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Il Movimento non può cedere su quella che è una sua battaglia storica. E i numeri ballerini al Senato fanno temere per la tenuta della maggioranza

di Giovanni Lamberti

“Per anni siamo stati mandati a parlare con i No Tav… E ora? Cosa diciamo? È un suicidio politico”. Alla Camera e al Senato si susseguono gli sfoghi di pentastellati che faticano a digerire l’intenzione del governo di andare avanti sulla Tav. “Tutti noi siamo nati con questa battaglia, tutti noi abbiamo una bandiera No Tav nei nostri uffici”, e’ il ‘refrain’. A metterci la faccia per contestare la linea dell’esecutivo sono stati finora in pochi ma tra i malpancisti si prevede che altri usciranno allo scoperto, con possibili conseguenze non solo nei gruppi parlamentari ma anche per la tenuta del governo.

I fari sono puntati soprattutto al Senato. È a palazzo Madama che i numeri sono ballerini e le resistenze di Airola e di altri potrebbero pesare. Per esempio quando arriverà il voto di fiducia sul dl sicurezza bis. Sul taglio del numero dei parlamentari è stato decisivo l’apporto di Fratelli d’Italia ma su altri provvedimenti – come quello legato alla sicurezza – i distinguo potrebbero crescere.

“Così non reggiamo”

La richiesta sotto traccia è quella della convocazione di un’assemblea, perché anche l”exit strategy’ – ovvero il voto in Parlamento – non è considerata da tutti come una mossa utile. Perfino tra i membri del governo vicini a Di Maio ci sono dubbi. “Va bene, così manifesteremmo la nostra distinzione. Ma poi? Così non reggiamo”, spiega un sottosegretario.

La base già si è espressa e pure l’ala movimentista considera il voto parlamentare come una sorta di presa in giro. Il presidente della Camera Fico non si è pronunciato, così come Di Battista. “Siamo al governo. Non possiamo dire di rivendicare il nostro no, non saremmo credibili”, sottolinea un esponente pentastellato. In pochi in realtà indicano Di Maio come l’unico ‘colpevole’, altri se la prendono direttamente con il presidente del Consiglio. “La verità – dice un altro malpancista – è che ci siamo infilati in un vicolo cieco. Stiamo vivendo un vero e proprio dramma”

Le prime ripercussioni potrebbero esserci in Piemonte, con la sindaca Appendino che ha appoggiato la strada scelta dal vicepremier M5s. Ma ‘parlamentarizzare’ il voto sulla Tav “potrebbe essere un booomerang”, fa osservare anche chi è d’accordo sulla necessità di non opporsi alla Torino-Lione.

“Siamo al governo. Purtroppo dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Bisognerebbe prenderne atto, abbiamo dato un valore eccessivamente simbolico a questo tema”, osserva il pentastellato Carelli che insiste però sulla necessità che M5s dia un segnale di cambiamento. Resta nel Movimento la volontà di proseguire nell’alleanza con la Lega. “Non possiamo permetterci di andare alle urne, ma non possiamo neanche assecondare Salvini in tutto”, osserva anche un altro ‘big’.

Un cammino accidentato

La tregua comunque tra Lega e M5s è siglata. Prevede che si portino avanti i provvedimenti ma alla Camera i lavori dovrebbero finire il 2 agosto mentre il Senato sarà chiamato a pronunciarsi sul dl sicurezza bis e quindi lavorerà qualche giorno in più. In realtà gli scogli non mancano: al momento non è fissato alcun Cdm per domani e, qualora arrivasse la convocazione, non dovrebbe esserci alcun via libera sull’autonomia. E in prospettiva c’è una legge di bilancio da scrivere. Con la nota di aggiornamento al Def che resta un’incognita.

L’Europa potrebbe dare all’Italia una flessibilità dello 0,2% ma in ogni caso occorrerà trovare altri miliardi – al di là di quelli ‘risparmiati’ su reddito di cittadinanza e ‘Quota cento’ – per sterilizzare la clausole di salvaguardia sull’Iva. E sia nella Lega che nel Movimento 5 stelle ci si interroga su come si potrà procedere in questo clima di ‘guerriglia’.

Sorgente: Cosa succederà nel M5s dopo il sì di Conte alla Tav?

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