Allarme Ue sul fondo salva Stati: se l’Italia non firma rischia l’isolamento | Rep
Costringere gli altri 18 Paesi della zona euro al rinvio può renderci più difficili altri negoziatidal nostro corrispondente ALBERTO D’ARGENIO
BRUXELLES. Vista con gli occhi degli europei, la tentazione del premier Conte di non firmare la riforma del Fondo salva-Stati (Mes) sarebbe un autogol per l’Italia. Dietro le quinte governi e istituzioni sono concordi: “Costringere gli altri 18 leader della zona euro a un rinvio sarebbe una devastante ulteriore perdita di credibilità per il Paese”. Oltretutto a Bruxelles e nelle Cancellerie fanno fatica a capire perché chi guidava il governo fino ad agosto, Salvini e Di Maio, ora abbia cambiato idea su una riforma chiesta proprio dall’Italia (insieme alla Francia).
Nelle trattative sulla riforma della zona euro avviate dopo la grande crisi per rinforzare la moneta comune, la riforma del Mes sarebbe la parte favorevole all’Italia: su richiesta di Olanda e Germania ad aprile è stato approvato il nuovo pacchetto bancario con criteri più stringenti per ridurre i rischi legati agli istituti di credito. La contropartita chiesta da Roma, Parigi, Madrid e Lisbona era la condivisione del rischio con l’introduzione del backstop, un salvadanio europeo per le ristrutturazioni bancarie gestito proprio dal Mes.
Risultato a un passo, se il 13 dicembre i leader dell’eurozona firmeranno il nuovo trattato del Fondo. Che continuerà anche a fare il suo lavoro, ovvero salvare gli stati in crisi sui mercati con mansioni simili a quelle odierne. Olanda e Germania volevano la ristrutturazione automatica del debito per chi chiederà un sostegno finanziario, trappolone sventato dall’Italia. Vengono però regolati alcuni aspetti di una eventuale ristrutturazione. Secondo i detrattori solo parlarne rende più costosi i titoli di un Paese indebitato come l’Italia, aumentandone il rischio default. Il tema è psicologico: è l’interpretazione che alcuni paesi del Nord potrebbero dare alle nuove norme e soprattutto la percezione che ne potrebbero avere gli investitori internazionali.Però per le istituzioni Ue, per gli altri mediterranei, per l’Eurogruppo, per Bankitalia e per il Tesoro non è così: le ristrutturazioni non diventano più probabili. Oltretutto l’imposizione di uno stop alla riforma farebbe perdere peso a Roma nelle altre trattative europee, un vero rischio per il Paese: le istituzioni italiane, infatti, non considerano il nuovo Mes di per sé pericoloso, ma pensano che potrebbe diventarlo se associato a sconfitte su altri dossier. L’Eurogruppo sta negoziando il nuovo bilancio della zona euro e lo Schema di assicurazione dei depositi (Edis), caro all’Italia perché altro strumento di condivisione dei rischi che completerebbe l’Unione bancaria.
Il tedesco Scholz ha dato l’ok alla svolta, chiedendo però di accompagnarla con una stretta ai titoli di Stato in pancia alle banche. Una mina per l’Italia stoppata lo scorso mese dal ministro Gualtieri. Ma una perdita di credibilità con il mezzo veto di Conte sul Mes potrebbe compromettere il lavoro del ministro, con il rischio di perdere la partita con enormi danni per il Paese. E Roma verrebbe isolata negli altri grandi negoziati in corso, a partire da quello sul bilancio 2021-2027 dell’Unione, fondamentale per le future politiche di Bruxelles: senza credibilità sarebbe impossibile dirottare i soldi Ue sulle nostre priorità politiche ed economiche.
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