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Il capo della polizia della città simbolo della decadenza e dell’impoverimento del Michigan ha marciato nel corteo contro l’uccisione di Floyd: “Non sono un eroe, cambiare si può”

dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI

FLINT (MICHIGAN) – “Quando ho visto la folla, ho sentito la loro frustrazione, e ho capito che noi stavamo solo peggiorando il problema, ho deciso di togliermi l’elmetto, sono andato dal leader della manifestazione, l’ho abbracciato e gli ho chiesto: cosa dobbiamo fare?”. Mentre l’America precipita nella spirale di violenza e caos dopo l’uccisione di George Floyd da parte di un agente bianco, un altro poliziotto è riuscito a fare notizia per la ragione opposta. Si chiama Chris Swanson, è lo sceriffo di contea a Flint nel Michigan. Ha fatto il giro del mondo il video che lo ritrae mentre abbraccia i manifestanti, si mette al loro fianco, sfila in corteo assieme a chi protesta contro i crimini delle forze dell’ordine. Quella scena ha commosso. E ha fatto scuola.

In altre città americane si segnalano episodi simili, uomini in divisa solidarizzano coi manifestanti, s’inginocchiano davanti a loro invece di lanciare gas lacrimogeni. Flint, la città del regista Michael Moore, da decenni è un simbolo di decadenza industriale e impoverimento. Oggi invece un viaggio a Flint accende una speranza. 24 ore dopo lo sceriffo Swanson ricorda cos’ha fatto scattare la sua decisione, perché la rivendica, cosa si deve fare per uscire da questa tragica crisi. Togliersi il casco, dice, andare verso il leader del corteo, abbracciarlo, è stato solo l’inizio. “Quello è servito – racconta il capo della polizia – per spezzare la tensione. Dietro di me c’erano molti agenti, io ho preso la parola e ho detto ai manifestanti: questi sono poliziotti che vi vogliono bene. Noi non perdoniamo quel che è stato fatto a George Floyd. Ma a fare davvero la storia è stata la mia domanda: ora ditemi, cosa possiamo fare per cambiare le cose? Perché non trasformiamo questa giornata in una marcia comune, non uno scontro? È allora che dalla folla hanno cominciato a scandire: sfila insieme a noi! E quando ho detto sì, è cambiato tutto, il clima e lo stato d’animo di quella folla. Sono loro ad aver fatto la storia, quella sera a Flint. Da allora abbiamo avuto altri due giorni di cortei: zero arresti, niente incendi, nessun ferito”. Glorificato da alcuni, attaccato da altri come un demagogo, Swanson è diventato una celebrità nazionale, ricercato dalle tv accorse in questa provincia profonda a scoprire un nuovo eroe americano. Lui non schiva le critiche. “Non voglio fare il macho, e non sono un eroe – dice lo sceriffo – , da un punto di vista tattico ho fatto il peggiore sbaglio della mia vita, nel momento in cui mi sono tolto tutte le protezioni e mi sono immerso nella folla. Ma dovevo mostrarmi vulnerabile, accorciare le distanze, superare le divisioni tra noi”.

Swanson non è un poliziotto all’acqua di rose, non è un’anomalia fatta per piacere a BlackLivesMatter. Bianco, atletico, ha vent’anni di carriera alle spalle inclusi corpi speciali e ruoli duri: dalla squadra anti-narcos alla polizia carceraria. È stato selezionato in occasioni speciali per proteggere due presidenti, George W. Bush e Barack Obama. Altri agenti stanno facendo notizia perché si uniscono ai manifestanti nelle piazze d’America: a Houston, Miami, Kansas City, nel New Jersey. Ma Flint è un luogo speciale, sorprende per chi conosce la sua storia. Il degrado di questa città, che ha visto dimezzarsi gli abitanti dai duecentomila che erano negli anni Sessanta, fu raccontato da Moore nei suoi documentari di maggior successo, “Roger and Me”, “Bowling a Columbine”, “Fahrenheit 9/11”. È una storia tipica del Michigan e del Midwest, da Rust Belt o “cintura della ruggine”. Il boom industriale dall’Ottocento a metà del Novecento creò benessere, una classe operaia ben pagata e difesa dai sindacati, soprattutto nell’industria dell’auto. Poi le delocalizzazioni verso il Sud o il Giappone, il Messico o la Cina, hanno smantellato fabbriche, messo in ginocchio l’economia locale. Più di mille case sono state demolite durante il grande esodo, che ha trasformato alcuni quartieri di Flint in paesaggi-fantasma, come a Detroit. La questione razziale si è inasprita tragicamente.

A Flint gli afroamericani sono maggioranza: 53%. Non te lo aspetti, così lontano dal profondo Sud. Ma questa densità è l’ultima traccia di un’età dell’oro, quando dopo la guerra civile e l’abolizione dello schiavismo gli afroamericani fuggirono da Louisiana, Georgia, Alabama e Texas per venire a lavorare nella grande industria. Lo status operaio era promozione sociale, garanzia di rispettabilità. È questa “aristocrazia operaia” venuta dal Sud ad avere pagato per prima la grande crisi che dagli anni Ottanta ha stremato questa zona. L’ultimo shock, che rese di nuovo Flint tristemente celebre, risale a sei anni fa: lo scandalo dell’acqua. Nel 2014 si scoprì che la rete idrica, abbandonata senza manutenzione, erogava acqua contaminata con il piombo. Durava da anni con terribili conseguenze sulla salute dei bambini. Un forte aumento di malattie cerebrali ha colpito in modo sproporzionato gli afroamericani.

“Lo sceriffo Swanson è una persona perbene – dice Johnie Franklin III, il ventenne che ha guidato le proteste a Flint – e io lo rispetto. ma abbiamo bisogno di un dialogo permanente, perché noi neri smettiamo di essere visti come una minaccia”. Gli risponde il vicesceriffo Deon Smith, afroamericano anche lui: “E noi abbiamo bisogno che i ragazzi come te e come me, con le nostre facce, garantiscano l’ordine in questa comunità”.

Sorgente: Lo sceriffo di Flint sfila con la protesta: “Ora facciamo la Storia” | Rep

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