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(Alessandro Orsini – Il Fatto Quotidiano) – L’idea che, in tempi di guerra, l’informazione sia più libera nelle democrazie occidentali che nelle dittature andrebbe sottoposta a verifica empirica. È ovvio che le democrazie occidentali si presentino come il luogo della libertà assoluta dell’informazione. Resta il problema che l’informazione può essere libera e, nello stesso tempo, distorta. Detto più semplicemente, il fatto che le persone siano libere di parlare non implica di necessità che dicano cose corrispondenti al vero. Molti uomini dicono liberamente cose distorte. Sono libero di dire che i cani volano, ma questo non è vero. La libertà di parola non implica la verità dei contenuti.Dal momento che le comunità umane tendono a rappresentarsi in maniera migliore di ciò che sono, Marx, Nietzsche e Freud ci insegnano a coltivare il sospetto per diventare più consapevoli dei condizionamenti che subiamo. Quali sospetti dovremmo nutrire oggi? Non ci sono molti dubbi: dovremmo nutrire forti sospetti davanti al tentativo di imporre una sola narrazione della guerra in Ucraina. Generalmente, le comunità umane impongono una rappresentazione unica della realtà quando hanno qualcosa da nascondere. Siccome i comportamenti immorali sono incompatibili con le rappresentazioni positive del Sé, i governi impongono un solo modo di pensare, talvolta con la violenza, talaltra con tecniche assai sofisticate, quando hanno qualcosa da nascondere. In sintesi, i maestri del sospetto non sono importanti per le loro conclusioni, che potrebbero essere superate dal tempo, ma per il metodo che ci consegnano. Chi vuole imporre un solo modo di pensare ha sempre qualcosa di turpe da celare.Con riferimento all’Ucraina, potremmo domandarci quali siano le eventuali turpitudini che il governo Draghi e l’Unione europea vorrebbero nascondere, ma a noi non interessa dare una risposta in questa sede. Il nostro interesse è quello di lanciare un allarme. Una volta chiarito quale sia il principio alla base della scuola del sospetto, possiamo cogliere un grande paradosso italiano. Tutte le persone comuni parlano dell’invio delle armi in Ucraina. Gli italiani ne parlano dappertutto: nei bar, per le strade, in famiglia. L’unico luogo in cui questo argomento è proibito è il Parlamento, il luogo supremo preposto a questo tipo di dibattito. Ne consegue che il governo Draghi, che cerca di impedire la discussione a Montecitorio, deve avere qualcosa da nascondere, qualcosa di immorale, qualcosa che, se rivelato, procurerebbe vergogna e discredito ai ministri della Repubblica. Ancora una volta, non siamo qui per dire di che cosa si tratti. Sappiamo però che si tratta di qualcosa. Giunti a questo punto, torniamo all’idea di partenza: prima di stabilire che l’informazione in Italia è più libera che in Russia sarebbe necessaria una ricerca empirica che analizzi i contenuti della comunicazione. D’altra parte, questa era la critica metodologica che Max Weber rivolgeva a Marx, cioè di voler giungere alle conclusioni – l’economia è sempre il fattore più importante – prima di avere condotto le dovute ricerche. E se poi venisse fuori che un certo fenomeno storico è stato condizionato più dalla religione o da una battaglia che dall’economia? Come possiamo saperlo in anticipo? Noi occidentali sappiamo in anticipo che l’informazione in tempo di guerra è più libera in Occidente che nelle dittature. Ma come possiamo stabilirlo prima di avere sottoposto a verifica empirica una simile proposizione? Un modo potrebbe essere quello di procedere per via autoritaria, del tipo: “È più libera in Occidente e basta, altrimenti sei un nemico della nazione!”. Ma lo spirito scientifico è uno spirito anti-autoritario, che non può non sospettare.

Sorgente: L’informazione è più libera in Occidente che altrove? È da valutare – infosannio – notizie online

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