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Le carceri francesi erano sovraffollate come quelle italiane, ma il coronavirus ha spinto il governo a intervenire prima che le situazione diventasse insostenibile. Grazie a questa politica e a una serie di attenzioni nei confronti dei carcerati Parigi ha evitato rivolte

di Francesco Maselli

Mercoledì mattina il direttore dell’Amministrazione penitenziari francese, Stéphane Bredin, ha annunciato in un’audizione all’Assemblea nazionale che nell’ultimo mese il numero di detenuti è diminuito di 9.923 unità: « L’impatto della crisi sui numeri delle detenzioni è stato molto elevato, la densità di popolazione è ormai vicina al 103%, il tasso di sovrappopolazione è diminuito del 22 % dall’inizio della crisi».

Il sistema penitenziario francese beneficia del rallentamento dell’attività giudiziaria, che diminuisce l’afflusso in carcere dei cosiddetti “nuovi giunti” e delle liberazioni anticipate decise dal governo per evitare che le prigioni diventino dei luoghi ideali per la propagazione del contagio.

In condizioni normali, la Francia contava 72.400 detenuti, con un tasso di occupazione rispetto ai posti disponibili del 119%, numeri che hanno portato a una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo lo scorso gennaio.

La situazione italiana, seppur in miglioramento, continua a essere preoccupante: il 31 marzo il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha reso noto che le carceri italiane ospitano 57.846 detenuti rispetto a una capienza di 50.754. Dall’inizio della crisi l’Italia ha liberato circa 4mila persone, un numero troppo basso rispetto al sovraffollamento cronico di cui soffrono gli istituti penitenziari.

Poco dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria il governo francese ha emanato un’ordinanza per rendere più semplici le scarcerazioni anticipate per chi ha un residuo di pena inferiore a due mesi, per ragioni sanitarie, o per i detenuti che sono in carcere a seguito di una misura cautelare. È stata inoltre inviata una circolare ai tribunali per chiedere di differire le detenzioni per i condannati a pene brevi, e di disporre la carcerazione preventiva soltanto ai casi più gravi.

Lo scorso 25 marzo la ministra della Giustizia, Nicole Belloubet, ha spiegato che le scarcerazioni non si applicano ai «terroristi, ai criminali più pericolosi, e ai condannati per dei fatti di violenza avvenuti in un contesto familiare». Belloubet ha anche chiarito che i 25 detenuti radicalizzati usciti dal carcere in questo periodo non hanno usufruito delle agevolazioni introdotte dal governo, ma hanno semplicemente finito di scontare la loro pena in modo naturale.

All’inizio dell’epidemia in alcune carceri, come in quella di Grasse, c’erano state proteste da parte dei detenuti, privati dei colloqui come in Italia e potenzialmente senza difese di fronte al contagio. Per evitare rivolte vere e proprie l’amministrazione francese ha predisposto una serie di misure: televisione via cavo gratuita, passeggiate fuori dalle celle più frequenti, permesso di utilizzare i cellulari, un sostegno di 40 euro al mese per poter comprare sigarette e generi alimentari.

Le attenzioni, unite alla diminuzione della popolazione carceraria, hanno evitato finora situazioni di tensione e limitato i casi di contagio.

Dal primo marzo circa 70 detenuti e 272 agenti di polizia penitenziaria sono risultati positivi al coronavirus; 900 agenti sono invece in isolamento domiciliare. In teoria, ogni nuovo detenuto deve essere posto in isolamento,  in pratica soltanto 700 persone hanno passato un periodo senza avere contatti con altri detenuti, a fronte di circa 60 nuovi giunti al giorno.

Sorgente: La Francia ha liberato 10mila detenuti (e noi?) – Linkiesta.it

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