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di Fiorenza Sarzanini

Nella trattativa tra Italia e Stati Uniti su dazi e 5G entrano anche gli F35. E da Palazzo Chigi arriva l’impegno a rispettare gli accordi presi sull’acquisto dei 90 aerei da guerra, diventati materia di scontro politico soprattutto per la contrarietà del Movimento 5 Stelle. Dopo le pressioni cominciate nei mesi scorsi affinché il nostro Paese paghi i velivoli già consegnati, ma soprattutto sblocchi l’ordine per altri ventisette caccia scaduto il 30 settembre, è stato Giuseppe Conte a rassicurare il Segretario di Stato Mike Pompeo durante l’incontro della scorsa settimana. E durante la cena di giovedì organizzata a Villa Taverna con imprenditori e banchieri sarebbe stata confermata pubblicamente la «soddisfazione» degli americani.

I tre lotti

Per comprendere quanto la vicenda relativa agli F35 sia materia sensibile nei rapporti con gli Usa bisogna tornare al 2012, quando l’Italia decise di ridurre l’ordine dai 131 aerei, previsti nel contratto siglato nel 1998 dal governo Prodi, a 90: trenta nella versione B a decollo corto e atterraggio verticale (15 per la Marina e 15 per l’Aeronautica) e sessanta nella versione A, a decollo e atterraggio convenzionale. Spesa prevista: circa 14 miliardi, anche se l’Italia ha un «ritorno» visto che nello stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, vengono costruite le ali ed effettuato l’assemblaggio degli F35 destinati agli Stati europei. Il M5S è sempre stato contrario al progetto, tanto che nel programma elettorale del 2017 era previsto il blocco degli ordini. Ma una volta arrivati al governo, ministri e sottosegretari grillini si sono resi conto che i contratti non potevano essere disdetti se non pagando penali altissime e così si è deciso di procedere.

«L’Italia verserà i 389 milioni per gli F35, perché non è un Paese che si fa parlare dietro», aveva detto la ministra della Difesa Elisabetta Trenta nel marzo scorso. Poche settimane dopo il dossier è stato consegnato al premier Conte e con il cambio di maggioranza M5S-Pd, si è deciso di procedere. Anche perché bisogna sbloccare l’ordine dei tre nuovi “lotti” scongiurando il rischio di pagare le penali.

Lo scambio

Nel marzo scorso era stato il Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a sottolineare «il carattere di continuità, anche finanziaria, che deve necessariamente caratterizzare i programmi di ammodernamento che si sviluppano su orizzonti temporali particolarmente lunghi». Una linea che Conte evidentemente ha fatto propria. E così la scorsa settimana, durante l’incontro con Pompeo che aveva come tema centrale i dazi e il 5G, sul tavolo della trattativa sono entrati gli F35.

Durante gli incontri bilaterali con il Segretario di Stato — in visita nel nostro Paese mentre la sentenza del Wto confermava la legittimità dei dazi a partire dal prossimo 18 ottobre — è stato chiesto con insistenza di eliminare dalla lista dei prodotti che rischiano di subire una tassazione altissima quelli tipici come il parmigiano o l’olio d’oliva. Pompeo avrebbe fatto presente che anche l’Italia aveva impegni da onorare e il premier ha ribadito la volontà di mantenere l’impegno sugli F35.

Cifre e scadenze

Durante il colloquio non sono stati affrontati i dettagli del programma, ma sarebbe stato spiegato che i numeri e le scadenze rimangono quelli fissati dai contratti. E questo sembra essere stato sufficiente agli Stati Uniti per ritenere chiusa la questione.

Due giorni dopo, durante la cena offerta dall’ambasciatore Lewis Eisenberg per far incontrare Pompeo ai rappresentanti dell’industria e della finanza italiana, ma senza invitare i politici, si sarebbe parlato con soddisfazione proprio del buon esito del colloquio sugli F35. Confermando che poteva essere la giusta contropartita per difendere i cibi italiani e dunque le imprese, come il governo ha promesso di fare.

Sorgente: L’impegno di Conte con Pompeo: sugli F35 saremo fedeli ai patti

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