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19 March 2024
0 5 minuti 2 anni

Firmato l’accordo . Con le euroscorte al 52% non conta più da dove viene il carburante, o se prosciuga l’Africa

La Ue è in affanno sulle forniture di energia, le riserve sono al 52-53% per il prossimo inverno. Dopo Bulgaria, Polonia, Finlandia, Olanda e Danimarca, che hanno rifiutato l’ingiunzione di pagare il gas in rubli imposto ad aprile da Mosca, adesso tocca alla Germania – e in misura minore all’Italia – essere vittime di chiusure arbitrarie dei rubinetti del gas da parte della Russia.

Gazprom ha annunciato di aver diminuito del 40% le forniture di gas alla Germania attraverso il gasdotto North Stream 1 nel Mar Baltico, ufficialmente per «ragioni tecniche» (Siemens non avrebbe consegnato pezzi di ricambio), una decisione che per il ministro dell’Economia e del Clima, Robert Habeck è invece «politica». La ragioni della diminuzione del 15% delle forniture di gas russo all’Eni «non sono state notificate», spiega il colosso dell’energia italiano. Ma con l’accumularsi delle sanzioni Ue – carbone russo bloccato da metà agosto, drastico taglio del petrolio da fine anno, impegno a tagliare due terzi del gas di Mosca entro il 2027 – gli europei cercano di rifornirsi altrove. Cercando contemporaneamente, almeno a parole, di conciliare la corsa al gas con l’impegno di diminuire le emissioni di Co2 e il ricorso alle energie fossili.

Ieri Ursula von der Leyen ha firmato al Cairo un accordo con il presidente egiziano, il militare al-Sisi, che la presidente della Commissione ha definito «storico»: i due firmatari accelerano e intensificano la cooperazione nel campo dell’energia, l’Egitto diventa un «partner essenziale» della Ue con l’obiettivo di «abbandonare i combustibili fossili russi e aiutarci per rivolgerci verso fornitori più affidabili».

NESSUN CENNO alla repressione nel paese e al rispetto della democrazia, i due partner colorano di verde un accordo che aumenterà l’arrivo di gas in Europa, oltre a investimenti nell’idrogeno. Al-Sisi si prepara ad accogliere il prossimo novembre a Sharm-el-Sheik la Cop27 dell’Onu sui cambiamenti climatici e sta lavorando per rendersi presentabile da punto di vista ecologista. Il commissario all’Energia, Kadri Simson, ha concluso un protocollo di accordo trilaterale tra Ue, Egitto e Israele per garantire «forniture stabili», a «tariffe conformi al mercato» di gas del Mediterraneo, attraverso le infrastrutture egiziane per il gas naturale liquefatto (Gnl) e investimenti sulle interconnessioni nel Mediterraneo, promettendo nuovi finanziamenti europei «meno inquinanti».

Il 19 maggio scorso la Ue ha varato il piano REPowerEu per rendersi indipendente dalla Russia, e in questa logica è stato firmato l’accordo con l’Egitto. All’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Ue dipendeva dalla Russia per il 49% delle importazioni di carbone, il 25% di petrolio, il 40% di gas. Dal 24 febbraio all’inizio di giugno, gli europei hanno pagato a Mosca 57 miliardi di euro per le importazioni di energia, cifra ampiamente servita a finanziare la guerra all’Ucraina.

LA DIPENDENZA È VARIABILE a seconda dei paesi. La Germania, molto dipendente dal gas russo (66%) cerca altrove, soprattutto in Africa, come anche l’Italia: Roma ha appena concluso un accordo con l’Algeria per un aumento del 40% dell’import di gas e guarda anche a Angola e Repubblica del Congo, mentre la Germania spera di poter aumentare le importazioni di Gnl dal Senegal a 2,5 milioni di tonnellate l’anno e 10 milioni nel 2030. Al centro dell’interesse degli europei ci sono anche Mauritania, Nigeria, Niger, Mozambico (in questo caso con investimenti Eni, Total e Exxon, confrontati a difficoltà per gli attacchi jihadisti che hanno portato al blocco dei lavori per i francesi). Ma, oltre al Mozambico, ci sono problemi di sicurezza anche in Algeria, Nigeria, Mauritania.

GLI ESPERTI del settore mettono in guardia sulle speranze rivolte all’Africa: nessun paese africano è in grado di aumentare la produzione subito, mentre i bisogni dell’Europa sono immediati.

Inoltre, una ventina di paesi – tra cui Germania e Francia (come gli Usa) – si sono impegnati alla Cop26 di Glasgow a non finanziare più entro la fine di quest’anno progetti all’estero nelle energie fossili, in mancanza di tecniche di cattura della Co2. Molti paesi africani hanno espresso preoccupazione, manifestata di recente dal presidente senegalese Macky Sall che in questo periodo è alla testa dell’Unione africana. La ricerca di energia in Africa si intreccia con la minaccia di carestia che grava sul continente, a causa del blocco dell’export di cereali dall’Ucraina imposto da Mosca.

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