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Luca Kocci

Papa Wojtyła e papa Ratzinger sapevano che l’ex vescovo statunitense Theodore McCarrick era accusato di comportamenti sessuali spericolati e di pedofilia. Eppure lo hanno promosso (arcivescovo di Washington e cardinale) e lo hanno confermato nei suoi incarichi, suggerendogli solo (Ratzinger) di non farsi vedere troppo in giro.
È quanto emerge con evidenza dal Rapporto sull’ex cardinale McCarrick, curato dalla Segreteria di Stato vaticana e diffuso ieri dalla sala stampa della Santa sede.

La pubblicazione del Rapporto evidenzia anche un secondo dato: la Chiesa di Francesco, pur provando a giustificare i suoi predecessori (le accuse non erano certe, si sono fidati delle smentite di McCarrick), non tace le responsabilità dei precedenti pontefici e dei loro cerchi magici, infrangendo quel galateo dell’insindacabilità sull’operato dei papi che è regola ferrea dentro i Sacri palazzi.

«Tutte le procedure, compresa quella della nomina dei vescovi, dipendono dall’impegno e dall’onestà delle persone interessate. Nessuna, anche la più perfezionata, è esente da errori, perché coinvolge le coscienze e le decisioni di uomini e di donne», ammette il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin (ma non si capisce cosa c’entrino le donne nei processi decisionali, da cui sono rigidamente escluse). Il Rapporto, prosegue, contribuirà a «rendere tutti coloro che sono coinvolti in tali scelte più consapevoli del peso delle proprie decisioni o delle omissioni».

La ricostruzione della vicenda McCarrick comincia quando, nell’estate 2018, l’ex nunzio negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, chiede le dimissioni di papa Francesco per non aver rimosso il cardinale statunitense, colpevole di abusi su seminaristi e minori. Parte allora un lavoro di ricerca negli archivi vaticani e Usa e di intervista a oltre novanta testimoni che produce il Rapporto di 461 pagine pubblicato ieri.
Emergono le gravi responsabilità di Wojtyla, che nel 2000 decide «personalmente» di nominare McCarrick arcivescovo di Washington e l’anno successivo lo crea cardinale. Eppure, si legge nel Rapporto, in Vaticano le accuse al vescovo erano note: un prete aveva denunciato «l’attività sessuale di McCarrick con un altro sacerdote» e gli approcci che aveva tentato con lui stesso; diverse lettere anonime «accusavano McCarrick di pedofilia»; «si sapeva che McCarrick avesse condiviso il letto con giovani uomini» e «con seminaristi adulti».

Sarebbe «imprudente» promuovere McCarrick a Washington, suggeriscono alcuni. Ma Wojtyla tira dritto: considera il prete accusatore «inaffidabile» (perché a sua volta incolpato di abusi su minori) e ritiene le lettere anonime dei «pettegolezzi». Si fida di McCarrick, che ammette di aver condiviso il letto con diversi seminaristi ma «di non essersi mai coinvolto in una condotta sessuale» e scrive al segretario del papa, monsignor Dziwisz, giurando di non aver «mai avuto rapporti sessuali con alcuna persona» né di averne «abusato».

Ratzinger è meno sicuro di Wojtyla, ma McCarrick (che nel 2006, a 76 anni, va in pensione) non viene toccato. Viganò suggerisce di istruire un processo canonico, ma Ratzinger ignora la proposta. Si limita a invitare McCarrick a «mantenere un basso profilo e ridurre al minimo i viaggi», senza però un provvedimento formale.

Papa Francesco inizialmente si affida alla linea seguita dai suoi predecessori. Ma quando, nel 2017, le accuse di abusi ai danni di minori (fin dagli anni ’70) si fanno più circostanziate, interviene: apre un processo, nel 2018 gli toglie la berretta cardinalizia e nel 2019 lo dimette dallo stato clericale.

fotografia d’archivio

Sorgente: Preti pedofili, emergono le responsabilità di Wojtyla e Ratzinger | il manifesto

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