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L’organizzazione per i diritti umani ha pubblicato un report sull’assedio a Nord di Kiev: è un atto di accusa contro i russi, ma rivela anche responsabilità degli ucraini che in alcuni casi hanno usato le infrastrutture civili come protezione, per esempio una scuola

di Paolo Brera

Altri crimini di guerra riaffiorano in Ucraina sotto la polvere delle macerie: Human rights watch ha diffuso oggi un rapporto su un’indagine centrata sulla regione di Chernihiv, a nord di Kiev, una regione attaccata immediatamente il 24 febbraio, e liberata a fine marzo quando i russi si ritirarono da tutto il quadrante dell’Ucraina centrale, su entrambe le sponde del fiume Dnipr dove erano scesi in direzione di Kiev. Il rapporto è un atto di accusa senza mezzi termini alle truppe russe, ma rivela anche la sussistenza di una grave responsabilità da parte delle forze ucraine che in alcuni casi hanno usato infrastrutture civili delicate come scudo, posizionando le proprie basi nelle dirette vicinanze – per esempio – di una scuola.

 

 

 

 

“Le forze russe – avverte il rapporto – hanno ucciso e ferito numerosi civili in otto attacchi nella città di Chernihiv all’inizio di marzo 2022. Quattro di questi attacchi, dall’aria e da terra, violavano chiaramente le leggi di guerra. Tra questi il bombardamento di un condominio in cui sono morti 47 civili, un attacco che ha ucciso almeno 17 persone in fila per il pane fuori da un supermercato, e due attacchi separati, di cui uno con munizioni a grappolo vietate, che ha danneggiato due ospedali”.

Ma il rapporto delinea gravi responsabilità per parte ucraina in un numero ancora maggiore di casi: “Le forze ucraine potrebbero aver messo a rischio i civili in cinque degli attacchi delle forze russe, incluso uno in cui le forze di difesa territoriale avevano stabilito una base in una scuola”. Uno di questi attacchi russi “ha colpito un ospedale, che aveva rafforzato le protezioni ai sensi delle leggi di guerra”. E in questo caso l’attacco alla struttura è un atto criminale “nonostante la possibile presenza di un posto di blocco militare vicino all’ospedale”.

 

 

E anche gli altri quattro attacchi in cui è stata rilevata la presenza nelle vicinanze di truppe ucraine “potrebbero comunque aver violato i divieti contro attacchi indiscriminati o sproporzionati”. “Le forze russe a marzo hanno ripetutamente attaccato le aree popolate di Chernihiv da terra e dall’aria con apparente disprezzo per la morte di civili – dice Belkis Wille, ricercatore senior di crisi e conflitti presso Human Rights Watch – e l’attaccante deve comunque distinguere tra civili e combattenti” anche se in alcune aree “il fallimento da parte degli ucraini nell’evacuare i civili ha aumentato il numero delle vittime”.

L’assalto a Chenihiv

Human Rights Watch ha indagato sugli attacchi alla città, circondata ma mai conquistata, avvenuti tra il 3 e il 17 marzo. Mentre i bombardamenti sventravano Chernihiv, i civili erano intrappolati senza potere abbandonare la città. “Tra l’8 marzo e il 9 maggio Human Rights Watch ha intervistato 34 persone, inclusi 24 testimoni degli otto attacchi. E il 19 e 20 aprile i ricercatori hanno ispezionato i siti degli otto attacchi”.

 

 

In più, Hrw ha esaminato le immagini satellitari “per determinare la posizione di eventuali forze ucraine nelle vicinanze degli attacchi”, incrociando i dati con “i necrologi dei soldati ucraini pubblicati sui media locali”. Secondo il Dipartimento ucraino di assistenza medica per la regione di Chernihiv “almeno 98 civili sono stati uccisi negli otto attacchi e almeno altri 123 sono rimasti feriti”.

Dal rapporto emerge uno degli aspetti più crudeli di questa guerra: l’uso reiterato, soprattutto ma non solo da parte russa, di bombe a grappolo vietate dalle leggi internazionali in zone civili. Nel più grave degli otto attacchi, il 3 marzo le forze russe hanno lanciato diverse bombe non guidate su un condominio, uccidendo 47 civili: “Ho visto persone cadere dalle finestre”, ha detto un residente di uno degli edifici. “Alcuni di loro erano in fiamme”. E non ci sono corresponsabilità ucraine: diversi testimoni intervistati hanno affermato di non credere che nessuna forza ucraina fosse nell’area in quel momento.

 

 

Sono attacchi di macelleria che finiranno sulla scrivania di un giudice per perseguire le responsabilità di chi li ha guidati, di chi li ha condotti e di chi eventualmente non li abbia impediti e sanzionati. Ma naturalmente una cosa è identificare le responsabilità, e un’altra ottenere una condanna e l’esecuzione della pena. Intanto però è importante che istituzioni indipendenti li accertino, qualunque sia la casacca che li ha commessi. Altro crimine di guerra: il 17 marzo “le forze russe hanno lanciato un razzo con munizioni a grappolo Uragan che ha danneggiato un complesso medico che ospitava due ospedali”. Sono stati uccisi 14 civili, e altri 21 sono stati feriti: “I testimoni hanno detto di non aver visto obiettivi militari nell’area in quel momento”.

Le armi vietate

L’uso delle armi a grappolo, imprecise e micidiali per i civili, è un’altra delle orribili costanti delle guerre. “Dalla sua invasione dell’Ucraina, le forze russe – sostiene Hrw – hanno utilizzato ripetutamente munizioni a grappolo, che sono armi intrinsecamente indiscriminate, in attacchi che hanno ucciso centinaia di civili e danneggiato case, ospedali e scuole”. E “sembra che anche le forze ucraine abbiano usato munizioni a grappolo almeno una volta”.

 

 

Gli attacchi “indiscriminati e sproporzionati, commessi con intento criminale, cioè deliberatamente o incautamente, sono crimini di guerra”, avverte Hrw. “I comandanti e i leader civili possono essere perseguiti per crimini di guerra anche per non aver adottato misure sufficienti per prevenirli o per punire i responsabili”. “I devastanti attacchi terrestri e aerei delle forze russe su Chernihiv – continua Wille – mostrano perché le armi esplosive non dovrebbero essere usate in contesti urbani popolati. I governi di tutto il mondo dovrebbero mobilitarsi per opporsi all’uso di tali armi dove vivono i civili”.

Sorgente: “Crimini di guerra dai russi, ma anche gli ucraini”: il rapporto di Hrw su Chernihiv – la Repubblica

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