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Pubblicata dalle figlie del leader radicale nero una nuova prova. L’inchiesta è stata riaperta un anno fa dal procuratore di Manhattan, Cy Vance

di Viviana Mazza

Ilyasah Shabazz, figlia 58enne di Malcolm X, ha ricordi frammentari della vita del leader afroamericano. Aveva due anni quando lo uccisero davanti ai suoi occhi, con 16 colpi di pistola, il 21 febbraio 1965 durante un comizio all’Audubon Ballroom di Harlem. Ilaysah continuò a sperare che il padre tornasse a casa: guardava fuori dalla finestra ogni volta che sentiva un’auto passare.Nel giorno del 56° anniversario, lei e due sorelle sono tornate nel luogo dove il padre fu assassinato per rendere pubblica una lettera, scritta lo scorso 25 gennaio sul letto di morte da un agente di polizia che accusa l’Fbi e il New York Police Department (NYPD) di essere dietro l’uccisione di Malcolm X. Raymond Wood rivela di avere avuto all’epoca il compito di «infiltrare le organizzazioni per i diritti civili» al fine di trovare prove di crimini, screditarle e farne arrestare i leader dall’Fbi.

Le indagini del procuratore Vance

Rimpiangendo di aver «partecipato ad azioni deplorevoli e dannose per l’avanzamento dei neri» (come lui), Wood spiega di aver ricevuto pressioni dai suoi capi del NYPD affinché spingesse due membri della sicurezza di Malcolm X a commettere dei reati pochi giorni prima di quel 21 febbraio. Reati che avrebbero allontanato i due dalla gestione della sicurezza, facilitando la realizzazione del complotto della polizia e dell’Fbi per ucciderlo. Per l’omicidio furono condannati tre membri del Nation of Islam, gruppo di cui Malcolm X aveva fatto parte ma dal quale si era allontanato: Talmadge Hayer, Norman Butler e Thomas Johnson. Gli ultimi due, arrestati una settimana dopo, si sono dichiarati sempre innocenti e diversi storici sospettano che lo fossero. L’anno scorso l’ufficio del procuratore di Manhattan Cy Vance ha riaperto le indagini sul caso, dopo l’uscita del documentario Who Killed Malcolm X? su Netflix.

Chi era Malcolm X

Malcolm Little era nato a Omaha, in Nebraska, in una famiglia povera politicamente attiva: aveva 6 anni quando suo padre finì sotto un tram, un incidente dietro il quale secondo alcuni storici c’era il Ku Klux Klan. Si trasferì a Boston dalla zia, lasciò la scuola e fu risucchiato nel ghetto, tra truffe e droghe. Finì in carcere per un furto appena ventenne. Fu allora che si convertì alla Nation of Islam e, una volta rilasciato, diventò uno dei portavoce più importanti della setta di Elijah Muhammad. Un Islam sui generis, secondo cui i bianchi erano demoni, geneticamente plasmati da un malvagio scienziato chiamato Yacub, mentre i neri americani appartenevano all’antica tribù asiatica degli Shabazz ridotta in schiavitù. La Nation of Islam chiedeva ai convertiti di ripudiare il cognome «da schiavi» sostituendolo con una X; predicava la separazione tra bianchi e neri; vietava di partecipare al processo politico.

L’allontanamento dalla Nation of Islam

Dopo aver reclutato migliaia di membri ed essere arrivato quasi all’apice dell’organizzazione, Malcolm X se ne allontanò nel 1964, compiendo il pellegrinaggio alla Mecca e abbracciando l’Islam sunnita, guidato anche dal desiderio di fare attività politica e di lavorare con le organizzazioni dei diritti civili. Malcolm X diventò El-Hajj Malik El-Shabazz. Allo stesso tempo resta tuttora uno dei personaggi più controversi della storia americana. Nessuna figura del nostro tempo ha suscitato la paura e l’odio dell’uomo bianco quanto lui, per la sua rabbia, la sua denuncia della supremazia bianca, il suo appello a cercare la libertà «ad ogni costo», il famoso discorso sulla «scheda elettorale o il fucile» o frasi come «l’estremismo nella difesa della libertà non è un vizio» (1964).

Malcolm X e il reverendo King

Malcolm X è spesso contrapposto a Martin Luther King, che predicava l’integrazione e la nonviolenza. Nel film Selma di Ava Duvernay, vediamo il presidente Lyndon Johnson e il capo dell’Fbi J. Edgar Hoover definire King come un male minore rispetto a Malcolm X (entrambi comunque venivano sorvegliati; il 6 giugno 1964 Hoover mandò un telegramma all’ufficio dell’Fbi di New York: «Occupatevi di Malcolm X»). In quel film c’è anche una scena in cui Malcolm incontra la moglie di King e le spiega che lui intende sostenere una posizione più estremista in modo da spingere i bianchi ad allearsi con il reverendo. Entrambi furono assassinati all’età di 39 anni.

Sorgente: Chi uccise Malcolm X? L’ultima lettera di un infiltrato pentito della polizia riapre dopo 56 anni il caso

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