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Parafrasando il luogo comune preferito dai populisti, si potrebbe dire che un’assurdità può essere un caso, ma tre assurdità fanno una strategia. E a questo punto la strategia del Partito democratico per arrivare all’abbraccio definitivo con i cinquestelle non potrebbe essere più chiara.

Il silenzio del Partito democratico sul referendum costituzionale, a quattro settimane dal voto, è reso infatti ancora più straniante dall’annuncio di una prossima direzione per decidere la posizione ufficiale «ai primi di settembre» (a questo punto perché non farla direttamente dopo il voto, verrebbe da chiedersi), oltre che dalla scelta di disertare le tribune elettorali in cui i suoi esponenti avrebbero dovuto comparire per difendere le ragioni del Sì. E che dire del caso Roma? Qui Virginia Raggi è già in piena campagna per la rielezione (appuntamento che non dovrebbe cogliere di sorpresa nessuno, trattandosi della naturale scadenza) e il Partito democratico, ripetuto un paio di volte il suo diniego alla richiesta di sostenerla, continua ciò nonostante a tergiversare, come se la questione non lo riguardasse (o se il suo scontato rifiuto dovesse trasformarsi prima o poi in una sorta di silenzio-assenso, magari al secondo turno).

Per non parlare del Mes, intorno al quale a ben vedere va in scena uno spettacolo perfettamente speculare: una richiesta sempre meno ultimativa che minaccia di trasformarsi nella silente accettazione del rifiuto altrui.

Se ne deve concludere che in ciascuno di questi casi, e nei molti altri che si potrebbero analizzare, il silenzio, la confusione, il disorientamento che sembrano regnare nel Partito democratico non corrispondono affatto a un momento di difficoltà o d’imbarazzo, ma a un preciso disegno strategico (va bene, mi sono fatto prendere la mano, diciamo un disegnino).

Sorgente: Il piano del Pd per cogliere l’elettorato di sorpresa – Linkiesta.it

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