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Il presidente della commissione Ecomafie interviene dopo l’inchiesta dell’Espresso sugli sversamenti da fogne in diversi tratti di costa e nei laghi: “La politica ha preferito non chiedere soldi ai cittadini per la depurazione, tanto alla fine tutto si getta sempre in acqua”

Scarichi abusivi, depuratori che lasciano andare acque reflue non trattate. Interi pezzi di costa non balneabili o di strano colore a causa di tonnellate di liquami da fogna. La commissione parlamentare Ecomafie in questi tre anni ha ascoltato decine di ambientalisti, procuratori, inquirenti sul tema della mancata depurazione e il quadro che ne è venuto fuori, raccontato dall’Espresso in una ampia inchiesta, è sconfortate. Anche in zone che del turismo e dell’ambiente fanno la loro forza, come Sicilia, Campania o Calabria.  Il presidente della commissione, Stefano Vignaroli, lancia l’allarme: «Ci troviamo davanti un quadro sconfortante, molti per anni non hanno affrontato questa tema cruciale. La politica spesso ha preferito non chiedere soldi ai cittadini per la depurazione, tanto alla fine tutto si getta sempre in mare»».

Presidente, in quasi tre anni di audizioni emerge un quadro allarmante in molte parti del Paese su versamenti in mare di liquami. Quali sono le situazioni peggiori? Che dati avete raccolto?

«Quello della depurazione delle acque è un tema molto importante per il Paese e che nessuno ha affrontato in maniera approfondita. Tranne il Trentino, ogni regione ha delle irregolarità. Come commissione ci siamo concentrati sulla Sicilia, ma anche Calabria e Campania sono in condizioni critiche. E ci sono anche zone del Nord che hanno problemi. Ma la situazione peggiore è sicuramente quella della Sicilia, dove il valore aggiunto del mare è importante anche per l’economia, non solo per l’ambiente».

La Sicilia è un caso limite e state dedicando molte audizioni a questa regione. Cosa sta emergendo secondo lei di davvero grave?

«La cosa che ci ha colpito di più è quella di aver trovato impianti fittizi che non funzionavano, come quello di Balestrate in provincia di Palermo. Lì ci sono stati sversamenti in mare, come confermato anche dai procuratori di Palermo in audizione. Ma il vero problema è quello dei controlli che non si fanno. L’Arpa non ha personale, in tutta Italia e in Sicilia in particolare. E questo è un problema molto grave che va risolto in qualche modo, facendo concorsi e selezionando personale qualificato».

La commissione si è occupata anche della Calabria. Lì cosa avete trovato?

«In Calabria mi ha colpito che molti impianti di depurazione siano sommersi dalla vegetazione e irraggiungibili. Qui parliamo di totale abbandono da decenni, significa che non si depura. E anche qui parliamo del mare della Calabria, una risorsa fondamentale per la regione».

 

Secondo lei cosa si può fare per porre rimedio a questo stato dell’arte? Dopo anni e anni di commissariamenti, perché le opere non vengono realizzate?

«Non si è fatto nulla perché forse conveniva risparmiare: perché investire o chiedere ai cittadini il costo della depurazione se posso buttare tutto a mare? Forse è questo il vero motivo, profondo, dell’immobilismo in questo settore».

Questi ritardi costano all’Italia 165 mila al giorno, a causa delle procedure di infrazione. Una cifra che potrebbe salire ancora perché altre procedure sulla stessa materia sono state avviate da Bruxelles. Da anni sono stanziati miliardi per la depurazione ma non si riesce a realizzare questi impianti.

«Adesso i soldi ci sono e c’è la volontà politica di mettere fine a questa partita chiudendo le procedure di infrazione, che sono già quattro. La prima con due sentenze ci è costata 25 milioni al momento della condanna, più la multa giornaliera. Altre due sono arrivate a sentenza di condanna, la quarta a breve arriverà. Non possiamo più fare finta di niente, ma quello che mi preoccupa è che i casi attenzionati dall’Ue non sono tutti quelli che non vanno. Abbiamo verificato il malfunzionamento di depuratori che non erano in alcuna procedura di infrazione. Ci sono decine di siti che non funzionano ed è un fatto gravissimo. In Sicilia otto Comuni su dieci sono in procedura di infrazione e c’è un abusivismo diffuso. Il 40 per cento dei siciliani non è servito da depurazione, e dei depuratori 463 quasi il 17 per cento è inattivo, mentre meno del 20 per cento opera con autorizzazione allo scarico in corso di validità».

 

Anche al Nord ci sono casi di mancata depurazione delle acque?

«Il tema è certamente nazionale. E’ tutta l’Italia in procedura di infrazione. La Lombardia ha diverse procedure di infrazione e sulle cronache è arrivato anche il caso di sversamenti sul Lago di Garda, come avete raccontato anche sull’Espresso. Occorre che ci sia però una forte presa di coscienza della situazione drammatica di certe parti d’Italia non solo da parte della politica ma anche da parte della società civile, che protesta poco di fronte al proprio mare inquinato».

Sorgente: Liquami in mare e depuratori funzionanti solo sulla carta. Vignaroli: “In Italia un quadro sconfortante” – L’Espresso

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