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Il deposito di armi era stato scoperto nei giorni scorsi in Lombardia e faceva capo a un gruppo di militanti di estrema destra

Due «razziere» (pezzi) di lanciarazzi alte due metri sono state scoperte dalla Digos di Torino nello stesso hangar di Rivanazzano (Pavia) che custodiva il missile aria-aria «Matra» sequestrato il 15 luglio scorso. Continua a riservare sorprese il deposito del siluro al centro dell’indagine dell’Antiterrorismo, nata nel luglio del 2018 quando un ex agente del Kgb, a un poliziotto di Torino confidò: «C’è un piano tra i combattenti ucraini per fare un attentato contro Salvini». Una dichiarazione choc che non ha trovato alcun riscontro, in un anno di indagini, ma che ha portato gli inquirenti a scoprire un doppio arsenale di armi (il primo in casa di un ex funzionario dello Snav di Malpensa a Gallarate e il secondo nell’hangar di Rivanazzano), nonché a tre arresti. L’inchiesta su presunti traffici di armi da guerra – che potrebbero essere legati ad ambienti di estrema destra, anche filo-ucraini – continua. La Digos non lascerà l’hangar di Rivanazzano fino a quando non saranno stati aperti tutti gli scatoloni. Un’operazione delicata, quella che ha permesso la scoperta del Matra e delle due «razziere» tipo LR-0 (per razzi SNIA-BPD), componenti usate come parti di armi da guerra anche per aerei in dotazione all’Aeronautica militare italiana.

La rivelazione dell’ex agente del Kbg

Sul perché materiale bellico di questo tipo si trovi in quel deposito, potranno spiegarlo forse i tre arrestati: Alessandro Monti e Fabio Bernardi, soci della Star air service — che detiene l’hangar — e Fabio Del Bergiolo, 60 anni di Gallarate, ex funzionario dello Snav di Malpensa, arrestato perché nella camera da letto della casa in cui viveva con l’anziana madre conservava venti armi da guerra funzionanti e secondo la Digos «pronte all’uso». Del Bergiolo, che nel 2001 si candidò con Forza Nuova, sarebbe stato incaricato della vendita del missile da Monti e Bernardi, fermati a Forlì l’11 luglio scorso vicino all’aeroporto, con 5060 euro in contanti. Proseguono anche le perquisizioni della Digos nelle abitazioni di personaggi che in qualche modo sarebbero venuti in contatto con gli arrestati. E che avrebbero a che fare con ambienti dell’estrema destra. Dopo la rivelazione dell’ex agente del Kbg, la Digos di Torino aveva indagato cinque persone, tutte residenti in Italia, legate a posizioni ideologiche fasciste e naziste, che in un passato più o meno recente avevano combattuto in Ucraina, nella regione del Donbass, con i nazionalisti che si contrappongo ai filo-russi.

Il sospetto sugli ex combattenti italiani

Durante le intercettazioni gli agenti si erano imbattuti nella telefonata di un uomo che proponeva la vendita del «Matra» a un bolognese per conto di Del Bergiolo, che stava cercando di piazzare il missile in cambio di 470mila euro. La trattativa non aveva avuto un esito. Ma perché la spia russa si era rivolta agli inquirenti torinesi? Secondo alcuni inquirenti, c’era il sospetto che un gruppo di ex combattenti italiani – mercenari, ex militari, cecchini – si stesse organizzando per acquistare armi da guerra, forse da utilizzare in una «nuova missione». Si tratta soltanto di un’ipotesi, sulla quale ancora non c’è chiarezza. La «soffiata» venne considerata con particolare attenzione perché nell’estate del 2018 le tensioni tra Russia e Ucraina erano forti. Nel settembre del 2018 si sarebbe scoperto che il volo MH17 della Malaysia Airlines che nel luglio del 2014 esplose in aria (morirono 273 passeggeri e l’equipaggio) nei cieli sopra l’Ucraina era stato annientato da un missile proveniente da una base militare russa. La spia russa che si era rivolta agli inquirenti torinesi sembrava molto bene informata sul teatro di guerra ucraino e sui nomi degli appartenenti alla rete di combattenti italiani. L’uomo aveva sostenuto che in Italia fosse concreta la minaccia che alcuni militanti vicini al Settore Destro ucraino, un tempo collegato al battaglione Azov, potessero trafficare armi. Quando alcuni di questi ex combattenti italiani, nei mesi scorsi, hanno ricevuto su WhatsApp la proposta di vendita del missile (con tanto di foto allegate) di Del Bergiolo, l’indagine ha preso una svolta. Gli ex combattenti hanno subito declinato l’invito. Proprio perché esperti di armi, hanno capito immediatamente che quella sarebbe stata una trattativa pericolosa, a rischio di carcere. «Non sono di estrema destra, sono filo israeliano e pro Nato, e sono soltanto un collezionista», ha detto Del Bergiolo in carcere al suo legale, l’avvocato Fausto Moscatelli. «Mi è stato chiesto di stimare quel missile, è vero, ma secondo me è un simulacro di arma e non un’arma vera, perché non mi è mai stata fornita la documentazione. Inoltre quel missile era senza sistema radar e senza propulsione, non avrebbe funzionato nemmeno se lanciato da un aereo».

Sorgente: Operazione Matra, dopo il missile la Digos di Torino trova due razziere – Corriere.it

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