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25 April 2024
0 6 minuti 2 anni
MoVimento 5 Stelle. Lunga giornata alla ricerca di una scappatoia, poi l’annuncio: «Non voteremo la fiducia». Il leader M5s prima confida nella mediazione. Ma la gran parte dei senatori chiede la rottura
di Giuliano Santoro

Giuseppe Conte pare indeciso a tutto: cambia idea diverse volte nel corso di una lunga giornata di febbrili riunioni. Alla fine si presenta ai parlamentari e annuncia. «Al Senato non possiamo che agire con coerenza e linearità, i cittadini altrimenti non capirebbero».

Prova a motivare i testacoda che lo hanno condotto, all’ultimo secondo, ad accogliere la volontà della gran parte dei senatori. L’excursus del leader parte proprio dal Movimento 5 Stelle in relazione alla fase politica e al clima sociale.

«C’è forte disagio non tanto nel M5S ma nei cittadini e nelle imprese – spiega – Alla luce di questa crisi dobbiamo definire il nostro ruolo, rispetto a queste urgenze e alla nostra capacità di interpretarle e suggerire contromisure adeguate: è qui che si gioca la partita politica del M5S e del paese». In questo senso prova a ribaltare il concetto di responsabilità: «Si è responsabili nel tacere o al contrario nell’adoperarsi perché si prendano misure tempestive, forti, strutturali?».

IL M5S DUNQUE NON VOTA la fiducia anche se Conte rivendica di aver condotto Draghi ad ammettere «indirettamente quello che diciamo da tempo»: «Gli aiuti stanziati sono benvenuti ma insufficienti». Anche se, prosegue riferendosi al pacchetto annunciato dal premier il giorno precedente, «famiglie e imprese potranno sperare in un corposo aiuto finanziario e questo lo si deve a noi 5 Stelle».

Giuseppe Conte

Alla luce della crisi sociale dobbiamo definire il ruolo del M5S, dobbiamo interpretare le urgenze e suggerire contromisure adeguate.

Che le cose stiano prendendo una piega non proprio lineare lo si capisce nel primo pomeriggio, quando la prevista assemblea serale dei senatori del Movimento 5 Stelle viene estesa anche ai deputati: il gruppo alla Camera viene considerato meno ostile al governo, dunque pare un segnale che Conte voglia allargare la platea per sfumare il dissenso dei senatori.

SOSPESO TRA lotta e il governo, l’avvocato affronta i parlamentari dopo una giornata di riunione permanente col Consiglio nazionale , interrotta da una pausa pomeridiana per sentire Mario Draghi al telefono e cercare una mediazione in extremis. O meglio: per trovare un appiglio che gli consenta di tirare il freno a mano e impedire che venga imboccata la strada verso la crisi.

Giuseppe Conte

Vogliamo dialogare e dare un contributo costruttivo al governo. Ma non possiamo accontentarci di impegni: occorrono misure concrete.

LA SITUAZIONE diventa surreale quando si capisce che Conte è disposto ad accettare che i senatori escano dall’aula, ma solo dopo aver ricevuto la garanzia che ciò non comporti rischi per il governo. Il che non sta nelle cose: dopo che Forza Italia ha chiesto la verifica, Draghi ha ribadito la sua indisponibilità a subire ultimatum e infine Enrico Letta ha spiegato al leader M5S che se il M5S si sfila il governo rischia di cadere. E se succede si va al voto.

E allora si torna ai nastri di partenza: bisogna convincere i falchi e nel giro di poche ore riuscire nella missione impossibile di capovolgere il sentiment attorno al governo. Quello che prima era un sacrificio non più procrastinabile ora dovrebbe diventare un investimento conveniente.

IN QUESTA PARTITA giocata fino allo sfinimento, tra i 5 Stelle fin qui fedeli alla linea dell’avvocato comincia a circolare il sospetto che il leader sia debole, e che la sua dipendenza dalle indicazioni del Partito democratico trasformi il M5S in una succursale dei dem incapace di una politica autonoma.

Conte appare stritolato tra le esigenze del campo largo e dell’unità nazionale da una parte e il richiamo della foresta del M5S d’opposizione dall’altra.

Il paradosso del M5S, partito che lavora da anni per spoliticizzare i conflitti sociali e le domande che essi pongono, è quello di soffrire l’impoliticità del tecnico Draghi, banchiere sedicente «senza cuore» e in tal senso incapace di costruire una via di fuga al suo interlocutore. Conte sembra cercarla, questa scappatoia, quando dice che non vuole chiudere la porta in faccia al suo successore a Palazzo Chigi.

«Siamo assolutamente disponibili a dialogare e dare un contributo costruttivi ma non siamo disponibili a concedere una cambiale in bianco – spiega ai suoi riferendo della telefonata col premier – Con Draghi abbiamo parlato. Devo registrare una disponibilità del presidente a venirci incontro su tutti i punti ma la fase che stiamo attraversando non può accontentarsi di impegni. Ma occorrono misure concrete».

INTANTO SE ne va il deputato Francesco Berti, che aveva scelto di votare la fiducia alla Camera disobbedendo agli ordini di scuderia. Trasloca con i dimaiani di Insieme per il futuro, si teme non da solo. La sua sintesi di queste ultime ore è spietata: «Qualunque sia la sensibilità personale, la gestione di questa crisi, peraltro scatenata dallo stesso M5S, lascia scontenti tutti. Troppo morbida per chi vuole rompere, troppo spericolata per chi vuole rimanere».

Sorgente: ilmanifesto.it

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