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“Cosa le è passato per la mente quando ha attraccato?”. “Ho pensato che avevo a bordo un bene prezioso, le persone. E credo che la sicurezza delle persone vada prima di ogni considerazione personale”.

“Vuole rispondere a Salvini?”
“No”.

E c’è già tutto, qui. La misura, la distanza, il franco disinteresse per le questioni davvero infime (mentre per la diffamazione sarà questione da tribunale. Ma non da tribunale mediatico).

Carola Rackete, la capitana, e Matteo Salvini, il “capitano”, non potrebbero essere più diversi. Davvero la notte e il giorno, il mare e il Papeete, il silenzio e lo strepito. La responsabilità e la propaganda. Il fare e il cianciare.

Così assistiamo, negli studi di Piazzapulita, all’intervista che mai, mai diventa scontro e duello (come siamo abituati a vedere ogni giorno): ma a ogni domanda che riconduce a offese miserrime (“Lei è ricca, è comunista, è viziata?”), a ogni tentativo di innescare polemiche, a ogni filmato che rammenta cose imbarazzanti (persone che le urlano sconcezze razziste durante lo sbarco a Lampedusa) Carola Rackete oppone compostezza, serietà, spessore.

Parla del clima, della disuguaglianza: le vere emergenze planetarie, di cui le migrazioni sono uno degli effetti. Eccole, le limpide motivazioni delle sue scelte: guidare una nave di soccorso in un continente che non vuole soccorrere, sostenere le cause dell’ambiente, dei migranti, degli ultimi, ovvero di tutto ciò per cui nessuna lobby agisce, nessuna politica si schiera.

“Ero un ingegnere, vivo dei miei risparmi. E faccio quello che ritengo giusto fare”. Perché l’etica non è un proclama, è un’urgenza. Agire, fare, andare. Prendere una nave e raggiungere i naufraghi. Mentre altri vivono da anni e anni di poltrone e propaganda.

“Cosa le è passato per la mente quando ha attraccato?”.
“Ho pensato che avevo a bordo un bene prezioso, le persone. E credo che la sicurezza delle persone vada prima di ogni considerazione personale. Non avevo paura perché stavo rispettando la legge internazionale”.

Ecco la sicurezza, spiegata bene.

Gli insulti – quelli urlati al molo, quelli gonfiati nei media e sui social – non la toccano: per lei la politica non è una questione personale (pur essendo un impegno personalissimo), e non può scendere dagli ideali al cortile. O al pratone di Pontida.

Ed ecco che subito le cose assumono le corrette proporzioni. Cade la benda, e di colpo persino noi spettatori, avvezzi al colosseo quotidiano, al combattimento senza fine del nostro dibattito pubblico vile e avvelenato, respiriamo aria pulita, allarghiamo finalmente lo sguardo. Come in mare aperto.

Sorgente: Tra Salvini e Carola “c’è di mezzo il mare” (aperto) | L’HuffPost


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