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Io non pago la vostra guerra

Care amiche ed amici, lavoratrici e lavoratori iscritti all’USB, o da essa richiamate/i nelle
piazze,
la protesta contro il caro bollette è giusta e opportuna, risponde ad un bisogno di sopravvivenza e di
dignità, e, secondo il nostro punto di vista e le nostre analisi, rientra perfettamente nelle mobilitazioni
contro la guerra e contro l’economia di guerra che culmineranno nello sciopero generale del 2 dicembre.
Non dimentichiamo mai che gli stessi sondaggi riportati dai “media con l’elmetto” danno il 75% di italiani
contrari all’invio di aiuti militari all’Ucraina (e al riarmo e all’aumento delle spese militari); ed il 53%
contrari all’imposizione di sanzioni alla Russia.
Vi sottoponiamo il seguente ragionamento: la speculazione che giustamente denunciate si attacca alla
situazione di carenza di forniture (temuta ma anche reale) causata dalle vicende belliche. Quelle, sul
terreno ucraino, per le quali sono stati sabotati i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, le centrali
nucleari vicino alle quali si combatte rischiano una catastrofe continentale, si paventa una deriva ed una
escalation che può portare allo scontro nucleare.
La mobilitazione per non pagare la LORO guerra è sacrosanta. LORO: cioè delle élites borghesi europee
coalizzate nel “blocco occidentale”. Il nucleo sociale dell’1% (con il 10% di maggiordomi relativamente
privilegiati) che segue l’egemone USA nel soffocare, con la guerra per procura combattuta dall’esercito
ucraino, i sogni putiniani di ricostituire un impero russo e russofono.
Se non dobbiamo essere NOI CLASSI POPOLARI a pagare la LORO GUERRA è giusto allora rivendicare ed
imporre con la lotta scelte diverse, ma in modo radicale e risolutivo, rispetto a un miglioramento realistico
delle condizioni di vita.
Cosa chiedere, allora, con il NON PAGHIAMO? Noi pensiamo che bisogna collegare la fine del mese con la
possibile fine del mondo da evitare, cioè andare alle radici del carovita, e chiedere che si ponga termine al
coinvolgimento dell’Italia (e dell’Europa) nella guerra e nell’economia di guerra, quest’ultima attraverso
in particolare le sanzioni energetiche.

Parliamoci francamente. Non riteniamo ci si debba accontentare delle soluzioni a valle che presuppongono
che lo Stato risarcisca con i soldi di tutti noi (= meno servizi pubblici e meno assistenza e pensioni) un
aumento dei prezzi che può essere evitato a monte (senza invocare l’”abbattimento del capitalismo” o altri
obiettivi epocali, al momento per disgrazia irraggiungibili).
Per farla breve, riteniamo che l'obiettivo più appropriato per una eventuale campagna di autoriduzione
delle bollette sia la revoca delle sanzioni, già condivisa dagli italiani, perché, lo dicono oltretutto i dati,
sono proprio le aspettative di carenza dell'offerta causate dalla guerra oggi il fattore principale e decisivo
per la speculazione sui titoli derivati che contribuisce a determinare i prezzi e il loro aumento.
È ovvio che da subito occorrono i cosiddetti “ristori, con tutti gli scostamenti di bilancio statale necessari,”
per le famiglie, che non devono finire sul lastrico; e per le imprese, che non devono chiudere: si tratterebbe
di una redistribuzione dai ricchi ai relativamente poveri e ai poveri.
Quindi la soluzione al problema specifico è a portata di mano e ce la dà la brutta, sporca e cattiva Ungheria:
parliamo con Putin (lo può fare il nuovo governo che siamo costretti a ritrovarci tra le scatole) e
semplicemente ribadiamo che si comprerà da GAZPROM e da chi per essa la stessa quantità di gas allo
stesso prezzo di prima…
Poi c'è l'eventuale aggiunta ecopacifista che faremmo se fossimo a capo di un governo formato da
rappresentanti popolari effettivi (e concreti). Ecco la proposta che faremmo direttamente a Putin:
"Siccome siamo intenzionati a rispettare gli accordi di Parigi sul clima che tutto il mondo, compresa la tua
Russia, ha firmato, è ovvio che, perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, usciremo dai combustibili
fossili e quindi ne consumeremo sempre di meno e ne compreremo di meno. I soldi che dovremmo
risparmiare per questo minor consumo tendente allo zero li mettiamo in un fondo per aiutare voi ed insieme
gli ucraini a decarbonizzare, come avete deciso nelle varie COP che discutono come attuare Parigi. Quello
che ti proponiamo è, per l’intanto su questo aspetto, di lavorare insieme (insieme anche agli ucraini) per
fare la pace con la Natura, il compito principale dell'intera Umanità oggi, per salvare l’ecosistema terrestre
che sta bruciando. Il lavoro comune per la decarbonizzazione contribuirà allo sviluppo della pace tra gli
uomini, di una comunità mondiale che pratichi la fratellanza/sorellanza: impariamo a percorrere il cammino
della nonviolenza laddove le attività militari devono diventare tabù”.
(Dall'appello NON SIAMO IN GUERRA, NO SANZIONI, promosso, tra gli altri, da Moni Ovadia e Alex Zanotelli,
sottoscrivile online al seguente link:
https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni)
Ma, tornando con i piedi per terra, quello che per l’intanto proponiamo alle organizzazioni sindacali di base
è molto semplice: inserire nella piattaforma dello sciopero generale convocato contro la guerra per il 2
dicembre prossimo la revoca delle sanzioni alla Russia; ed in particolare delle sanzioni energetiche.
In nome della pace, quindi; ma anche, per quanto riguarda italiani ed europei:
– Della difesa, appunto, del potere d’acquisto e dei livelli occupazionali, rifiutando di pagare e subire i costi
delle politiche “atlantiche”, consentendo l’azzeramento degli aumenti, anche speculativi, nelle bollette di
luce e gas;
– della salvaguardia degli equilibri ecologici globali, pregiudicati dalle distruzioni sul campo foriere di
inquinamenti che possono investirci direttamente;
– del ripristino di un minimo di correttezza informativa e di pluralismo democratici, estromessi dai media
mainstream asserviti alle élites dominanti.

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