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di Maria Rosaria Greco*Roma, 26 novembre 2021, Nena News – «I bambini devono vedere che la vita non è solo questo», dice Valli, la mamma tedesca di Lena, nell’estate 1986, decidendo di portare i suoi figli in un lungo viaggio mentre il Libano è dilaniato dalla guerra civile. Infatti, in una pagina successiva, Lena ci spiega che per la madre aprire un atlante è il modo migliore per sfuggire alla guerra: sulla carta è possibile viaggiare da una città all’altra in totale libertà.Sicuramente la guerra è il filo conduttore delle opere di Lena Merhej, come di molti autori libanesi che appartengono alla generazione che ha subito la guerra civile tra il 1975 e il 1990. In questo caso la guerra è addirittura il comune denominatore, il collante che salda la vita della figlia a quella della madre, Waltraud Grote, detta Valli, una donna forte e colta, che fa la pediatra e che decide di trasferirsi in Libano, a Beirut, dalla Germania dove da piccola ha vissuto la terribile esperienza della Seconda guerra mondiale.Non a caso Lena fa dire a un’amica tedesca di Valli, nelle pagine di Marmellata con laban, che «l’arte è molto importante durante la guerra» perché proprio quell’arte, che Lena impara a usare molto velocemente, le permetterà di elaborare il trauma della guerra. Da bambina sfogliava le riviste tedesche della madre di cui comprendeva solo le immagini. Quindi giocava a fantasticare su quali parole associare e costruiva una storia. «Sono nata sotto le bombe e per 15 anni ho vissuto così. Ho bisogno di sfogare quel dolore, di far sapere agli altri in quali condizioni ti costringe a vivere la guerra», così il fumetto diventa lo strumento ideale per esprimere con leggerezza e ironia il disagio più intimo, la memoria individuale e collettiva, ma anche la militanza, il dissenso. Tutto fra le pieghe di disegno e parole, cercando di contrastare la censura e arrivare oltre i confini del proprio paese.Sono molti gli autori arabi, particolarmente in Libano, che usano il fumetto come linguaggio contemporaneo a sostegno di diritti umani e civili, dei diritti di genere, e per raccontare le storture della guerra. Nascono molti collettivi di artisti, tra cui molte donne, che promuovono la ricca produzione culturale di graphic novel del mondo arabo, come Samandal, fondato da Lena Merhej e altri giovani disegnatori, il cui nome, come precisa Lena, viene dall’inglese salamander, salamandra, cioè «un anfibio, che sta in acqua e sulla terra, come la nostra arte, a metà tra la scrittura e il disegno».Le vignette denunciano, si schierano a favore della libertà di espressione, spesso calpestata. E purtroppo nel 2015 la rivista è condannata a pagare una multa di ventimila dollari per diffamazione, anche religiosa, a causa di un disegno partorito proprio dalla matita di Lena che avrebbe offeso il governo confessionale di Beirut.

Sorgente: MEDIO ORIENTE. Il fumetto per raccontare le storture della guerra

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