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L’incapacità politica di un leader di partito non si misura con le idee che esprime, bensÌ con l’ottenimento dei risultati prefissati. Matteo Salvini è un tipico esempio di incapacità politica, il vero fattore che ha determinato la vittoria di Giorgia Meloni.

By Giulio Chinappo *

L’incapacità politica di Matteo Salvini

Non c’erano molti dubbi sull’esito delle elezioni legislative che si sono svolte questo 25 settembre. Il partito Fratelli d’Italia ha ottenuto una netta vittoria, e la leader Giorgia Meloni si appresta a diventare la prima donna premier nella storia italiana. In pochi si sarebbero aspettati, fino a pochi anni fa, che a conquistare questo primato storico sarebbe stato un partito di estrema destra, ma, come hanno avuto modo di scoprire molti altri popoli, l’essere donna non rappresenta un merito politico in sé.

Margaret Thatcher, Theresa May e Liz Truss nel Regno Unito non passeranno di certo alla storia come leader di governi progressisti, e altrettanto possiamo dire di Angela Merkel in Germania o della golpista Jeanine Áñez in Bolivia, per fare degli esempi. Le donne, tante volte, dimostrano di essere più reazionarie e maschiliste dei propri colleghi uomini, e Giorgia Meloni sarà di certo la leader più orientata a destra della storia repubblicana italiana.

Tuttavia, riteniamo che il vero artefice della vittoria di Giorgia Meloni non sia ella stessa, bensì il leader leghista Matteo Salvini: non perché l’apporto della Lega sia risultato fondamentale nella vittoria della coalizione di centro-destra, ma perché, con la sua incapacità politica, Salvini ha portato al tracollo il proprio partito, aprendo le porte alla vittoria di Meloni. Specifichiamo che l’incapacità politica di un leader di partito non si misura con le idee che esprime, che possono essere condivisibili o meno, bensÌ con l’ottenimento dei risultati prefissati.

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Torniamo indietro nel tempo, all’agosto del 2019. La Lega e il Movimento 5 Stelle sono al governo del Paese, dopo l’accordo raggiunto in seguito alle elezioni dell’anno prima. Matteo Salvini occupa il posto di vice premier e di ministro degli Interni, e la sua Lega, classificatasi seconda alle elezioni, è ora il primo partito del Paese, con i sondaggi che le attribuiscono più del 37% delle intenzioni di voto. Anziché sfruttare il momento favorevole, facendo pesare il proprio ruolo all’interno del governo, Salvini decide la prima mossa suicida, causando di fatto la caduta dell’esecutivo.

Salvini, dimostrando pochissima scaltrezza, sperava probabilmente di andare subito alle urne, sicuro di vincere le elezioni. Ma l’elettorato leghista apprezzava tutto sommato il governo gialloverde, mentre il Movimento 5 Stelle e il premier Giuseppe Conte avevano già preparato un piano di riserva: allearsi con il tanto vituperato Partito Democratico e dare vita ad un nuovo governo. Salvini ha dimenticato una cosa banalissima, ovvero che i seggi sono assegnati in base ai risultati elettorali, non in base ai sondaggi, e che quindi era il M5S ad avere il coltello dalla parte del manico, grazie al maggior numero di parlamentari a disposizione.

Il primo suicidio di Salvini si traduce in una perdita immediata di quasi dieci punti percentuali nei sondaggi e, dopo un leggero aumento alla fine del 2019, le intenzioni di voto per la Lega non faranno altro che crollare fino alle elezioni di ieri. Salvini, però, ci metterà ancora del suo, sostenendo il governo di Mario Draghi. Pur conoscendo l’astio del proprio elettorato per il noto banchiere, Salvini ha deciso di suicidarsi politicamente una seconda volta, mostrando tutta la sua sudditanza nei confronti del sistema, e genuflettendosi al volere dell’UE e della NATO, sperando forse di essere ricompensato per i suoi servigi.

Cosa più grave, Salvini ha lasciato il monopolio dell’opposizione parlamentare a Giorgia Meloni, che con Fratelli d’Italia ha saggiamente deciso di tenersi fuori dall’orgia draghiana. Sia chiaro, il partito di Meloni non rappresenta una vera alternativa sistemica alla dittatura NATO-UE, ma semplicemente l’ex ministra berlusconiana ha avuto la lungimiranza di recitare la parte dell’unica opposizione credibile al governo. Di conseguenza, l’emorragia di voti leghisti non si è arresta, andando a rimpinguare le percentuali di FdI.

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I risultati parlano chiaro: Fratelli d’Italia, che ai tempi del primo suicidio salviniano aveva circa il 7% delle intenzioni di voto, ha ottenuto più del 26% delle preferenze, mentre la Lega non ha raggiunto neppure il 9% dei consensi, pari a circa un quarto di quelli che le erano attribuiti nell’agosto del 2019. Addirittura, i leghisti hanno rischiato di finire alle spalle di Forza Italia, il che avrebbe fatto di loro il partner meno importante della triade di governo. Quanto al partito di Silvio Berlusconi, va comunque sottolineato come sia riuscito a piazzare il proprio candidato, Roberto Schifani, al governo della regione Sicilia.

Il risultato di tutto questo è che l’Italia si appresta a vivere sotto il governo posizionato più a destra dalla fine della dittatura fascista, ma si illude chi spera in un riposizionamento del Paese in politica estera.

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* Giulio Chinappi è su World Politics Blog

Sorgente: Da dubbio a certezza: Matteo Salvini è politicamente incapace – Kulturjam

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