Era appena tornato dal Sud America. Le indagini dei carabinieri lo accusano di aver preso il posto di Settimo Mineo al vertice del mandamento di Pagliarelli. Fermate altre quattro persone
di Salvo Palazzolo
Cosa nostra puntava su un giovane boss per rilanciare i grandi affari internazionali: Giuseppe Calvaruso, 44 anni, viaggiava parecchio da quando era stato scarcerato, nel 2016. I carabinieri del nucleo investigativo di Palermo l’hanno fermato ieri, alle 14.30, all’aeroporto Falcone Borsellino, di ritorno da un soggiorno in Brasile che durava ormai da un anno. Con lui sono state arrestate altre quattro persone, sono mafiosi del clan di Pagliarelli, che Calvaruso continuava a guidare anche dall’estero. Pagliarelli è un’ampia zona nella parte sud-orientale di Palermo che da qualche tempo è ormai il laboratorio della riorganizzazione di Cosa nostra: era di Pagliarelli l’anziano boss Settimo Mineo, che stava ricostituendo la Cupola nel 2018; a Pagliarelli, i mafiosi continuano a nascondere un gran tesoro, che hanno necessità di investire in attività lecite.
Le indagini del comando provinciale dell’Arma coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma raccontano di un grande attivismo dell’ultimo boss manager di Cosa nostra. Calvaruso, un tempo braccio destro del latitante Gianni Nicchi, si era subito trasferito in Emilia Romagna dopo la scarcerazione, ufficialmente lavorava come collaboratore di un’azienda edile di Rimini. Presto, però, si era lanciato nel settore immobiliare, con ottimi risultati. I soldi non gli mancavano. Erano i giorni in cui condivideva una grande amicizia con un altro scarcerato eccellente: Antonino Spadaro, il figlio di don Masino, il vecchio padrino della Kalsa considerato il “re” del contrabbando. Anche Spadaro junior viaggiava spesso fra la Sicilia e il Brasile.
Due anni fa, Calvaruso era riuscito a entrare in contatto con un imprenditore di Singapore. Gli aveva proposto una serie di operazioni immobiliari in Sicilia: soprattutto, l’acquisto di alcuni palazzi nel centro storico di Palermo, qualche affare era stato concluso, Calvaruso puntava alla ristrutturazione degli immobili. Ma alcuni articoli sul conto del boss manager, finirono per insospettire gli investitori. Dice il generale Arturo Guarino, il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo: “Il livello di Calvaruso è quello di un mafioso che coniugava una grande capacità di controllo del territorio con una mentalità imprenditoriale, capace di spaziare in una dimensione internazionale”
Le intercettazioni dei carabinieri di Palermo svelano che Calvaruso era diventato il reggente del mandamento di Pagliarelli dopo l’arresto di Mineo, avvenuto alla fine del 2018. Suo fidato vice era Giovanni Caruso, ieri arrestato pure lui, assieme a Silvestre Maniscalco, Francesco Paolo Bagnasco e Giovanni Spanò. Il clan esercitava un controllo ferreo sul territorio: gli autori di alcune rapine non autorizzate vennero violentemente pestati, i boss intervennero anche per recuperare un’auto rubata. Spesso, non c’era neanche bisogno di imporsi, le intercettazioni hanno sorpreso alcuni commercianti a chiedere l’autorizzazione al clan per aprire una nuova attività.
Pure il pestaggio nei confronti dei rapinatori non autorizzati scattò su richiesta: il titolare di una rivendita di detersivi, preso di mira due volte in cinque giorni, preferì rivolgersi a Cosa nostra piuttosto che alla polizia per avere giustizia. Chiamò Caruso, gli affidò i video delle rapine, e il boss avviò subito l’indagine. Portata a termine, appunto, con il pestaggio dell’autore, picchiato alla presenza di Calvaruso.
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