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Palombella giallorossa. Certo, non staremo a guardare, come non staranno a guardare immobili le forze sociali, i sindacati dei lavoratori, i cittadini, i movimenti ambientalisti, le donne

La foto di gruppo dei ministri della coalizione di governo M5S-Pd-Leu, per il solo fatto di escludere il ministro dell’odio Salvini, il signor «chiamo le piazze» e «voglio i pieni poteri», che fuori campo sbava e minaccia di «riprendersi l’Italia», è positiva e apprezzabile.

Ma dall’immagine ecco che un enigma si approssima e diventa sempre più evidente, ora che il sipario si è alzato e i posti di governo sono occupati da nomi, biografie e si spera, da volontà alternative o comunque diverse – che brutta parola è la discontinuità – da quelle del governo precedente.

Perché la composizione dei ministri, da una parte, quella dei 5Stelle e dall’altra quella del Pd e anche di Leu, mostra insieme coraggio e novità, ma anche incapacità e vuoti (di contenuti e di memoria).

E una sostanziale verità: le due forze contraenti la coalizione di governo sono entrambe alla disperata ricerca di identità. Fino a sfiorare, e vale appieno per il M5Stelle, la metamorfosi, come dimostrano la scelta della piattaforma Rousseau, l’accorato appello unitario a sinistra di Grillo ai «giovani del Pd», impensabile se riferito alla storia del Movimento, il «sogno» di Conte che deve aver dimenticato l’incubo salviniano.

Per il Partito democratico di Zingaretti non di metamorfosi si tratta, ma di una precaria fotografia delle correnti su cui incombe la camera oscura di Matteo Renzi.

Aggiungeremmo che l’iniziativa di LeU di non smarcarsi in sordina nel sostenere il governo nascente Conte 2, sembra però diventare, con la scelta di Speranza al ministero della Sanità, una sostanziale occupazione di casella.

Meglio sarebbe stato far valere competenze, come sull’ambiente; soprattutto non dimenticando che LeU – per riaggangiarci al ragionamento sull’enigma – è forza (meglio, debolezza) parlamentare di una positiva esperienza politica unitaria della Sinistra che non c’è più, e che comunque non corrisponde più alla realtà.
Insomma, l’agire di questo governo modificherà nel suo dispiegarsi le due formazioni politiche e sarà il banco di prova di questa trasformazione in fieri di tutti i protagonisti, sia nel governo che nelle rispettive collocazioni partitiche. Quel che farà il Conte 2 – e dovrà disfare molto dei misfatti realizzati nella collaborazione perfino rivendicata con il leader razzista-leghista – dipenderà dalla consapevolezza del cambiamento-attraversamento necessari.

Se la barra di questa necessaria migrazione politica stavolta sarà la Costituzione, con la democrazia e la pace. Insieme alla solidarietà come progetto e non elemosina, in Europa e nel Mediterraneo.

Certo, non staremo a guardare, come non staranno a guardare immobili le donne, le forze sociali, i sindacati dei lavoratori, le ong, i cittadini, i movimenti ambientalisti.

L’enigma, il cruciverbone che il nuovo governo rappresenta, siamo chiamati a risolverlo da subito e senza sconti a nessuno, con una rinnovata iniziativa: politica e dell’informazione libera che rappresentiamo.

Sorgente: Una necessaria migrazione politica | il manifesto


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