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La scrittrice grande amica dell’intellettuale ucciso 46 anni fa: «Chi fu condannato per il delitto ha ritrattato prima di morire, non poteva averlo ammazzato da solo in quel modo»

PALERMO. «L’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini va riaperta». A chiederlo è Dacia Maraini, scrittrice e grande amica dell’intellettuale trovato senza vita la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975 sul litorale di Ostia. Intervistata nell’ambito de «La Via dei Librai», il Festival del libro di Palermo, dice: «Oggi a disposizione delle indagini ci sono strumenti tecnologici avanzati rispetto a 50 anni fa: si potrebbero ingrandire segni anche molto piccoli, o macchie di sangue non viste. Perché certamente non è stato Pelosi a uccidere Pier Paolo, ma un gruppo di persone, e questo sembra certo». La Maraini sostiene che «evidentemente fa comodo che la morte di Pasolini rimanga un enigma, un enigma storico». Ma – ricorda – «mancano alcune prove» rispetto a quanto concluso dall’inchiesta: «Se si fosse fatta all’epoca una vera indagine approfondita probabilmente sarebbe venuto fuori dell’altro». Gli inquirenti, invece, «si sono fermati là perché Pino Pelosi si addossò tutta la colpa, e quando in un processo si dice che c’è un colpevole che si autoaccusa non si va oltre».

Il corpo di Pier Paolo Pasolini fu trovato la mattina del 2 novembre di 46 anni fa da una donna che vide un uomo completamente sfigurato e maciullato nel volto e nel corpo, disteso poco lontano da una baracca. Solo dopo l’arrivo della polizia venne accertato che quel corpo martoriato apparteneva a Pier Paolo Pasolini, uno dei più importanti intellettuali italiani. Ad essere accusato, in prima istanza, fu un ragazzo di appena 17 anni, Pino Pelosi. Il giovane confessò di aver ucciso Pasolini perché, raccontò, lo scrittore sarebbe stato intenzionato a praticare un rapporto sessuale non consensuale.

 

 

 

«Trent’anni dopo l’omicidio – dice ancora Dacia Maraini –  Pelosi ritrattò tutto e accusò altre persone. Noi lo pensavamo, lo abbiamo sempre pensato, perché non era possibile che fosse stata una sola persona a ridurlo in quel modo. Ma poi Pelosi è morto e non si è più saputo altro. Io chiesi, insieme con Walter Veltroni, di riaprire l’inchiesta, ma non è stato fatto. Ma ora chiedo ancora una volta che si faccia luce su questo che rischia di restare uno di quei misteri italiani che non si riesce a chiarire». E racconta: «Pasolini non è stato ucciso con un colpo di pistola, ma a colpi di legno sulla testa, eppure Pelosi, quando fu arrestato, non aveva una sola goccia di sangue addosso. E nemmeno segni di una battaglia, di un corpo a corpo, che evidentemente c’era stato».

 

Secondo la scrittrice, «si può immaginare che Pelosi si sia preso la colpa da solo perché era ancora minorenne e si voleva coprire qualcun altro. Qualcuno dice che c’era di mezzo il padre, altri dicono che era una cosa politica, altri ancora che era successo per via di quel processo per la questione del petrolio, del rapporto con l’Africa…».

 

 

La ricostruzione di Pino Pelosi fu lacunosa fin dai primi istanti. Avrebbe prima ferito Pasolini per legittima difesa con una mazza ritrovata nell’auto, per poi investirlo fino a ucciderlo. In primo grado fu condannato per omicidio volontario in concorso con ignoti. Ma non si è mai saputo che fossero gli «ignoti». Poi, nel 2005, il colpo di scena. Pelosi ritrattò a trent’anni dalla morte di Pasolini. E disse che quella sera non era da solo. Cosa già nota dalla sentenza. Ma la novità era che con il giovane Pelosi non ci fosse una banda di ragazzini, ma uomini «dall’accento siciliano» non ben identificati, a bordo di un’auto targata Catania. Ma le sue dichiarazioni sono state ritenute fallaci. Nel 2017 Pelosi è morto nel luglio del 2017 per un tumore ad appena 59 anni. E il mistero rimane.

Sorgente: Dacia Maraini: “Riaprite l’inchiesta sulla morte di Pasolini, a qualcuno fa comodo resti un enigma” – La Stampa

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