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Il progetto prevede due altiforni e un forno elettrico che produca con minerali “preridotti”. Obiettivo 8 milioni di tonnellate e solo mille esuberi. Si tratta con Mittal. Conte:“Ce la faremo“

Marco Patucchi

ROMA – «Continueremo a lavorare per gli obiettivi che ci siamo prefissati con il signor Mittal e sui quali si è impegnato con me personalmente. Ci riusciremo». Il premier Giuseppe Conte, respingendo al mittente il nuovo piano di ArcelorMittal su Ilva, prova a spargere ottimismo della volontà nonostante la brusca sterzata del confronto con la multinazionale. In ballo c’è il futuro della fabbrica che è il cuore d’acciaio dell’industria italiana, e soprattutto di migliaia di famiglie che a Taranto vivono sospese tra il lavoro degli operai e i veleni soffiati dall’Ilva sulla città.

Dopo lo strappo di ArcelorMittal che ha lasciato ferma l’asticella degli esuberi a quota 4.700, scatenando la fortisssima reazione dei sindacati, l’attesa ora è per la contro-proposta annunciata dal ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. Un progetto industriale targato governo, alternativo ad ArcelorMittal, ma anche la risposta tattica all’altrettanto tattica “sparata” iniziale dell’azienda, per scoprire subito tutte le carte e iniziare la partita dell’eventuale accordo.

Il piano di Patuanelli prevede un iniziale, automatico ritorno all’amministrazione straordinaria Ilva (in molti scommettono sull’investitura a commissario unico di Francesco Caio, il consulente dell’esecutivo nella trattativa) e il coinvolgimento di società pubbliche (Invitalia e Snam in primis) nella transizione tecnologica della fabbrica e nella realizzazione, al di fuori dello stabilimento, del “cantiere Taranto” promesso dall’esecutivo.

Il cuore del progetto è, appunto, la riconversione dell’impianto pugliese ad un mix di produzione sostenibile: mantenimento dell’altoforno 4, riattivazione del 5 e sostituzione del 2 (quello sotto i fari della magistratura, ma ormai anche al termine della sua “vita fisiologica”) con un forno elettrico.

Dunque una produzione “ibrida” che garantirebbe, da un lato, un minor impatto ambientale e, dall’altro, di non rinunciare all’acciaio di qualità garantito esclusivamente dal ciclo integrale. In questo senso, nel piano c’è l’utilizzo del “preridotto” (minerale trattato con l’idrogeno) per alimentare il forno elettrico, così da alzare il livello qualitativo anche di quell’acciaio, altrimenti impossibile con il classico impiego del rottame. In più il mix consentirebbe risparmi di costi produttivi e energetici, perché il preridotto è utilizzabile pure nell’altoforno (fino a quasi il 20%), e viceversa la ghisa dell’altoforno in quello elettrico (fino al 25%).

E perché quest’ultimo, a differenza del ciclo integrale, in caso di crisi della domanda di acciaio può essere spento, vendendo magari il preridotto in eccedenza ad altre aziende siderurgiche italiane. Da questa impostazione tecnologica derivano poi i numeri del piano governativo: un obiettivo di circa 8 tonnellate di acciaio annue (2,2 dall’Afo4, 4 dall’Afo5 e fino a 2 dal forno elettrico), e il mantenimento dell’attuale forza lavoro, o un massimo di 1.000 esuberi complessivi fra Taranto (dove resterebbero 7.000-8.000 addetti) e gli altri siti del gruppo dove lavorano complessivamente circa 2.500 persone.

Anche il piano aggiornato di ArcelorMittal gira intorno al mix tra due altiforni e un forno elettrico: ma in questo caso il ciclo integrale sarebbe garantito dall’Afo1 e dall’Afo4, rinunciando definitivamente al 2 e al 5: da questa scelta, e anche da quella di fermare alcuni impianti a valle dei forni, derivano l’obiettivo di 6 milioni di tonnellate annue e una forza lavoro di circa 6.000 unità nel 2023 per un totale, dunque, di 4700 esuberi prevalentemente a Taranto.

A ben vedere, a parte la “drammatica” distanza sui numeri occupazionali (e il governo, ricordiamolo, si è detto disponibile a sostanziosi ammortizzatori sociali), come filosofia produttiva i due piani non si discostano più di tanto. La traccia, forse, di un possibile compromesso. I prossimi giorni diranno se l’ottimismo della volontà di Conte è giustificato o se anche lui dovrà rassegnarsi al pessimismo della ragione.

 

Sorgente: Più lavoro e produzione. Il piano del governo per un’Ilva “ibrida” | Rep

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