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Il nome del presidente finisce nel fascicolo sul caso della parlamentare e attivista uccisa lo scorso anno

di DANIELE MASTROGIACOMO

Il nome di Jair Bolsonaro è finito nell’inchiesta sull’omicidio di Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes. E’ la prima volta che la più alta carica del Brasile finisce nelle carte del fascicolo su un caso che ha scosso il Paese. Marielle Franco era una nota parlamentare e attivista dei diritti umani che da anni denunciava la raffica di omicidi nelle favelas da parte delle milizie: veri squadroni della morte formati da ex poliziotti, agenti in servizio e pompieri. Le indagini hanno finora portato in cella l’autore materiale del duplice omicidio, l’uomo che imbracciava la mitraglietta che uccise l’attivista con 13 colpi, e l’autista che guidava l’auto del commando. Sono entrambi ex agenti della Polizia Militare. Il primo si chiama Ronnie Lessa, un sergente poi cacciato dal corpo per una serie di episodi di violenza e corruzione; il secondo Élcio Queiroz, ex agente in pensione.

Secondo quanto ha ricostruito e mandato in onda il Journal Nacional, edizione tg della tv Globo, Élcio Queiroz, alle 17:10 del 14 marzo del 2018, poche ore prima dell’agguato a Marielle e Anderson, si sarebbe recato nel complesso residenziale di Vivedas, a Barra de Tijuca, nella zona ovest di Rio e avrebbe chiesto di contattare la casa di Jair Bolsonaro per una visita. Il portiere ha chiamato l’interno 58 e una persona avrebbe risposto dicendo all’ex poliziotto, che nel frattempo si era fatto passare la cornetta del telefono: “Ciao, sono il tuo Jair”. Queiroz a quel punto sarebbe salito al piano dell’interno 58, avrebbe sostato un po’ nell’appartamento e poi si sarebbe spostato all’interno 66 dove abitava Ronnie Lessa, il suo complice. Entrambi, poco dopo, sarebbero scesi in garage per uscire da una porta sul retro. In strada sarebbero saliti sull’auto di Lessa e si sarebbero alla fine allontanati. Quattro ore dopo, attorno alle 21, scattava l’agguato mortale a Marielle e Anderson nel centro della capitale carioca.

Il portiere è stato interrogato più volte e ha confermato la circostanza. Anzi: l’ha raccontata lui stesso, fornendo i registri del condominio dove aveva appuntato il nome, l’ora e il numero di targa dell’auto dell’ospite che aveva chiesto di Bolsonaro. Le immagini delle telecamere di sorveglianza piazzate all’interno del complesso residenziale hanno registrato i movimenti di Queiroz e di Lessa a conferma della sua testimonianza. Il materiale è stato sequestrato ed è finito nel fascicolo dell’inchiesta. Ma visto che si tratta di un cognome pesante, legato al presidente del Brasile, il caso è stato trasferito al Tribunale Superiore Federale competente per gli aspetti giudiziari che riguardano una alta carica dello Stato. Non si sa chi abbia risposto alla telefonata del portiere che annunciava la visita qualificandosi come “Sono il tuo Jair”. Potrebbe essere chiunque. Comunque legato al clan Bolsonaro. Forse il figlio Flavio, senatore eletto con il più alto numero di voti nella storia politica del Brasile, coinvolto in un’inchiesta su una serie di versamenti sospetti con un parente di Queiroz. Forse qualcun altro.

La cosa ha suscitato clamore. Jair Bolsonaro, all’epoca deputato, risultava essere presente a Brasilia. Lo certificano i registri della Camera che riportano il suo nome tra le persone che erano entrate in Parlamento. Il servizio andato in onda sulla tv Globo ha messo in allarme il presidente impegnato in una visita ufficiale in Arabia Saudita. Ha fatto tre dirette su Facebook denunciando il tentativo di criminalizzarlo. Ha ricordato che quel giorno era alla Camera dove aveva partecipato a due votazioni; ha attaccato la Rede Globo definendo i dirigenti “mascalzoni” e “canaglie”, accuse subito respinte dalla stessa emittente che ha difeso il lavoro del Tg sostenendo che “aveva fatto del buon giornalismo riportando la testimonianza del portiere e trasmettendo le immagini delle telecamere di sorveglianza”.

Bolsonaro è in allarme. Ha chiamato il suo ministro della Giustizia Sergio Moro e gli ha ordinato di far di nuovo interrogare il portiere dalla Polizia federale e di recuperare i video. Poi ha reso noto un dettaglio che a suo dire acquista adesso una luce diversa. Il 9 ottobre scorso era presente a una cerimonia che si svolgeva al Club Nautico di Rio. Appena entrato ha visto il governatore dello Stato, Wilson Witzel, un falco della destra che si è candidato alla presidenza nel 2022. Lo “sceriffo”, come viene chiamato, si è mostrato sorpreso nel vedere Bolsonaro alla cerimonia. Gli ha detto: “Cosa ci fai qui, non dovresti andare al Tribunale Superiore per quella inchiesta?”. E lui, ancora più sorpreso: “Quale inchiesta?”. Wilson, secondo Bolsonaro, avrebbe sorriso: “Ma come, non sai nulla? Il tuo nome è finito nelle indagini su Marielle, sull’attentato che l’ha uccisa”. Il presidente è sbottato: “Ancora questa inchiesta, non ne posso più. Voglio proprio far interrogare di nuovo questo portiere e far sparire il fantasma del mandante che aleggia sulla mia testa. Bisogna finirla con questa Mariella…”. E per due volte ha storpiato il nome della parlamentare assassinata. Ricordando l’episodio si è scagliato contro Witzel: “Fa di tutto per screditarmi e con me screditare le buone cose che sta facendo il mio governo anche all’estero”. Il governatore ha risposto poche ore dopo: “Mi rammarico per la prematura reazione del presidente. Io non interferisco politicamente su nessuna indagine. C’è una testimonianza precisa, ci sono documenti scritti e video. La Polizia federale sta facendo il suo lavoro”.

Sorgente: Brasile, Bolsonaro citato nelle indagini sull’omicidio di Marielle Franco – Repubblica.it

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