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Nicola Zingaretti e Dario Franceschini

Governo in crisi. La svolta di Franceschini. Ma Zingaretti è prudente: «Se mancano i numeri urne a giugno»

Andrea Garugati

Tocca al capodelegazione Dario Franceschini, nel pieno del gabinetto di guerra del Pd, tirare fuori dal cilindro il coniglio che potrebbe risolvere la crisi: il Sì ai responsabili per far andare avanti Conte. Fino a ieri i dem, probabilmente per non dare alibi a Renzi, avevano sempre fatto muro contro l’ipotesi di andare a cercare in Senato una «maggioranza raccogliticcia».

E invece è arrivata l’inversione a U: «Siamo in un sistema parlamentare in cui le maggioranze di governo si cercano in Parlamento, apertamente, alla luce del sole e senza vergognarsene. E così sarà anche questa volta», dice Franceschini. « Nel passato il termine “responsabili” indicava una negatività, ma non siamo più in un sistema bipolare con due poli e due candidati premier in cui il cambio di schieramento veniva giustamente classificato come ribaltone».

PAROLE CHIARE CHE FANNO capire come il lavoro di scouting sia piuttosto avanti, con un contributo dello stesso ministro della Cultura, che avrebbe lavorato ai fianchi alcuni peones di Italia Viva convincendoli a non seguire Renzi. Goffredo Bettini concorda: «Conte si presenterà in Parlamento con un discorso limpido rivolto agli italiani e penso che lì si possa palesare una maggioranza che lo sostiene». Chi arriverà? «I liberali ed europeisti che considerano le urne una sciagura».

Con Renzi il Pd non vuole avere più nulla a che fare. Lo dice Zingaretti nella sua relazione: «C’è un dato che non può essere cancellato dalle nostre analisi. Ed è l’inaffidabilità politica di Italia Viva. Che è un dato presente e che mina la stabilità in qualsiasi scenario si possa immaginare un coinvolgimento e una nuova possibile ripartenza». Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è ancora più netto: «Prendiamo atto della totale irresponsabilità e inaffidabilità di Italia Viva».

L’ALTRO PALETTO, collegato al primo, è il no a governi di larghe intese con dentro i sovranisti, ipotesi a cui Renzi lavora da tempo e che è una delle ragioni per cui ha innescato la crisi. Il Pd si chiama fuori: «Dobbiamo ribadire che per noi è impensabile qualsiasi collaborazione di governo con la destra italiana, sovranista e nazionalista», dice Zingaretti. «Non ci possiamo permettere di governare con chi si è identificato con Trump ed ha costantemente manifestato un sentimento antieuropeo». Il ministro per il mezzogiorno Giuseppe Provenzano precisa: «Renzi è disposto a mescolare i voti con la destra peggiore della repubblica, noi no».

La linea dei dem per i prossimi giorni sembra dunque definita. Nonostante restino i dubbi sulla praticabilità dell’operazione responsabili (al Nazareno dicono che «ci sta lavorando Conte» e in mattinata erano emersi fortissimi dubbi del Pd sui reali numeri dell’aula) questo passaggio deve essere consumato fino in fondo. Per lealtà al premier avvocato ma anche perché Zingaretti e i suoi ritengono giusto provare ad andare con questo governo che «ha lavorato bene».

PERSINO IL CAPOGRUPPO in Senato Andrea Marcucci, il più ostile di tutti ai responsabili, alla fine si adegua: «Noi riteniamo che l’azione del governo debba proseguire, dopodiché i voti si cercano in Parlamento. Mi auguro anche che ci possano essere dei ripensamenti, comunque credo sia necessario raccogliere tutti i consensi che è possibile ottenere. Chiamiamole forze politiche responsabili, costruttori, credo che l’Italia abbia bisogno di un governo».

Se la conta in Senato dovesse andare male per Conte, i dem vedono un governo elettorale sotto la regia del presidente Mattarella che conduca alle elezioni a giugno. Per ora altre opzioni non ci sono.

CHE LE URNE RESTINO una reale possibilità al Nazareno lo confermano molti indizi. Zingaretti negli ultimi giorni le ha sempre definite «un errore», ma a più riprese ha avvertito che «alle elezioni si rischia di rotolare se la crisi impazzisce».

E del resto che il segretario Pd non tema le urne è cosa nota, e Goffredo Bettini e Dario Franceschini nelle scorse settimane hanno disegnato il perimetro di una alleanza tra Pd, M5S, Leu e una possibile Lista Conte, con un ruolo di leader per il premier in campagna elettorale. Nei gruppi parlamentari però l’ipotesi di andare a casa è vissuta malissimo. Se dunque l’operazione responsabili dovesse fallire, per Zingaretti sarebbe un problema tenere i suoi parlamentari lontani dalle sirene renziane di un governissimo.

Sorgente: ilmanifesto.it

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