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La valuta di Mosca si rafforza subito dopo l’annuncio. Il 24 marzo riapre il mercato azionario per i titoli di 33 società. Draghi: “Il prezzo della materia prima è già salito di 15 euro per MWh”

Il presidente della Russia, Vladimir Putin, annuncia una decisione storica: Mosca non accetterà più pagamenti in dollari o euro per le consegne di gas ai Paesi europei. L’annuncio, a un mese di distanza dall’invasione dell’Ucraina, è arrivato la mattina del 23 marzo: “Ho preso la decisione di attuare una serie di misure per passare al pagamento in rubli per il nostro gas consegnato a Paesi ostili, e di rinunciare a tutte le valute che sono state compromesse”, ha detto Putin, aggiungendo che alle autorità russe è stata concessa una settimana per attuare nella pratica il passaggio al nuovo sistema in valuta locale.

La mossa per rafforzare il rublo

Subito dopo le parole del presidente della Federazione russa, il rublo ha recuperato terreno sia sull’euro, da 112 a 107, sia sul dollaro, raggiungendo quota 97,75, in ogni caso valore lontano dai 75 prima del conflitto in Ucraina. Il motivo della decisione di Putin, è la spiegazione a caldo che arriva da esperti e addetti ai lavori, è creare domanda per il rublo e contribuire al rafforzamento della moneta russa, penalizzata dalle sanzioni economiche decise dall’Occidente. I Paesi europei dovranno infatti cambiare euro in rubli per potere effettuare i pagamenti del gas, necessari per garantire le forniture energetiche. Si tratterà di capire, da qui ai prossimi mesi, se effettivamente la valuta di Mosca ne uscirà rafforzata su dollaro ed euro, nei confronti dei quali ha perso terreno dall’inizio del conflitto.

Sulla decisione è arrivato il commento a caldo del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Che, in un passaggio delle comunicazioni in aula al Senato in vista dell’imminente vertice dell’Unione Europea, ha affermato: “Il prezzo spot del gas, e questa purtroppo è una notizia vecchia, sul mercato europeo oggi è dimezzato rispetto alle punte di circa 200euro/mwh raggiunte l’8 marzo. Dico che (la notizia) è vecchia perché è appena uscita la notizia della richiesta” da parte della Russia “di effettuare pagamenti in rubli invece che in dollari o in euro, che ha portato il prezzo del gas a salire di circa 15 euro per Megawattora”.

Germania: “Violazione contrattuale”

“Sarebbe una violazione del contratto se la Russia insistesse sul fatto che gli acquisti di gas da parte dei paesi dell’Ue debbano essere pagati in rubli d’ora in poi”, afferma il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck. La Germania, aggiunge, “si consulterà con i suoi partner europei per valutare se la richiesta del presidente russo Vladimir Putin significa che non è più un partner stabile”.

 

 

Domani via agli scambi alla Borsa di Mosca per 33 titoli

Intanto, la Banca centrale russa ha comunicato che il 24 marzo 2022 saranno riammesse alle negoziazioni le azioni di 33 società dell’indice Moex, fermo dal 25 febbraio. I titoli saranno negoziabili dalle ore 9.50 alle ore 14.00 ora locale, con un divieto di vendite allo scoperto. Tra le azioni che potranno essere scambiate ci sono i titoli del colosso del gas Gazprom e della banca Sberbank.

Moody’s: “Rischio default resta elevato”

Il tutto mentre le agenzie di rating continuano a prospettare per la Russia la possibilità di un default, che il Paese cioè non riesca a onorare almeno una parte del proprio debito. Nei giorni scorsi, Mosca, sia pure in ritardo e con tutta una serie di complicazioni legate alle sanzioni occidentali, è riuscita a liquidare agli investitori gli interessi dovuti per complessivi 117 milioni di dollari su due obbligazioni statali. Le ulteriori scadenze sul debito, tuttavia, continuano a impensierire agenzie di rating, banche d’affari e analisti, che più volte già nei giorni scorsi avevano messo in guardia che avrebbero considerato equivalente a un default anche un eventuale regolamento in rubli, previsto da un decreto di Vladimir Putin risalente al 5 marzo scorso, su titoli denominati in dollari o in euro.

L’ultima ad analizzare la situazione del debito emesso da Mosca è stata Moody’s, che ha sottolineato che il rischio di un default resta elevato proprio “a causa del forte deterioramento osservato nella capacità e nella volontà del governo russo di rispettare gli impegni assunti sul debito nelle ultime settimane”. Tra le criticità si indica poi la scadenza, il 25 maggio, della deroga concessa dal governo americano tramite l’Ofac (Office of foreign assets control) alle controparti statunitensi a ricevere pagamenti dalla Banca centrale, dal ministero delle Finanze e dal fondo sovrano russi. Per questo motivo, Moody’s fa sapere che monitorerà “da vicino se ci saranno ritardi nell’esecuzione dei pagamenti degli Eurobond e in particolare il pagamento del coupon da 100 milioni di dollari in scadenza il 27 maggio, dopo che la licenza generale concessa dall’Ofac scadrà. Da quella data in poi – sottolinea ancora l’agenzia di rating – i residenti statunitensi avranno bisogno di una licenza specifica per continuare a ricevere i loro pagamenti sul debito”.

Nei giorni scorsi, hanno prospettato la possibilità di un default anche gli analisti di Algebris, che in precedenza avevano ipotizzato che grazie alle entrate delle esportazioni Mosca avrebbe continuato a onorare le scadenze sul debito. “Riteniamo – si legge nella nota settimanale di Algebris pubblicata il 21 marzo – che l’incertezza sui futuri rimborsi rimanga elevata, nonostante il pagamento della cedola avvenuto la scorsa settimana. Nel mese di aprile, la Russia sarà chiamata a rimborsare un’obbligazione in scadenza di circa 2 miliardi di dollari. Le aspettative riguardo a questo pagamento non sono molto elevate, considerando il contesto di elevate tensioni con l’Occidente. A ciò si aggiunga che il debito estero in scadenza nei prossimi 12 mesi ammonta a 80 miliardi di dollari, pari a circa il 60% del bilancio. Se le riserve monetarie della Banca di Russia rimarranno congelate, i pagamenti potrebbero diventare sempre più difficili, soprattutto perché l’economia russa sta entrando gradualmente in recessione e il rublo rimane debole. In altre parole, la situazione attuale non è sostenibile, sia in termini di politica (volontà) e di economia (capacità) dei pagamenti” conclude Algebris.

E se Gita Gopinath, capo economista del Fondo monetario internazionale, ha appena ribadito che un eventuale deafult russo avrebbe “un impatto diretto limitato sul resto del mondo”, nel frattempo anche alcune società cominciano a incontrare difficoltà nei pagamenti collegati alle obbligazioni emesse. Per esempio, il gruppo russo dell’acciaio Evraz, il 21 marzo, ha fatto sapere di avere ordinato il pagamento di cedole per 18,9 milioni di dollari, aggiungendo però che il denaro non è riuscito a raggiungere gli investitori a causa delle sanzioni che hanno colpito il primo azionista, Roman Abramovich.

Sorgente: Gas, perché Putin ora chiede il pagamento in rubli e rifiuta euro e dollari – la Repubblica

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