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La vulgata afferma che la destra riesce a governare insieme pur partendo da programmi completamente diversi, mentre la sinistra non riesce a unire neanche idee simili. Ad esempio, Silvio Berlusconi creò un capolavoro allenandosi contemporaneamente con un partito secessionista (la Lega Nord) e con uno nazionalista (Alleanza Nazionale). Questa alleanza permise al Cavaliere di governare a lungo dopo il 2001.

 

Oggi, queste contraddizioni emergono fin dalla campagna elettorale. Le idee stesse dei due leader principali, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, appaiono confuse.

Silvio Berlusconi ormai sembra una semplice comparsa su TikTok. Dopo una vita intensa, la vecchiaia ha preso il sopravvento. Irrigidito come una marionetta, Berlusconi suscita la simpatia di un anziano nonno che ha ancora voglia di raccontare barzellette. Per quanto riguarda i programmi, continua a ripetere i suoi amati slogan come il milione di cose da fare e il ponte sullo stretto.

 

Meloni e Salvini affrontano problemi più seri che li rendono ondivaghi.

 

  • Salvini senza la bestia

Matteo Salvini continua a crollare nei sondaggi pagando l’esperienza del governo Draghi. Emerge come la Lega nazionale fosse un’utopia che ha funzionato finché la bestia di Luca Morisi garantiva una continua e aggressiva presenza social.

 

Ora che la bestia è diventata un cagnolino, il sistema si è inceppato. Matteo Salvini ha partecipato riluttante al governo Draghi per accontentare la base imprenditoriale del suo partito. Ciò ha scontentato tutti coloro che lo supportavano  per le politiche contro l’immigrazione, la sua ipocrita collezione di santi e madonne e i suoi dubbi antiscientifici.

 

In campagna elettorale, Salvini sta provando a riprendersi quella base. L’ex ministro dell’interno ha espresso alcune considerazioni controverse ma sensate in merito allo scostamento di bilancio e alla guerra in Ucraina. Parole che arrivano tardi, dopo aver sostenuto il governo e poi averlo fatto cadere nel momento in cui la crisi energetica si è rivelata drammatica. Con grande sforzo di fantasia, il segretario leghista chiede uno scostamento di bilancio a un governo senza poteri.

Nei comizi, Matteo Salvini non pare aver idee forti. Si limita a citare i suoi infiniti elenchi ormai fiacchi e a promettere la lotta alle baby gang. Nel nord-est c’è ormai chi spera che la Lega ottenga un risultato intorno al 10%, quel tanto che basta per poter cacciare il segretario.

 

 

  • L’atlantismo di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni affronta una situazione opposta. Negli ultimi mesi ha guadagnato consensi per essere rimasta all’opposizione del governo Draghi. Dopo le pessime esperienze di Matteo Salvini e Matteo Renzi, che come Icaro si sono bruciati quando volavano più in alto, Meloni sembra interessata a non montarsi la testa. Non sembra intenzionata tanto ad aumentare i propri voti, quanto ad accreditarsi come forza di governo.

La leader della Garbatella sa bene di condurre un partito composto da nostalgici di un passato imbarazzante. Conosce i suoi flirt con Steve Bannon, l’ideologo di Donald Trump, e con la Russia di Putin. Ma sa anche che la sua base è perlopiù antieuropea e filoamericana. Tra l’altro, gli Stati Uniti continuano ad esercitare un certo fascino sul pubblico italiano, malgrado i nostri governi abbiano seguito Washington nelle avventure più strampalate senza guadagnarci niente

Fratelli d’Italia comprende inoltre due importanti colonnelli che sanno muoversi a livello internazionale. Il presidente del Copasir Adolfo Urso ha tessuto rapporti diplomatici con Washington. Raffaele Fitto ha architettato l’alleanza con il gruppo dei conservatori e riformisti europei, un tempo dominato dai conservatori inglesi e dai polacchi di Diritto e Giustizia, entrambi acerrimi nemici della Russia. La candidatura dell’ex ministro Giulio Tremonti, presidente dell’importante think thank atlantista Aspen Institute, chiude il cerchio.

Le novità emerse in merito ai finanziamenti di partiti italiani da parte di Mosca sembrano volte a colpire Salvini. La speranza di Washington potrebbe essere quella di rompere l’asse Salvini e Meloni per sostituire il leghista con un nome meno compromesso, come Luca Zaia, se non addirittura Carlo Calenda.

Giorgia Meloni ha tessuto i contatti con Washington e ha sostenuto acriticamente l’Ucraina per poter governare e avere una sponda contro Bruxelles. La sua campagna elettorale appare moderata dal punto di vista geopolitico ed economico, tanto che Fratelli d’Italia si oppone al nuovo scostamento di bilancio. Il partito si limita a propugnare un’agenda sociale reazionaria volta a favorire i ceti medio alti.

 

  • Gli elettori di Giorgia Meloni

La leader della Garbatella sa che una campagna di rottura porterebbe più voti, ma renderebbe più complicato governare, non potendo mantenere le promesse elettorali. Quindi, si sfoga contro la modernità e l’Unione Europea. Il suo nemico appaiono i diritti civili, sia dei migranti che degli italiani.

Meloni propone cimiteri di feti e limitazioni al diritto all’aborto, si scaglia contro l’ideologia gender, il politicamente corretto e il sistema artistico culturale di sinistra. Insomma, affronta problemi ridicoli da archiviare come battaglie contro i mulini a vento.

Sfortunatamente, una parte di elettorato (influenzata da scribacchini complici del declino culturale di questo paese) vorrebbe rifugiarsi in un mondo antico che non c’è più. Come ha ben descritto Paolo Natale, si tratta di persone mediamente istruite e di ceto medio. Aggiungo che sono gli abitanti della campagna italiana, che hanno perso gran parte del loro potere d’acquisto nello stesso momento in cui i servizi si sono allontanati per concentrarsi nelle città.

Non si tratta di popolani che vivono in povertà, come una certa vulgata giornalistica vuole farci credere, ma cittadini un tempo benestanti che hanno visto erodere il loro status. Questi cittadini vedono come mostruose le problematiche sociali che si sviluppano nelle città, sebbene siano spesso la normale evoluzione dei costumi. A livello economico, credono di meritare ben di più di quello che hanno e vorrebbero una meritocrazia che li favorisca togliendo risorse a chi sta peggio.

Chi non ha paura della diversità e vuole un minimo di giustizia sociale, non dovrebbe neanche considerare il voto a questo centrodestra schizofrenico.

 

Sorgente: LA CONFUSIONE SOTTO IL CIELO DEL CENTRODESTRA – GLI STATI GENERALI

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