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Il ruolo delle informazioni e della trasparenza della Pa affidata all’esterno. La necessità di fare subito assunzioni per sostenere la burocrazia. Parla Fabrizio Barca

di Antonio Fraschilla

«L’amministrazione pubblica è il Calimero della storia italiana, nessuno ha voluto davvero investirci. E oggi il ruolo delle consulenze esterne è diventato molto grande e improprio proprio per la debolezza della Pa. Con il rischio che non sia la pubblica amministrazione a giovarsi dell’aiuto di esperti, ma siano questi ultimi, e le loro grandi aziende, a giovarsi di informazioni di prima mano». Fabrizio Barca, coordinatore del Forum Disuguaglianze diversità, a lungo pubblico amministratore, non ha dubbi: oggi la Pa deve tornare ad assumere i migliori talenti in circolazione e allora, quando necessario, userà bene le consulenze.

 

Come si è arrivati a questo punto? Perché oggi i privati hanno questo ruolo così importante in ministeri, Regioni e Comuni?
«Guardi, in Italia non si è mai davvero investito sulla pubblica amministrazione. Nel Dopoguerra si è puntato sui grandi enti pubblici come Iri, Eni e Cassa del Mezzogiorno senza risanare la Pa deteriorata dal fascismo. Poi negli anni Ottanta è arrivata la ventata neoliberista con quell’atteggiamento negativo sulla pubblica amministrazione che in Italia si è tradotto in blocco delle assunzioni e trascuratezza. Non c’è nulla di male se l’amministrazione pubblica si avvale di consulenti esterni per integrare le sue competenze. Ma la pubblica amministrazione deve essere forte».

Oggi però la consulenza sembra avere un altro ruolo, con conflitti di interesse enormi tra pubblico e privato.
«Penso sia un grave errore se impropriamente, per via della debolezza dell’amministrazione, affidiamo ai consulenti esterni compiti strategici come scrivere i bandi e fissarne i criteri. Un compito, questo, che dovrebbe svolgere l’amministrazione confrontandosi con la cittadinanza attiva e le parti sociali. Trasferendo questa funzione al consulente ottengo due risultati disastrosi: non acquisisco saperi, e sto dando informazioni chiave alla società di consulenza».
Quando avete rimesso in piedi l’ossatura della burocrazia del ministero dell’Economia nel ’98 come avete fatto?
«In quegli anni con Carlo Azeglio Ciampi, nell’ex ministero Bilancio, abbiamo completato il lavoro avviato dal direttore generale Gabriella Palocci, che aveva ricondotto le consulenze al loro ruolo sussidiario. Abbiamo lanciato un appello sui giornali nazionali e internazionali per selezionare anche intelligenze che erano andate all’estero. Poi abbiamo rimotivato il personale interno e avviato, quando possibile, un reclutamento ordinario attraverso concorsi pubblici. È ciò che spero adesso l’Italia farà in modo massiccio».
Ma i concorsi sono ancora utili per selezionare il personale?
«Come ForumDd, insieme a Forum Pa e Movimenta stiamo lavorando ad un vademecum di buone pratiche. Come ad esempio sostituire la prova scritta con una lettera di motivazione. E poi non basta una buona assunzione: fondamentale è l’inserimento delle persone assunte. Il loro accompagnamento deve essere affidato ai dipendenti con più esperienza. E poi occorre valutare le competenze organizzative: se il candidato è in grado di affrontare uno scontro o un dialogo sociale, se è empatico, se può avere un ruolo di leadership. E ancora, non mi serve “un geologo”, mi serve “un geologo a Milano, a Napoli o in una città piccola”, per una data funzione. Ho bisogno di definire prima il piano dei fabbisogni nei singoli enti».
Per cambiare l’amministrazione occorrono anche risorse, secondo lei ci sono?
«Adesso i fondi ci sono. Vanno usati bene. Il problema sinora è nato dalla politica: Giuseppe De Rita osservava recentemente che la responsabilità ultima di questo stato di cose non è della pubblica amministrazione, ma della politica che ha rinunciato a costruire cultura. E senza cultura non ci sono domande e impulsi per l’amministrazione. Questo non è avvenuto nelle altre parti dal mondo, è un fenomeno tutto italiano».

Sorgente: Pubblica amministrazione debole e consulenti esterni: “A guadagnarci sono solo le aziende del settore” – L’Espresso

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