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Ecco perché davvero i padani hanno votato contro

ROMA. E’ maturata tutta dietro le quinte – in sei ore e con uno scarto improvviso – la più  plateale divaricazione tra i due partiti del governo italiano sullo scenario europeo: i Cinque stelle, da euroscettici che erano, si sono scoperti determinanti nell’elezione della nuova Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, mentre la Lega, ad un passo dal sì, si è ritratta. Con una motivazione che Matteo Salvini ha comunicato in via riservata alla candidata tedesca, ma che ha preferito tenere per sé: senza la garanzia di un voto favorevole del Parlamento europeo al futuro commissario italiano nell’esecutivo Ue, gli europarlamentari leghisti non avrebbero potuto appoggiare la von der Leyen. L’assicurazione non è venuta e Salvini ha chiesto ai suoi di votare no.

Martedì 16 luglio alle 10 del mattino era tutto ancora possibile: la Lega e il M5S erano pronti ad un gesto a suo modo storico: entrare entrambi nella “maggioranza” europeista che al Parlamento europeo si stava preparando a votare per la von der Leyen. Certo, soprattutto la Lega stava misurando la palla, calcolando pro e contro, ma il neo ministro agli Affari europei Lorenzo Fontana aveva ricevuto da Matteo Salvini un mandato a chiudere, sia pure a certe condizioni. Poi la von der Leyen ha fatto il suo discorso al Parlamento, certo rivolgendosi ai partiti che avevano preannunciato di votarla, ma con qualche ambivalenza: lei stessa conosceva i margini ristretti della sua maggioranza. Sul fronte italiano a rompere gli indugi ha provveduto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha bruciato tutti con un tweet di forte apprezzamento per il discorso della candidata Presidente.

Quello di Conte era il preannuncio di un voto favorevole di entrambi i partiti del governo o soltanto dei Cinque stelle? In quell’indicazione a favore della ex ministra della difesa tedesca c’era anche una trama diplomatica, dispiegata in questi mesi. Nel dicembre 2018, il presidente della Commissione ed esponente storico del Ppe, Jean Claude Juncker, durante la trattativa con il governo italiano che avrebbe portato al ridimensionamento della Legge di bilancio, aveva irretito Conte: «Nel prossimo Parlamento europeo trovate pure una collocazione autonoma, diversa da Ppe e Pse, ma se farete parte della maggioranza, ne avrete grandi benefici…». Conte non aveva chiuso, anzi.

Dentro il Ppe, la “linea Juncker” ha fatto proseliti e due settimane fa quando si è trattato di eleggere i vicepresidenti del Parlamento europeo, con grande sorpresa è stato eletto per la prima volta un esponente che non faceva parte di nessun Gruppo: Fabio Massimo Cataldo dei Cinque stelle, votato su indicazione dietro le quinte ai parlamentari Ppe di un personaggio influente come il bavarese Manfred Weber.

Ma la vera sorpresa è arrivata dalla Lega. Subito dopo il discorso di investitura della von der Leyen, Matteo Salvini ha inoltrato, per le vie più brevi, una richiesta esplicita alla candidata tedesca:«Noi la votiamo, se lei è in grado di assicurarci un voto favorevole dell’Europarlamento per l’autorevole candidato del governo italiano: il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti». Una richiesta fisiologica, ma che la von der Leyen non è stata in grado di supportare: «Il Parlamento è sovrano, anche volendo non saremmo in grado di condizionarlo». A quel punto la trattativa si è interrotta e i Cinque stelle si sono trovati la strada spianata.

Sorgente: Niente rassicurazioni su Giorgetti alla Concorrenza, così è arrivato il no della Lega per von der Leyen – La Stampa

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