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Le indagini sulle ragazze travolte in un campo tra San Donato Milanese e Locate Triulzi, Hanan e Sara: gli inquirenti sono vicini a una svolta. Con loro degli uomini, fuggiti abbandonando i telefoni

di Andrea Galli

Dalle 11.30 di venerdì (l’orario della disperata chiamata d’aiuto al 112 in lingua araba, interrotta dalla batteria del cellulare scarica) alle 20 di sabato (l’orario del rinvenimento dei cadaveri): per oltre trenta ore, i due o tre uomini testimoni del ferimento e della morte di Sara El Jafaari e Hanan Nekhla avrebbero potuto informare, anche in modo anonimo, fornendo indicazioni precise, utili alla localizzazione, della disgrazia avvenuta nel campo di mais a Locate Triulzi, hinterland sud di Milano. Ovvero il passaggio di un Grim, un mezzo agricolo che sparge medicinali sulle coltivazioni e manovrato da un agricoltore italiano di 28 anni indagato per omicidio colposo, che ha urtato di sicuro una delle donne, come evidenziato dalle ecchimosi sul corpo mentre la seconda donna potrebbe essere stata avvelenata dalle medesime sostanze sparse dal Grim.

La caccia

Se l’investitore ha giurato di non essersi accorto di quelle persone, nonostante la cabina di pilotaggio sia sopraelevata e garantisca una visuale dall’alto, i fuggiaschi erano accanto a Sara e Hanan, entrambe marocchine, la prima 28enne e con un’esistenza difficile tra droga e un figlio piccolo trasferito in comunità, la seconda 31enne e con lavori in nero nei bar e il continuo rimpianto di non guadagnare abbastanza per inviare denaro ai genitori in Nordafrica. Quegli uomini erano accanto, hanno visto, si sono scansati, sono scappati. Da allora, sono scomparsi. Ma pare ormai, in conseguenza dell’insistita caccia dei carabinieri del Nucleo investigativo, per ancora poche ore soltanto. Anche in coincidenza di errori fatti sulla scena del crimine e dell’immediata lettura investigativa.

 

Chilometri a piedi

Lo spiazzo nel quale, giovedì sera, si erano accampati le due donne e gli uomini (sembra ugualmente di origini marocchine), è un tratto isolato che si raggiunge camminando a lungo. Specie se l’appuntamento, organizzato in chat tra uno degli uomini e Sara, che la scorsa settimana avevano avviato una corrispondenza attraverso i social network come racconta un’amica al Corriere, era stato fissato in località «Rogoredo». Estrema periferia di Milano e già area del notorio ex «boschetto della droga». In quella telefonata al 112, alla richiesta di fornire il luogo esatto da parte dell’operatore per innescare le ricerche, la donna al cellulare aveva detto di essere appunto dalle parti di Rogoredo. Forse perché il quartiere le era noto e c’era stata in passato; forse perché, avendo da lì vagato per chilometri, il gruppo era approdato in un tratto ignoto a Sara e Hahan, perso in effetti com’è nelle campagne della provincia. Eppure il luogo ha offerto elementi giudicati inequivocabili che comprovano il fatto che fosse abitato. Abitato dagli uomini e non a caso.

Gli sms dell’eroina

Nell’ignobile allontanamento dinanzi alle donne che agonizzavano, quegli uomini hanno abbandonato dei telefonini. Gli apparecchi erano privi delle Sim ma la misura adottata non ha impedito l’analisi del contenuto da parte dei carabinieri, evidenziando una messaggistica tipica degli spacciatori. Le molteplici operazioni contro l’ex «boschetto della droga» hanno sì disarticolato il sistema criminale ma spesso spostandolo e frazionandolo. Dapprima in guerra per un perimetro vasto però circoscritto, adesso le bande, in misura esclusiva nordafricane, si sono sparse nei campi fuori città mantenendo l’abituale modus operandi: una mappa di punti dislocati anche lontano, in zone impervie, per le postazioni di sentinella e il nascondiglio delle dosi, eroina di infima fattura. Il campo di granturco potrebbe perciò essere una delle tane. Eppure, la composizione di uno scenario quasi definitivo sul tema, nell’inchiesta, della droga, non coincide con Hanan, a differenza di Sara la quale alternava periodi di disintossicazione ad altri di ricadute, come nell’ultimo mese: aveva compiuto una rapina per arraffare delle banconote, non le bastavano i soldi donati dalle amiche che la ospitavano e che lei ricambiava offrendosi come baby-sitter, anche per contenere il dolore di una madre allontanata dal figlio che forse non avrebbe mai più rivisto.

Tracce

La scena del crimine ospitava cinque bottiglie di birra, zampironi, scatole di cibo, coperte. Una coperta copriva una delle donne, rannicchiata come se stesse dormendo. Forse dormivano tutti e non si sarebbero accorti dell’avvicinamento del mezzo agricolo, sul quale elementi provano gli urti con il corpo oppure i corpi. Quando verranno presi, gli uomini potrebbero affermare la loro distanza rispetto a quello spiazzo, che andrebbe invece confermata oltre alla presenza dei cellulari (la Rilievi ha esplorato il terreno alla ricerca di tracce biologiche per l’associazione con il Dna). Allo stesso modo, se posti di fronte a dati oggettivi, potrebbero riferire d’essersene andati per il terrore di finire a loro volta investiti o avvelenati: ma certo le versioni mai potranno evitare l’accusa di omissione di soccorso o altro ancora poiché, tra i misteri, uno comanda gli altri: quali fossero le reali intenzioni del viaggio nel buio, tra i topi, con Sara e Hanan, la quale aveva rinunciato alla comodità di un letto nell’appartamento di un’amica per avventurarsi in lande di miseria e di violenza, trascinata da Sara forse desiderosa di droga e però priva dei soldi per pagare. A meno che qual viaggio non sia stato una scelta ma costrizione. «Una trappola», hanno sentenziato le amiche.

Sorgente: Sara El Jafaari e Hanan Nekhla, le ragazze morte in un campo nel milanese: «Lasciate agonizzanti»

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