che fosse né come avrebbe dovuto essere. Chi governa perde il diritto a lamentarsi

Nell’ultima settimana l’Italia ha vietato l’intelligenza artificiale, un parlamentare della maggioranza ha proposto multe fino a 100 mila euro per chi usa parole inglesi, e il presidente del Senato ha contestato il valore di un’azione partigiana del 1944, scusandosene il giorno dopo.I vincitori delle elezioni si sono a lungo vantati di essere più in sintonia della sinistra con il Paese reale, di conoscere i bisogni del popolo, di saperne interpretare le angosce. Ma è difficile ricordare una settimana del nostro dibattito pubblico più lontana di questa dalla realtà italiana, da ciò di cui si occupano quotidianamente famiglie e imprese.

 

La presidente del Consiglio ha fatto molto in questi mesi per indirizzare la nuova fase politica verso il fare, l’agire, l’ottenere. Rientra in questo quadro una profonda revisione di idee e atteggiamenti nei confronti dell’Unione Europea e nei rapporti con Bruxelles, che ha prodotto tra le altre cose positive anche una gestione fin qui seria e responsabile dei conti pubblici. Ma col passare dei giorni stanno emergendo due seri problemi per la destra di governo.

Il primo è che intorno a Giorgia Meloni si agitano troppe ansie identitarie, quasi come se la vera preoccupazione di chi è andato al potere fosse quella di dimostrare che non ha cambiato idea, né mai la cambierà. Naturalmente ciascuno ha diritto alle sue idee, ma l’esercizio di funzioni pubbliche, in cui si rappresenta anche chi quelle idee non condivide, richiede quanto meno di cambiare agenda e priorità (e qualche volta anche di tacere, se l’idea si dimostra sbagliata oppure offensiva).

La destra al governo non ci deve dimostrare quale sia la sua identità, e cioè chi ritiene di essere, ma che cosa pensa di fare. D’altra parte esibire la propria identità con quotidiani esercizi da culturista rischia di ingrossare le schiere degli avversari, allarmando molti agnostici per eccitare pochi nostalgici.

Il secondo problema è che c’è davvero tanto da fare, invece che questo. Le cronache di tutti i giorni ci raccontano di un Paese che ha bisogno di decisioni. Non basta elencare i problemi e la loro gravità. Bisogna poi anche trovare le soluzioni, o almeno cominciare a lavorarci su.

Per esempio: abbiamo una massa senza precedenti di immigrati che provano ad entrare in Italia, e allo stesso tempo le imprese e le famiglie italiane chiedono manodopera come mai prima: centinaia di migliaia di lavori non vengono coperti. Il nostro sistema pubblico, in collaborazione con le aziende private, è in grado di far incontrare queste due spinte trasformandole in fattori di sviluppo e di legalità, attraverso un grande progetto di formazione della forza-lavoro?

Un altro esempio. Stiamo soffrendo la piaga della siccità. Ma anche quando l’acqua c’è, l’Italia ne perde quasi il 40% dai tubi degli acquedotti: 150 litri al giorno per abitante. Ci sono da noi 557 società partecipate pubbliche che gestiscono la fornitura, i cui consigli di amministrazione ospitano schiere di politici ed ex politici sicuramente meritevoli. Ma il governo nazionale può far qualcosa per dar vita a un’unica società pubblica efficiente e quotata in Borsa, sul modello di Terna per l’energia elettrica, come ha proposto l’altra sera in tv da Formigli l’ex presidente di Confindustria Montezemolo?

Del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e del rischio davvero sistemico di perderne i finanziamenti europei che valgono una decina di punti di Pil, si è letto molto in questi giorni. «Non l’abbiamo scritto noi», ha detto la premier Giorgia Meloni. Ed è vero. Ma ciò non toglie che spetta a loro utilizzare ogni centesimo di quei fondi, perché adesso è il nostro Pnrr, e loro sono il nostro governo, l’unico che abbiamo per un prevedibile futuro.

Chi è chiamato dai cittadini alla guida della nazione si prende la responsabilità dell’Italia com’è, non come avrebbe voluto che fosse né come avrebbe dovuto essere. Chi governa perde il diritto a lamentarsi. Tra l’altro, nel nostro caso la destra ha ricevuto il testimone di un Paese che ha registrato una crescita spettacolare per due anni di fila, riducendo anche le disuguaglianze e accrescendo l’occupazione. Alla fine verrà dunque giudicata esclusivamente per la sua capacità di evitare il ritorno alla crescita zerovirgola, alla stagnazione e alla perdita di lavoro e ricchezza.

Non c’è dunque tempo da perdere. Se vuole davvero difendere ed accrescere la sua credibilità, la destra deve dimostrarsi non solo impegnata a governare, ma anche concentrata solo su quello.

Sorgente: Le sfide di governo e la realtà lontana

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20