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Anche il secondo agente sotto indagine sceglie di parlare: nell’interrogatorio di cinque ore racconta che la rete sarebbe stata ben più ampia. Per l’accusa ha chiesto prestazioni alle donne

Quasi cinque ore di interrogatorio, per ammettere e spiegare. L’agente scelto di polizia Alessandro Rubino ieri è comparso davanti al pm Gianfranco Colace dopo una settimana di carcere: ha optato per la collaborazione nell’inchiesta sui permessi di soggiorno “accellerati” che lunedì scorso aveva portato a nove misure cautelari. Il verbale è stato secretato, così come quello del vicecommissario Alessio Nettis che per primo aveva scelto di parlare, sia davanti al gip che al pm, spiegando di essere stato coinvolto nel giro di favori e bustarelle per ottenere pratiche più celeri proprio da Rubino.

Difeso dall’avvocata Cosima Marocco, l’agente ha cercato di ricalibrare il peso delle accuse, fornendo al contempo agli inquirenti anche nuovi spunti investigativi. Alcuni nomi, cioè, (almeno tre), di altri stranieri che avrebbero procacciato clienti per la triade, composta, oltre che dai due agenti anche dal mediatore culturale Ahmad Farhad Bitani. Ha fornito conferme ad alcuni sospetti, ed ha ampliato il raggio dell’indagine della procura. Oltre a ricevere denaro, è accusato anche di aver ottenuto una prestazione sessuale in cambio del suo aiuto. Un solo caso è stato documentato e contestato nella misura cautelare, ma il sospetto, emerso in seguito, è che invece esistesse un sistema molto più ampio che vedrebbe coinvolti proprio l’agente scelto e Bitani (che si faceva chiamare il “boss”) di chiedere il numero alle ragazze straniere, per poi contattarle “in privato” e a quel punto ottenere incontri e avanzare richieste a sfondo sessuale alle donne che, addirittura, in alcuni casi, sarebbero state anche filmate.

Rubino ha spiegato di essere arrivato dalla Puglia a Torino nel 2018 e di essere stato collocato allo sportello dell’ufficio immigrazione di corso Verona solo dopo il primo lockdown. E di aver avuto l’impressione di un sistema di “corsie preferenziali” già collaudato e risalente nel tempo. L’inchiesta dovrà accertare se possano esserci altri funzionari coinvolti e a che titolo. Del resto già nel corso di un’intercettazione Bitani aveva spiegato di conoscere uno degli intermediari, il cinese Liguo Hu, che avrebbe dato 100 mila euro a un poliziotto che aveva lavorato in corso Verona prima di Nettis.

Non avrebbe però fornito nomi di altri agenti di polizia coinvolti, ma ha circostanziato i ruoli. Ad esempio su Bitani. L’agente ha spiegato che era stato Nettis a conoscerlo prima e meglio, ad avere cioè un rapporto con lui più consolidato. I due agenti in ogni caso avrebbero preso somme di denaro per agevolare appuntamenti e far ottenere prima le pratiche. Mentre il mediatore afghano sarebbe coinvolto anche in un altro giro, ben più ampio e fuori dai confini regionali, sulle richieste di asilo e di protezione internazionale da parte di connazionali e di pakistani. Pratiche in questo caso non toccate da Rubino. Era lui però l’addetto allo sportello «deputato a relazionarsi in prima persona con l’utenza, acquisendo direttamente gli atti prodotti dagli stranieri o fornendo anche semplici informazioni».

Mentre in via Grattoni, in Questura, si esaminano i titoli e si cura l’iter che sussegue al rilascio o al diniego delle istanze di soggiorno (e dove sono collocati anche gli uffici per le procedure di asilo politico), in corso Verona 4 vengono solo depositate le istanze degli immigrati. In genere chi chiede il permesso o il rinnovo trasmette la documentazione tramite ufficio postale che rilascia una ricevuta con l’indicazione di una data in cui recarsi allo sportello di corso Verona: una data generata in modo automatico a distanza di parecchi mesi. Bastava pagare fino a 1000 euro però per anticiparla.

Sorgente: Sesso in cambio dei permessi di soggiorno, l’inchiesta di Torino sui favori si allarga – la Repubblica

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