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Il terremoto avvertito anche a Napoli. Il direttore dell’Osservatorio: «Non c’è da preoccuparsi»

Il Vesuvio trema e, come sempre accade in questi casi, tornano apprensione ed inquietudine. Domenica sera si è verificata una scossa di terremoto che ha avuto come epicentro l’area del cratere, a circa un chilometro e trecento metri di profondità, dunque piuttosto superficiale. La magnitudo è stata intorno a 2,5. Relativamente modesta. Nell’area vesuviana e perfino in alcuni quartieri di Napoli c’è chi sostiene di avere percepito il fenomeno, che comunque non suscita preoccupazione tra gli esperti. Lo chiarisce il vulcanologo Mauro Antonio Di Vito, che dalla scorsa estate è il direttore dell’Osservatorio Vesuviano. «Questa sismicità sul Vesuvio – dice – si verifica periodicamente ed è legata alla dinamica del vulcano. Non ha le caratteristiche di un terremoto correlato alla risalita del magma». E aggiunge: «Chiaramente dobbiamo seguire la sismicità nei prossimi giorni e nelle prossime settimane per capire se ci saranno variazioni significative, ma allo stato francamente non ci sono novità rilevanti. Nulla di cui preoccuparsi o per cui allarmarsi».

I controlli

Il Vesuvio, informa il direttore dell’Osservatorio, «è continuamente sorvegliato in relazione a vari parametri: emissioni idrotermali, temperatura, composizione biochimica delle fumarole, inclinazione del vulcano. Utilizziamo vari strumenti, dalle telecamere termiche fisse e mobili ai satelliti. Nessuno dei parametri che seguiamo ci suggerisce in questa fase che stia accadendo qualcosa che debba suscitare allarme». Considerazioni analoghe da parte di Giuseppe Luongo, anch’egli vulcanologo, che ha diretto alcuni anni fa l’Osservatorio Vesuviano. Dice: «Quella che si è verificata è una scossa solo un poco più forte di quelle che avvengono normalmente, ma comunque di energia modesta. Non ha un grande significato». E aggiunge: «Se guardiamo i bollettini mensili, ci accorgiamo che da tempo il Vesuvio ha un’attività piuttosto bassa ed abbastanza costante. Non c’è una tendenza pericolosa. Ci sta una lenta subsidenza della parte sommitale, che segue la dinamica regionale, ma non è certamente motivo di preoccupazione o di allarme. La terra scende con una velocità piuttosto contenuta, due o tre centimetri all’anno».

I piani di protezione civile

Il vulcanologo invita ad aggiornare i piani di protezione civile legati ad una eventuale eruzione. Non perché quest’ultima sia imminente, ma perché «cambiano nel tempo alcuni fattori, soprattutto quelli antropici ,e progredisce la ricerca scientifica». Risale a marzo del 1944 l’ultima eruzione e, informa l’Osservatorio Vesuviano nella sezione del suo sito che ripercorre quegli eventi, dei quali restano alcune testimonianze fotografiche ed un filmato, si svolse in quattro fasi. La prima – quella effusiva – iniziò alle 16.30 del 18 marzo 1944 «con un’esplosione che distrusse parzialmente il piccolo cono di scorie intracraterico. Essa fu subito seguita dall’emissione di due separate colate laviche dal cratere, una in direzione Sud-Est e l’altra in direzione Nord per poi essere deviata dal Monte Somma in direzione Ovest». Giuseppe Imbò, che dirigeva l’Osservatorio Vesuviano, osservò anche debole attività esplosiva stromboliana. «Il 19 marzo – prosegue la ricostruzione dell’Ingv – l’attività esplosiva ed effusiva si fecero più intense e la lava, con velocità variabile da 50 a 300 metri orari iniziò ad avvicinarsi alle cittadine di San Sebastiano e Massa, sul versante occidentale del vulcano. Nelle prime ore del 21 marzo furono invase dalla lava». Le truppe alleate avevano organizzato in quella circostanza l’evacuazione di circa 7000 persone.

Sorgente: Corriere del Mezzogiorno

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