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I governatori chiedono più forniture di Pfizer e Moderna. Toti (Liguria) e Zaia (Veneto) attaccano Roma: «Fatta troppa confusione»

di Adriana Lagroscino

La situazione è delicata, lo sbigottimento dei cittadini palpabile. Nonostante l’Ema ribadisca che «il bilancio rischi-benefici di AstraZeneca» resti «positivo e il vaccino autorizzato per tutte le fasce d’età», serpeggia la tentazione di rinunciare al richiamo. Soprattutto tra quanti, avendo meno di sessant’anni e avendo ricevuto come prima dose il siero di AstraZeneca, dovrebbero riceverne una di Pfizer o Moderna come seconda: la vaccinazione eterologa ieri formalmente approvata dall’Agenzia italiana del farmaco. Un rischio, quello della sfiducia, da evitare a ogni costo. I governatori, in attesa di un confronto già fissato per giovedì, provano a tenersi allineati. Ma — a parte la clamorosa disobbedienza annunciata da Vincenzo De Luca (che in Campania somministrerà comunque AstraZeneca per i richiami) — i distinguo non mancano. E il rischio è il caos.

Il Piemonte ci crede

«Rispetteremo le indicazioni del ministero perché non esistono piani vaccinali regionali, ma solo un piano nazionale», dicono Attilio Fontana, da Milano, e Nicola Zingaretti, da Roma. Ma tutte le Regioni avvertono che per onorare la previsione del commissario Figliuolo (80% di vaccinati a fine settembre) serviranno più dosi di Pfizer e Moderna. Figliuolo si mostra fiducioso: «Recupereremo tra luglio e agosto il rallentamento di giugno». Ma sprona: «Bisogna avere comportamenti responsabili. Il contagio, soprattutto con le varianti, può ripartire finché non saremo tutti immuni. Dobbiamo vaccinare i più giovani che muovendosi di più possono riaccendere il fuoco che cova sotto la cenere». Ci crede il Piemonte, dove in un’ora sono andate esaurite le prenotazioni degli open day riservati ai giovani. Fa la sua parte la Sardegna, che conferma gli appuntamenti fissati e avvia subito i richiami con Pfizer o Moderna. Anche la Lombardia ha già una data per le prime somministrazioni eterologhe: giovedì 17 giugno.

I limiti posti a Janssen

L’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, invece chiede al governo un parziale ripensamento: «Fare il richiamo con AstraZeneca anche sotto i 60, deve essere permesso se c’è consenso informato e assistito». Michele Emiliano comunica che in Puglia applicherà questa facoltà di scelta. I presidenti di Liguria, Toti, e Veneto, Zaia, pur fiduciosi sui tempi della campagna, pungono il governo. «Imbarazzante quel che è accaduto in questi mesi. E noi in mezzo a parare le pallonate», dice Zaia, che, come già i presidenti di Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio e Puglia, «vieta» il vaccino Janssen a chi ha meno di 60 anni. Tuttavia la critica alla scelta autonomista di De Luca è corale e la fedeltà alla linea nazionale più o meno assicurata. «Finora 4 cittadini hanno rifiutato il richiamo eterologo — dice Zaia —: annotiamo, ma in Veneto si fa ciò che stabilisce l’ente regolatore». Più che a De Luca, replica a Matteo Salvini — che aveva parlato di diciottenni «cavie» — il ministro della Salute, Speranza: «La parola cavia è una piccola strumentalizzazione politica non degna del dibattito di un grande Paese». Intanto il certificato Covid digitale europeo è una realtà. I vertici della Ue hanno firmato ieri il regolamento. Ne avrà diritto ogni cittadino europeo vaccinato o guarito dal Covid o che si sia sottoposto a un tampone risultato negativo. Il decreto che lo norma in Italia va in Consiglio dei ministri giovedì.

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