Brasile: una poltrona per due | ISPI

Atre mesi dalle elezioni brasiliane la tendenza dice chiaramente che l’ex presidente Luis Inacio Lula da Silva è il grande favorito, con un distacco consolidato e significativo rispetto al suo avversario, l’attuale Capo di Stato Jair Bolsonaro. Il risultato dell’ultimo sondaggio Datafolha, il più autorevole istituto di ricerca, ha rappresentato una doccia fredda per l’entourage del presidente in carica: Lula è stabile al 48% delle intenzioni di voto contro il 27% di Bolsonaro ma, se si contano i voti validi, si passa a un parziale di 54% verso 30%, assicurandogli la vittoria già al primo turno. Se si analizza il voto per fascia d’età, genere, reddito e area geografica si vede Lula chiaramente in vantaggio tra le donne, i giovani tra i 16 e 24 anni (in Brasile gli adolescenti di 16 e 17 anni possono votare, anche se per loro non è obbligatorio come per i maggiorenni), in tutto il Nord-Est del Paese, suo bastione da sempre, tra chi ha un reddito inferiore a cinque salari minimi e chi ha al massimo un diploma di scuola media. Bolsonaro prevale solo nel Sud del Paese e tra gli elettori con un reddito di oltre dieci salari minimi, che sono comunque una minoranza rispetto al totale. In Brasile, va detto, tutto può succedere ma è chiaro che ci vorrà un mezzo miracolo per permettere a Bolsonaro di recuperare gli oltre 20 punti di distacco sul suo sfidante.
L’incognita del secondo turno
La grande incognita, piuttosto, riguarda la possibilità che ci sia o meno un secondo turno di ballottaggio, previsto nel caso in cui nessun candidato ottenga il 50% più uno dei suffragi. Gli analisti concordano nel ritenere che molto dipenderà dal comportamento degli outsiders, quella “terza via” che non è mai decollata e che ha perso per strada dei nomi importanti come l’ex giudice Sergio Moro o il governatore di San Paolo Joao Doria, ritiratosi dalla corsa elettorale per evidente mancanza di supporto. Rimane in corsa l’inossidabile Ciro Gomes, dato intorno al 7-10% dei sondaggi, un candidato progressista chiaramente anti-Bolsonaro ma segnato anche da una storica e tenace inimicizia politica con Lula. Se gli elettori di Gomes gli rimarranno fedeli, è possibile che ci vorrà un secondo turno per definire il nome del prossimo presidente; se al contrario prevarrà in loro la volontà di esprimere un voto utile, visto che il loro candidato non ha nessuna chance, allora è probabile che quei consensi andranno in gran parte a Lula, permettendogli così di chiudere la partita già la notte del 2 ottobre.
Candidati con posizioni antitetiche
Se si analizza la campagna svolta dai due sfidanti, si può dire che entrambi si stanno ancora concentrando essenzialmente sul loro pubblico di riferimento, anche se Lula sembra più propenso ad allargare il discorso rispetto a Bolsonaro, che continua su posizioni molto radicali in particolare su temi come l’aborto, la politica delle armi e i diritti umani. L’ex capitano dell’esercito sembra incapace di dirottare il suo discorso su toni più moderati: la sua strategia alla Trump è quella dello scontro diretto e gridato con tutti gli avversari, inclusi gli alti rappresentanti delle istituzioni come i giudici della Corte Suprema. Bolsonaro parla al suo zoccolo duro, ma probabilmente sta sopravvalutando le sue forze dato che fa pochissimi sforzi per sedurre l’elettorato di centro. Una strategia rischiosa, la sua: se nel 2018 seppe brillantemente rappresentare la novità rispetto alla vecchia politica e vinse in quanto alfiere del voto contro il Partito dei Lavoratori, impantanato dal maxi-scandalo Petrobras, oggi a parlare per lui sono i tre anni e mezzo di governo, con la catastrofica e negazionista gestione della pandemia e le promesse di una miracolosa ripresa economica che non c’è mai stata.
Economia: situazione difficile
Il panorama non è roseo. L’inflazione supera il 10%, e va oltre il 13% se si considera il comparto del paniere di base degli alimenti; i continui aumenti della benzina e i costi dell’energia pesano sul portafoglio delle famiglie e la crescita annaspa. Le previsioni di un incremento del 1,5-2% del Pil per l’anno in corso sono in gran parte segnate dai forti numeri dell’agri-business, più che da un’effettiva ripresa industriale e dei consumi. Il Brasile ha chiuso la stagione della soia con una produzione di oltre 140 milioni di tonnellate, superando ampiamente quella degli Stati Uniti e anche quella di mais ha registrato una forte impennata, grazie all’aumento della domanda globale a causa della paralisi dell’export in Ucraina.
Ma il settore agroalimentare da solo non basta per segnare un’inversione di tendenza generale e la disoccupazione continua a essere preoccupante, così come il livello di indebitamento delle famiglie, peggiorato dal caro vita. Preoccupano anche gli indici di fame e povertà strutturale: secondo una recente inchiesta a livello nazionale, sono ben 33 milioni i brasiliani che oggi soffrono la fame, mentre il 59% delle famiglie convive con un grado di insufficienza alimentare, non riescono cioè e mettere insieme tre pasti al giorno. La campagna di Lula batte molto su questo tasto e c’è da dire che l’ex presidente operaio ha messo in campo la sua abilità di tessitore di alleanze politiche, andando anche oltre i limiti dell’immaginabile, come nella scelta del suo candidato vice, l’ex avversario conservatore Geraldo Alckmin, oggi convertito nelle file del PSB (Partito socialista brasiliano). Molti seguaci di Lula storcono il naso nel vedere Alckmin a fianco del loro leader in eventi del Movimento dei contadini Senza Terra (MST) o dell’unione degli studenti universitari, ma l’idea è quella di unire le forze per cercare di mostrare un “fronte democratico” contro la deriva a destra di Bolsonaro.
La partita si decide a San Paolo
Un’ultima considerazione riguarda la geografia del voto. Le ultime quattro elezioni presidenziali sono state decise sull’asse degli Stati di Minas Gerais e Rio de Janeiro, rispettivamente il secondo e il terzo collegio del Paese. Oggi la partita sembra giocarsi soprattutto a San Paolo, un quarto dei votanti; il PT ha messo in campo un pezzo grosso come Fernando Haddad come candidato a governatore e sta cercando in tutti i modi di far desistere nella sua corsa il moderato Marcio Francia, dato secondo dai sondaggi. Chi vince a San Paolo si porterà a casa la presidenza e Lula, grazie anche alla strategica alleanza con il “paulista” Alckmin, è decisamente a un passo da questo obiettivo.
Sorgente: Brasile: una poltrona per due | ISPI
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