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Lunedì il discorso del premier a Montecitorio. Dalla riforma della Ue alla manovra, le priorità in 20 pagine. E c’è anche una nuova gestione del fenomeno immigrazione, senza abbandonare la linea della fermezza

di Marco Galluzzo

Un nuovo rapporto con l’Europa, non più costellato di contrasti ma virtuoso, capace di incidere sulle riforme, a cominciare dal patto di Stabilità. Una nuova gestione del fenomeno immigrazione, senza abbandonare la linea della fermezza, ma recuperando il lavoro fatto in seno all’Europa, cercando di superare il Trattato di Dublino e riesumare i 6 punti guida per i ricollocamenti. E poi il programma, gli aspetti della manovra di Bilancio di autunno. Stamane, 15 mesi dopo la prima volta, Giuseppe Conte torna a chiedere la fiducia di un Parlamento a geometrie variabili. Assistito dal suo staff ha messo a punto quelle dichiarazioni programmatiche che ogni premier tenta di depurare dalla ritualità perché non sconfinino in un libro dei sogni. Saranno più o meno 20 cartelle, fitte di progetti per il futuro, affinché quello che inizia sia un governo di legislatura: «Io sarò garante di un esecutivo al servizio del Paese, che metta da parte le differenze del passato e riesca a fare per ogni materia una sintesi costruttiva».

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Ancora tre giorni di braccio di ferro (senza Conte)

 

Conte insisterà sulla speranza che si apra una stagione riformista, fatta di crescita e investimenti, imperniata sulla leale collaborazione fra Palazzo Chigi e le due Camere. Ora, a differenza della prima volta, quando si intestò il «governo del cambiamento», Conte può contare sulla fiducia del Pd che gliela aveva negata e dovrà invece difendersi dalla Lega che lo aveva sostenuto. La Meloni, che il 4 giugno dell’anno scorso non era pregiudizialmente contro «l’avvocato del popolo», oggi andrà in piazza a sventolare polemicamente il Tricolore. Giuseppe Di Maio potrà essere tentato dal salutare, a fiducia incassata, la «Quarta Repubblica», visto che nel 2018 aveva applaudito al lancio della «Terza». Graziano Delrio, tra i maieutici della rinascita, ammonisce il premier invitandolo a costruire la cultura di cui a suo avviso il Paese ha bisogno: «Servire, in silenzio».

Una grande distanza rispetto al primo esame delle Camere alla guida del governo gialloverde, quando il dirigente piddino era stato tra gli oppositori più sferzanti: «Non è qui — così Delrio aveva apostrofato Conte — per concederci il privilegio di vederla osservare la Costituzione. Ha il dovere di rispettarla. Il nostro augurio è che non faccia il pupazzo dei partiti». Incassata la fiducia dei due rami del Parlamento, Conte si era rivolto l’anno scorso al Paese sui social: «Da oggi pronti a lavorare per migliorare la qualità della vita degli italiani». E come primo passo lancia in resta con l’Europa, i suoi lacci e lacciuoli, la camicia di forza del 3%, i mercati finanziari. Mercati oggi tanto più benevoli, con lo spread a 151 contro i 240 del 5 giugno 2018. Un viatico significativo, incoraggiante, una apertura di credito utile a far quadrare i conti disastrati dell’Italia. Il primo passo, incassata oggi la fiducia della Camera e domani quella del Senato, sarà quello di ottenere quella porzione di flessibilità necessaria all’Italia per superare il test di una difficilissima manovra di Bilancio.

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Sorgente: Il Conte II alla prova dell’Aula: «Io garante, superiamo le liti»

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