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Dalla Lombardia a Toscana e Sicilia levata di scudi contro la proposta del ministro Orlando: «Ipotesi irricevibile in una fase estremamente critica per l’industria. Priorità al taglio del cuneo fiscale»

di Claudio Tucci

Orlando: “Senza aumento salari ci sarà una crisi sociale”

Levata di scudi delle imprese alla proposta del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, di realizzare un accordo tra governo e parti sociali che subordini un intervento a favore delle aziende al rinnovo e all’adeguamento dei contratti, e quindi all’incremento dei salari.

«In una fase estremamente critica per l’industria lombarda e italiana generata dall’aumento dei costi delle materie prime, dalle speculazioni sui prezzi dell’energia, dalle sanzioni che indirettamente impongono sacrifici e difficoltà nell’approvvigionamento anche alle nostre imprese e da un contesto internazionale di instabilità, vincolare gli aiuti economici al rinnovo dei contratti è per Confindustria Lombardia irricevibile – incalza il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella -. Questa impostazione da “premialità sociale”, oltre a non considerare che le criticità colpiscono trasversalmente tutte le imprese, ignora completamente la realtà del mondo produttivo che vede a rischio chiusura il 30% delle imprese a causa dell’insostenibilità dei costi di produzione. Le imprese, ovviamente, condividono la necessità di un aumento dei salari per sostenere le famiglie e i lavoratori in questo momento di forte difficoltà, oltre che per far fronte alla crescente inflazione; la via per l’aumento dei salari, come ribadito più volte da Confindustria, è il taglio delle tasse attraverso un intervento strutturale finalmente incisivo sul cuneo fiscale».

Semplificazione che non risolve

Dalla Lombardia alla Sicilia il passo è breve, e l’allarme identico. Un accordo fra governo e parti sociali che subordini gli aiuti alle imprese al rinnovo e all’adeguamento dei contratti «è una semplificazione eccessiva che non risolve le difficoltà. Si concentra sugli effetti ma non considera le cause del problema. Insomma sembra una danza sul Titanic – ha aggiunto Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia -. Servono, quindi, misure strutturali per far sì che non venga distrutto in tutto o in parte il nostro tessuto produttivo».

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Confindustria Toscana, Maurizio Bigazzi: «Ho appreso con stupore la proposta del ministro Orlando – ha detto -. È una proposta che non tiene assolutamente conto del momento di grande difficoltà delle imprese, schiacciate dall’aumento dei costi delle materie prime e dei prodotti energetici. Per migliorare la competitività del sistema industriale serve un forte intervento sul taglio del cuneo fiscale e contributivo che rigenererebbe anche il potere di acquisto dei salari».

Quadro allarmante

Il punto è che ci sono difficoltà oggettive; l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi dei prodotti energetici ha dapprima rallentato la ripresa e ora mette in grave pericolo la tenuta e la competitività della nostra manifattura.

«Gli effetti della guerra in corso ai confini dell’Europa sono immediati e colpiscono direttamente l’operatività delle imprese – ha spiegato il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada -. La situazione è allarmante, i rincari stanno erodendo pesantemente i margini delle aziende e si paventa il rischio di una riduzione della produzione di molte imprese manifatturiere lombarde, una su 4 se il conflitto durerà oltre i prossimi 3 mesi. La priorità ora deve essere quella di impedire la chiusura delle imprese italiane che andrebbe a innescare una grave crisi sociale. Una crisi che andrebbe ad aggravare la situazione attuale di famiglie e lavoratori che, attualmente, a causa di inflazione e caro energia, vedono già ridursi il proprio potere di acquisto. Per contrastare questa emergenza auspichiamo misure strutturali come un taglio contributivo del cuneo fiscale per sostenere i redditi più bassi e rilanciare l’industria italiana».

Tutelare lavoro e sviluppo

«Mantenere la vocazione manifatturiera dell’Italia è prioritario e significa prevenire altre dipendenze su beni e prodotti, ma soprattutto tutelare lavoro e sviluppo – ha aggiunto Lorenzo Poli, presidente di Assocarta -. Questo aspetto costituisce la priorità del Paese. E, casomai, bisogna affrontare prima il tema del cuneo fiscale per rendere gli effetti degli aumenti, previsti dai rinnovi dei contratti di lavoro, più concreti e visibili».

«A breve dovremo iniziare formalmente il negoziato per il rinnovo del Ccnl in scadenza a fine giugno in una situazione congiunturale molto critica e rischiosa per la competitività e delle imprese – ha commentato Federchimica -. Riteniamo non solo opportuna ma imprescindibile la condivisione a livello centrale di un intervento strutturale e significativo sul costo del lavoro, in termini di taglio del cuneo fiscale e contributivo che darebbe ossigeno alle imprese e potere di acquisto ai salari migliorando la competitività del sistema industriale e la possibilità per tutti di applicare e rispettare le regole in essere per i rinnovi contrattuali».

Sorgente: Le imprese: no al “ricatto” di vincolare gli aiuti ai contratti – Il Sole 24 ORE

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